domenica 27 novembre 2016

Animali notturni




Una standing ovation più che meritata per Tom Ford ed il suo Animali notturni. Dopo il buon successo, soprattutto di critica, di A single man (datato 2009), lo stilista-regista-sceneggiatore texano torna con l'adattamento cinematografico del romanzo Tony & Susan di Austin Wright e sforna un prodotto assolutamente di livello. Animali notturni è un thriller psicologico costruito in maniera impeccabile in tutti i suoi aspetti, pungente, critico e tremendamente veritiero nella rappresentazione dell'amore e della felicità nei suoi aspetti più oscuri e nascosti.
La storia si sviluppa su tre livelli: il primo è quello della protagonista Susan, proprietaria di una galleria d'arte e leggermente infelice della sua vita coniugale; il secondo è la storia del romanzo scritto dall'ex marito di Susan, Edward, che quest'ultimo le invia per avere un suo riscontro; il terzo sono i ricordi del matrimonio tra Susan e Edward che il romanzo di quest'ultimo ha scatenato nella ragazza.
Tre livelli, tutti uniti da un unico comun denominatore: la rappresentazione della fragilità dell'animo umano, della fragilità di alcune scelte e dell'oscurità insita nelle felicità apparenti in cui si cerca di nascondersi per evitare di affrontare la realtà.
Tom Ford descrive il tutto in maniera sublime, rendendo facilmente comprensibile una storia a tratti difficile da rappresentare, collegando al meglio tra loro i passaggi tra i vari livelli della storia, disseminando punti di raccordo tra le tre storie che con un po' di attenzione possono essere facilmente scoperti. In più si avvale di una fotografia monumentale, perfetta nel fondersi al meglio con la storia e dare quel senso di cupezza che ogni thriller psicologico dovrebbe avere.
Ma non solo, perché Tom Ford è aiutato anche dalle grandi interpretazioni di Amy Adams, Jake Gyllenhaal, Michael Shannon e soprattutto di un grande Aaron Taylor-Johnson, tutti perfetti nei propri ruoli.
Come se tutto ciò non bastasse, il finale di Animali notturni è il fiore all'occhiello del cinema di Tom Ford: è il punto più alto della pellicola e contribuisce a renderla ancor più maestosa. 
C'è molto di David Lynch in Tom Ford; e questo è un bene, soprattutto se ciò comporta la riuscita di film di questo genere. 

SCENA CULT: il finale 

FRASE CULT: “Our world is a lot less painful than the real world.” 

VOTO FINALE: 7,5

sabato 26 novembre 2016

Animali fantastici e dove trovarli



Ritorna la magia (è proprio il caso di dirlo) del mondo creato da J. K. Rowling la quale, dopo il successo planetario della saga di Harry Potter, vede anche un'altra sua opera, Gli animali fantastici: dove trovarli, approdare al cinema e dare inizio, almeno nelle parole e nelle intenzioni della stessa Rowling e della Warner Bros, ad una nuova saga cinematografica (si parla già di ulteriori 4 film oltre a questo).
Animali fantastici e dove trovarli, uscito a metà novembre nei cinema internazionali, è ambientato 70 anni prima dell'arrivo di Harry Potter a Hogwarts ed è incentrato sulla figura di Newt Scamander, famoso magizoologo al tempo di Harry e compagnia e autore del libro scolastico Gli animali fantastici: dove trovarli.
Il film si apre con l'arrivo a New York del giovane Scamander, negli Stati Uniti per una breve tappa del suo viaggio che lo sta portando in giro per il mondo per completare il suo libro sugli animali fantastici. Con lui una valigia, in cui sono racchiuse le creature magiche da lui catturate e curate nel corso degli anni. Uno scambio di valigia con un aspirante pasticcere di nome Jacob lo coinvolgerà nel clima cupo che si respira in città a causa di qualcosa di misterioso che sta seminando il caos e mettendo in pericolo la pace tra gli umani e il mondo magico.
Animali fantastici e dove trovarli ha un clima un po' diverso rispetto ai film di Harry Potter: sia rispetto ai primi, probabilmente troppo "scolastici" e adatti più ad un pubblico meno adulto, sia agli ultimi, più cupi e misteriosi. Resta però un buonissimo incipit di una saga che potrebbe segnare i prossimi anni cinematografici. In primis perché anche se ci sono richiami all'epopea potteriana, questo non significa che Animali fantastici e dove trovarli sia precluso a chi non ha mai visto gli 8 film dedicati al mago più famoso di Hogwarts (e del mondo). Anzi, anche i fan più accaniti si ritroveranno a scoprire un nuovo mondo, nuovi personaggi e nuove dinamiche, come detto completamente diverse da ciò che hanno amato per quasi un decennio.
Oltre alla grande abilità della Rowling di tirar fuori dal cilindro sempre delle sceneggiature sontuose, la continuità con il mondo cinematografico di Harry Potter è garantita da David Yates, regista degli ultimi 4 film della saga e ormai a proprio agio nel mondo magico creato dalla scrittrice britannica. E dopo il mezzo flop, almeno dal mio punto di vista, nella direzione di The legend of Tarzan, per Yates è un buonissimo ritorno alla normalità: magari favorito, come detto, dalla sua ormai facilità nel maneggiare con cura anche gli aspetti più cupi e difficili delle storie della Rowling, ma comunque incisivo nel dirigere una pellicola che poteva rivelarsi un boomerang (considerando le aspettative).
Yates bravissimo anche nel dirigere al meglio un cast di attori che sono risultati assolutamente credibili come potenziali nuove "star" dell'universo magico: su tutti Eddie Redmayne (ma con lui ormai gli elogi sono all'ordine del giorno) e soprattutto Dan Fogler, la vera sorpresa di Animali fantastici e dove trovarli.
Beh, se amate l'universo magico della Rowling (o i film fantasy in generale) non c'è motivo di continuare a leggere questa recensione: Animali fantastici e dove trovarli è al cinema, andate a vederlo, sicuramente non vi deluderà.

SCENA CULT: il primo "giro" di Jacob dentro la valigia

FRASE CULT: "We're going to recapture my creatures before they get hurt. They're currently in alien terrain surrounded by millions of the most vicious creatures on the planet: humans."

VOTO FINALE: 7+

venerdì 18 novembre 2016

All the way



Da incorniciare. Il film tv dell'anno è targato HBO. Trasmesso dall'emittente televisiva statunitense lo scorso 21 maggio (e arrivato in Italia per vie, diciamo, traverse), All the way ha fatto breccia sin da subito nei cuori di pubblico e critica. Merito di un insieme di cose che hanno reso il film biografico sull'ex presidente degli Stati Uniti Lyndon B. Johnson un prodotto di altissimo livello, quasi alla stregua di un capolavoro cinematografico.
Partiamo da una trama snella, ma allo stesso tempo accattivante e incisiva: Kennedy è appena stato dichiarato morto dopo l'attentato subito a Dallas e il suo vice, Lyndon B. Johnson, viene eletto presidente. Quello che in realtà sarebbe dovuto essere un presidente "di passeggio", considerando che di lì ad un anno ci sarebbero state le elezioni, diventerà uno dei più incisivi della storia moderna americana e mondiale. Il primo punto che Johnson decise di portare in porto, seguendo le orme di Kennedy, fu quello dell'approvazione di un disegno di legge per i diritti civili. Da un lato Johnson si trova a far fronte ad alcune dinamiche interne al suo partito (quello democratico) che gli consiglia di mettere da parte questo argomento; dall'altra Martin Luther King, fiducioso nei confronti del nuovo presidente, che lo incita ad andare avanti per l'approvazione della legge. All'orizzonte, come detto, le nuove elezioni e la possibilità, per Johnson, di togliersi l'etichetta di "Presidente per caso" e indossare i panni del Presidente eletto dal popolo.
Quasi un "figlio" del Lincoln di Steven Spielberg del 2012, All the way racconta in maniera esaustiva tutte le dinamiche che intercorsero per riuscire a far approvare il disegno di legge che avrebbe garantito alcuni diritti civili agli afro-americani; la regia di Jay Roch è di assoluto livello (ma Roch aveva già dimostrato le sue abilità alle prese con film biografici nella realizzazione del film sulla vita di Dalton Trumbo), rende comprensibili anche dinamiche complesse e sopratutto ha un ritmo molto alto, non perdendo comunque mai di vista il suo risultato finale, cioè quello di raccontare in maniera esaustiva la storia di un uomo complesso, a tratti burbero e al limite del bullismo, ma risoluto nonostante le sue private debolezze.
Ma Roch è bravo a guidare e a farsi guidare da Bryan Cranston, già strepitoso nei panni di Dalton Trumbo ma addirittura eccellente qui, in quelli del presidente Johnson. Ulteriori aggettivi all'interpretazione di Cranston non gli renderebbero giustizia e non riuscirebbero a rendere visibile il grande studio sul personaggio e soprattutto le difficoltà del passare in così breve tempo dall'interpretare due uomini del calibro di Trumbo e Johnson. La nota di merito per la rappresentazione di Lyndon B. Johnson va anche a chi ha curato trucco e costumi di Cranston, perché la somiglianza sullo schermo è incredibile.
Guardatelo assolutamente All the way e, se possibile, in lingua originale: il film merita, la storia merita e lo meritano anche tutti coloro che hanno lavorato a questo piccolo, grande, capolavoro. 

FRASE CULT: "Clausewitz said: 'Politics is war by other means.' Bullshit! Politics is war. Period. You know how you win a campaign...by not losing it. I only lost one election my whole life. The son of a bitch stole it from me in the final seconds with a handful of fake votes. I will carry the pain of that with me to my dying day. But I'll tell you what: nobody will ever do me that way again. It'll be some other way." 

VOTO FINALE: 7,5
 

mercoledì 16 novembre 2016

The Tomorrow People - Stagione 1



Titolo Originale: The Tomorrow People
Regia: Danny Cannon, Guy Norman Bee, Nick Copus, Nathan Hope, Félix Enriquez Alcala, Rob Bailey, Leslie Libman, Eagle Egilsson, Dermott Downs, Michael Schultz, Steven A. Adelson, Jace Alexander, Oz Scott, John Behring, Wendey Stanzler
Attori: Robbie Amell, Peyton List, Luke Mitchell, Aaron Yoo, Madeleine Mantock, Mark Pellegrino, Jeffrey Pierce, Simon Merrells, Sarah Clarke, Alexa PenaVega
Genere: Azione, Drammatico, Fantascienza
Paese: USA
Anno: 2013-2014
Durata: 40 Minuti
Numero Di Episodi: 22
Trama: Tenendo all'oscuro la popolazione mondiale, in gran segreto si sta svolgendo una guerra tra gli esseri umani e lo stadio successivo dell'evoluzione umana, uomini con poteri telecinetici, telepatici e di teletrasporto.
Giudizio finale: "The Tomorrow People" è una serie che inizialmente poteva mostrare un buon potenziale, ma il risultato finale è deludente; infatti lo show è stato chiuso dopo una sola stagione e con un finale che non chiude la storia, ma lascia in sospeso, con lo spettatore che non saprà mai come finirà.The Tomorrow People è sicuramente un'occasione sprecata, in quanto al suo interno aveva degli sviluppi che potevano essere interessanti, ma anche tante banalità e cose scontate, che segnano in negativo la serie.Tolta la parte narrativa, la serie si lascia comunque vedere ed è abbastanza scorrevole nel suo cammino, riuscendo ad intrattenere lo spettatore, sebbene non riesca a far breccia nel cuore di chi la sta vedendo e non verrà ricordata come una serie di grande spessore.Robbie Amell, Peyton List, Luke Mitchell e Mark Pellegrino sono i protagonisti della serie, ma non forniscono interpretazioni indimenticabili, ma si limitano a fare il compitino e niente di più, ma dimostrano un buon affiatamento nel corso dell'intera serie.I quattro protagonisti sono ben supportati dal resto del cast, con cui mostrano un buon feeling, anche se parliamo di interpretazioni nella norma, senza nessuno che risalta particolarmente.
Consigliato: No, serie evitabile.

domenica 13 novembre 2016

La ragazza del treno



Leggermente deludente. Anche se poi io non ho letto il romanzo di Paula Hawkins da cui è tratto il film La ragazza del treno, diretto da Tate Taylor e con Emily Blunt, Haley Bennett e Rebecca Ferguson nel ruolo delle tre protagoniste della vicenda. Resta però la sensazione di un film un po' incompiuto e che non si è riusciti a sfruttare al massimo il potenziale che la storia raccontata dalla Hawkins onestamente poteva offrire.
Al centro della storia ci sono tre donne: Rachel, Megan e Anna. Rachel è la ragazza del treno, ovvero colei che ogni giorno prende il treno per andare a lavorare in città; durante uno dei suoi viaggi passati ad osservare il mondo dal finestrino ed immaginarsi di vivere la vita della sua ex vicina Megan, vede quest'ultima baciare un uomo diverso da suo marito. La sua ricerca di verità darà il via ad un effetto domino che coinvolgerà anche l'ex amante, e ora moglie, del suo ex marito, Anna.
Allora, partiamo da una cosa: La ragazza del treno, a mio modesto parere, delude qualsiasi tipo di pubblico si approcci a vedere la pellicola. Delude gli amanti del crime e del thriller, perché non ha un impulso innovativo e neanche prova lontanamente a scardinare la linearità classica delle trame di genere, nonostante il romanzo di partenza aiuterebbe sotto quest'aspetto. Delude gli amanti del genere drammatico, perché se non fosse per le musiche di Danny Elfman e per la grande intepretazione di Emily Blunt, il film scorrerebbe via senza particolari sussulti. Tate Taylor prova in ogni modo a richiamare le atmosfere di Gone Girl, ma non riesce neanche lontanamente ad avvicinarsi all'ultimo capolavoro targato David Lynch. E la colpa è anche sua, perché anche se la sceneggiatura curata da Erin Cressida Wilson sia tutto fuorché un buon prodotto, Taylor comunque con il suo stile di regia molto scarno, compassato e a tratti "patinato" contribuisce alla poca felice trasposizione di uno dei maggiori Best Seller (sia nel Regno Unito che negli Usa) del 2015.
Come detto, tutti i complimenti li prende Emily Blunt, l'unica vera ragione per gustarsi e continuare la visione di La ragazza del treno: l'interpretazione dell'attrice londinese è da incorniciare, riuscendo a far uscire in maniera dettagliata tutta l'angoscia, tutte le paure, tutte le insicurezze di Rachel.
La ragazza del treno è un film al femminile, che mette al centro tutte le possibili dinamiche che ogni donna potrebbe affrontare nel corso della propria vita. Il perché non sia stata messa al timone di regia una donna è un mistero. Anche perché Taylor non è mai riuscito a dimostrare di avere chissà quale talento in regia: e il fatto che sia stato l'unica nota stonata di un buonissimo film corale al femminile come fu The Help, avrebbe dovuto far suonare qualche campanello d'allarme nel momento in cui si trattò di decidere se affidargli o meno la regia di La ragazza del treno. 

FRASE CULT: "There’s something comforting about the sight of strangers safe at home." 

VOTO FINALE: 5,5

sabato 12 novembre 2016

The Accountant



Lo abbiamo lasciato supereroe in Batman v Superman, nelle nuove vesti di uomo-pipistrello. Lo ritroviamo di nuovo supereroe, ma dei e con i numeri. The Accountant è principalmente Ben Affleck, anche se Anna Kendrick si dimostra ancora una volta molto brava, molto sveglia e molto carismatica a reggere il confronto con il più quotato attore. Ma Ben si dimostra al di sopra di tutti, tanto che le accuse di monoespressività qui risultano un plus nell'interpretazione del suo personaggio. Quel Christian Wolff la cui storia si avvicina molto a quella di Bruce Wayne: ok, il primo è autistico mentre il secondo ha solo perso i suoi genitori, ma entrambi hanno un lato oscuro, quel carattere cupo che li accompagna in ogni momento della loro vita.
Christian Wolff è un mago dei numeri: un ragazzo, e poi uomo, che ha "usato" il proprio autismo per sviluppare al massimo la sua passione per i numeri e per diventare contabile. Ma non un contabile qualunque: sotto falso nome si occupa della contabilità dei più grandi criminali in circolazione. Ed è per questo che a dargli la caccia è il direttore dei crimini finanziari del Dipartimento del Tesoro, convinto che ci sia lui dietro l'uccisione di diversi membri della famiglia criminale Gambino. Nel frattempo Wolff accetta il lavoro della Living Corporation, intenta a scoprire cosa c'è sotto ai buchi di bilancio aziendali: qui incontra Dana, contabile della società e prima ad aver scoperto questi buchi. Il domino che si scatena cambierà la sua esistenza.
Dopo i buoni prodotti Pride and Glory e Warrior, e quello meno buono Jane got a gun, Gavin O'Connor sforna un film niente male, vicino ai primi due citati sopra sia per realizzazione che soprattutto per le atmosfere. The Accountant è un film cupo, a tratti un po' confusionario, lento, ma allo stesso tempo efficace, nonostante la sceneggiatura di Bill Dubuque non sia proprio il massimo, né per come viene trattato l'autismo (il modo molto comprimario) né per quanto riguarda la snellezza della trama (troppo piena). Ne esce comunque fuori un buon film, innalzato dalla bravura di Ben Affleck e dalla perfetta alchimia creata con Anna Kendrick, ormai sempre più lanciata in quel di Hollywood e soprattutto molto affine e intrigante in questo genere di trame e di ambientazioni.
Si poteva fare meglio? Magari si. Però la consapevolezza di aver visto un buon film resta. 

SCENA CULT: la notte di ricerche alla Living Robotics 

VOTO FINALE: 7

venerdì 11 novembre 2016

All'ultimo voto



Siamo abbastanza in tema, anche se All'ultimo voto (Our brand is crisis il titolo originale, remake dell'omonimo documentario del 2005) è stato distribuito ormai più di un anno fa nelle sale cinematografiche statunitensi (in Italia destinato solamente al circuito televisivo). Siamo in tema perché il film diretto da David Gordon Green tratta il tema delle elezioni presidenziali e, anche se la storia è ambientata in Bolivia, è impossibile non trovare riferimenti alle elezioni americane che non più di 3 giorni fa hanno decretato Donald Trump come presidente degli Stati Uniti d'America. In All'ultimo voto il momento delle elezioni è trattato solamente nel finale, ma tutta l'organizzazione della campagna elettorale è al centro della vicenda. E, sebbene il film onestamente non sia da ricordare, le dinamiche e le operazioni di "marketing politico" ricalcano in pieno la realtà e tutta la macchina organizzativa, con i suoi pro ed i suoi contro, che è dietro ogni elezione politica. Un film da vedere anche solo per questo motivo.
Ma veniamo alla storia: come detto All'ultimo voto è ambientato in Bolivia, durante la campagna politica per l'elezione del nuovo presidente. Una squadra organizzatrice americana prende in carica il compito di risollevare le sorti politiche del candidato Pedro Castillo, già presidente poco amato in passato e soprattutto in netto calo nei sondaggi. A capo di questa macchina organizzativa c'è (Calamity) Jane Bodine, in passato grande stratega politica, che vede questa come un'occasione per tornare in auge e soprattutto per prendersi una rivincita con Pat Candy, suo antico rivale e capo della parte strategica del candidato più accreditato a vincere le elezioni.
Come detto All'ultimo voto non convince a pieno, viste le sue molte anime e le sue molte sfaccettature che mal si amalgano tra loro. Ci sono dei bei momenti comici è vero, però non così dirompenti da riuscire a fare breccia nel cuore degli spettatori. E anche l'accusa velata al modus operandi delle campagne elettorali mondiali (in cui vige la regola dell' "è tutto lecito" anche a discapito di famiglie e vite private dei candidati), non si spinge troppo in là, resta incredibilmente in superficie. E onestamente da un film del genere ci si aspettava qualcosa di diverso sotto quest'aspetto.
La nota lieta è Sandra Bullock, sempre più dirompente nelle sue ultime interpretazioni, bravissima nel ruolo di Jane e credibile in ogni singola scena.
All'ultimo voto andrebbe visto, come detto, per capire bene come vengono organizzate e si svolgono le campagne elettorali e come si possa riuscire ad imbrigliare, con ogni mezzo lecito o illecito, il pubblico votante. Perché, come dice la stessa Jane, quotando Emma Goldman, "se votare cambiasse qualcosa, lo renderebbero illegale". 

SCENA CULT: la gara dei pulmini 

FRASE CULT: " That's the world, that's politics. That's how it works. It starts out with big promises and ends up with jackshit happening. But the like the man said: 'If voting changed anything, they'd make it illegal.'" 

VOTO FINALE: 6

mercoledì 9 novembre 2016

Marvel's Luke Cage - Stagione 1










Titolo Originale: Marvel's Luke Cage
Regia: Paul McGuigan, Guillermo Navarro, Vincenzo Natali, Marc Jobst, Sam Miller, Andy Goddard, Magnus Martens, Tom Shankland, Stephen Surjik, George Tillman Jr., Phil Abraham, Clark Johnson
Attori: Mike Colter, Simone Missick, Theo Rossi, Alfre Woodard, Rosario Dawson, Erik LaRay Harvey, Karen Pittman, Mahershala Ali, Frank Whaley
Genere: Azione, Drammatico
Paese: USA
Anno: 2016
Durata: 45-62 Minuti
Numero Di Episodi: 13
Trama: Dopo che un esperimento lo ha dotato di una straordinaria forza e di una pelle impenetrabile, Carl Lucas(Mike Colter), che ora si fa chiamare Luke Cage, si nasconde ad Harlem e cerca di mantenere un basso profilo, ma ben presto dovrà uscire allo scoperto e dovrà fare i conti anche con qualcuno del suo passato.
Giudizio finale: "Marvel's Luke Cage" è la terza serie ambientata nell'universo Marvel prodotta e distribuita da Netflix dopo Marvel's Daredevil e Marvel's Jessica Jones e temporalmente si colloca dopo gli avvenimenti delle serie citate pocanzi.La serie si avvale di una buona storia, capace di appassionare lo spettatore per l'intera stagione, anche se non troviamo un villain di grande spessore.I diversi registi che si avvicendano nel corso delle puntate, riescono a mantenere uno stile piuttosto omogeneo e a dare una buona scorrevolezza ad ogni singola puntata, sebbene non ci sia un ritmo eccelso.Mike Colter se la cava bene nel ruolo da protagonista e risulta credibile, riuscendo a dare una buona caratterizzazione al proprio personaggio nel corso di ogni singola puntata.Mike Colter è ben supportato da Simone Missick, Theo Rossi, Alfre Woodard, Rosario Dawson, Erik LaRay Harvey e Mahershala Ali, con i quali riesce ad avere un buon feeling in ogni singola puntata.Gli attori appena citati fanno un ottimo lavoro anche andando a prendere ogni singolo personaggio interpretato; infatti si rendono artefici di ottime caratterizzazioni, che come detto prima si armonizzano bene tra loro e confluiscono in una buona coralità che contribuisce alla buona riuscita finale della serie.
Consigliato: Sì da vedere.

domenica 6 novembre 2016

Doctor Strange



Un altro protagonista dell'universo Marvel. Dr. (Stephen) Strange apparve per la prima volta nel 1963 in una delle serie antologiche della Marvel Comics. E non poteva che avere lo stesso destino di tutti gli altri suoi "compagni" di fumetti: un film dedicato alla sua figura. Ed ecco Doctor Strange, film che lancia nell'universo Marvel un regista più votato a film horror come Scott Derrickson ed uno degli attori inglesi maggiormente in ascesa in questi ultimi tempi, quel Benedict Cumberbatch premio Oscar nel 2015 per The imitation game e protagonista indiscusso di Sherlock. Ne esce fuori un buon film a livello di regia e interpretazione, meraviglioso per quanto riguarda scenografia, effetti speciali e costumi, un po' meno a livello di trama.
Il nuovo, cinematograficamente parlando, personaggio dell'universo Marvel è Stephen Strange, neurochirurgo dal tocco magico e con un ego smisurato. A causa di un incidente stradale, perde parte della sensibilità delle mani e quindi la possibilità di dare seguito al proprio lavoro. Sull'orlo della disperazione, decide di andare a Katmandu in cerca di una cura misteriosa. Quella che troverà in Nepal è molto più di una cura fisica e le scoperte che farà cambieranno il prosieguo della sua esistenza.
Partiamo dicendo che comunque per Scott Derrickson l'esame è superato. Oltre a Cumberbatch, di cui parleremo in seguito, era proprio il regista di Denver quello maggiormente nel mirino della critica, fosse altro che per le sue passate esperienze da regista prettamente di film horror-thriller, con risultati alterni. E Derrickson risponde presente, dando a Doctor Strange un buon ritmo, innalzando una sceneggiatura non proprio pienamente accattivante e soprattutto integrando alla perfezione la sua regia agli effetti speciali visionari (che strizzano l'occhio ad Inception), alla strepitosa fotografia curata da Ben Davis e all'ambientazione, mantendendo sempre un equilibrio tra realtà, misticismo e atmosfere new age.
Doctor Strange è però anche Benedict Cumberbatch, bravissimo nell'interpretazione del complicato personaggio creato da Steve Dikto: l'attore inglese si dimostra molto abile a rendere credibili tutte le sfaccettature del carattere del neurochirurgo, senza abbassare mai il livello della sua interpretazione. Un Cumberbatch sorretto anche da un cast di altissimo livello e totalmente esplosivo, collante perfetto tra il Dr. Strange e le vicende affrontate da quest'ultimo.
Si, lo so, Doctor Strange è un altro film sui supereroi (in questo caso su un supereroe); infatti ormai le trame, le varie sceneggiature (soprattutto dei primi capitoli delle varie saghe su supereroi solitari) tendono a somigliarsi tra loro. A fare la differenza è come vengono rappresentati questi contenuti: e sotto quest'ultimo aspetto Doctor Strange merita assolutamente. 

SCENA CULT: tutte quelle con il mondo "rovesciato" 

FRASE CULT: "You're a man looking at the world through a keyhole. You've spent your life trying to widen it. Your work saved the lives of thousands. What if I told you that reality is one of many?" 

VOTO FINALE: 7

sabato 5 novembre 2016

In guerra per amore


Pif ha fatto centro di nuovo. Dopo il capolavoro del 2013 La mafia uccide solo d'estate, il buon Pierfrancesco Diliberto torna a raccontare la storia della sua terra, la Sicilia, a modo suo, con quel pizzico di ironia che però ti lascia un sorriso amaro ripensando alle vicende storiche rappresentate. E se nel suo primo film racconta in maniera disinvolta e originale i fatti relativi alla mafia occorsi dagli anni settanta agli anni novanta, nel film In guerra per amore rappresenta allo stesso modo un periodo importante della storia della Sicilia: l'arrivo degli americani durante la seconda guerra mondiale.
E lo fa usando il suo feticcio narrativo, Arturo Giammarresi, giovane palermitano trapiantato a New York, cameriere in un ristorante italiano. Il sogno di sposare la sua conterranea Flora sembra incrinarsi quando quest'ultima viene promessa sposa al figlio del braccio destro di Lucky Luciano. L'unico modo per sopravanzare il rivale e riuscire a sposare Flora è chiedere la mano della ragazza al padre, rimasto in Sicilia. Il problema è che in Sicilia è in corso la seconda guerra mondiale e l'unico modo per Arturo di andare là è arruolarsi nell'esercito americano in partenza per l'Italia.
In guerra per amore non è al livello di La mafia uccide solo d'estate, più che altro perché il primo film di Pif descriveva in modo più spensierato, allegro e surreale alcune vicende non proprio adatte ad una commedia e lo faceva usando quell'umorismo politicamente scorretto che fu il punto di forza di quel film. In guerra per amore è meno continuo sotto quest'ultimo aspetto, ma questo non significa che il prodotto che ne scaturisca non sia incisivo o non soddisfi il pubblico.
Il tutto è condito da una particolare attenzione ai particolari e alla rappresentazione scenica degli ambienti e dei paesaggi siciliani degli anni quaranta, con l'inserimento sì di alcuni stereotipi, ma sempre ben amalgamati nel clima ironico della pellicola e mai fuori contesto.
In guerra per amore è un buon prodotto, indice di un tentativo di crescita da parte di Pif: come regista, come sceneggiatore e come attore. E a proposito di attori, da sottolineare la prova di tutti i caratteristi siciliani che riempiono con la loro passione e la loro professionalità (e la loro bravura) il film di Pif: la loro originalità, la loro freschezza, la loro genuinità, innalzano notevolmente il livello della pellicola.
Le risate ci sono, così come le denunce velate e indignate verso alcune situazioni che in passato hanno portato la Sicilia quasi al collasso. Ma In guerra per amore nasconde anche tutto l'amore che Pierfrancesco Diliberto ha nei confronti della sua terra.

SCENA CULT: l'arrivo con l'asino

VOTO FINALE: 7

giovedì 3 novembre 2016

Pay the ghost


Bisogna premettere che in tempi di magra si accettano un po' tutte le sceneggiature che passano sotto mano. E i tempi di magra di Nicolas Cage derivano dai suoi problemi privati e legali che lo vedono suo malgrado protagonista e per cui è costretto a sborsare svariati milioni. Ma onestamente della vita privata del nipote di Francis Ford Coppola mi interessa poco. Anche perché qui si parla di film e non di fatti di cronaca. E quindi parliamo di Pay the ghost, uscito nel settembre del 2015 negli Stati Uniti e solamente da una decina di giorni qui in Italia, quasi in concomitanza con la festa di Halloween, tema principale del film diretto da Uli Edel che dopo il capolavoro datato 1981 I ragazzi dello zoo di Berlino non è più riuscito ad esprimersi ad alti livelli (unico vero successo è stato La banda Baader Meinhof). Ed anche qui il regista tedesco non riesce ad elevare Pay the ghost alla sua massima potenza, limitandosi a raccontare in maniera approssimativa e a tratti disinteressata una storia che avrebbe meritato un miglior svolgimento.
Pay the ghost vede protagonisti Mike e Kristen, il cui figlio scompare nel nulla la notte di Halloween. Un anno dopo Mike, che nel frattempo non aveva mollato nelle ricerche del piccolo Charlie, scopre che la scomparsa del figlio è legata a strane sparizioni avvenute ogni anno la notte di Halloween.
Pay the ghost è stato gestito completamente in maniera approssimativa: dalla regia stantia e ripetitiva di Edel, alla sceneggiatura poco innovativa (in tema di horror o thriller) di Dan Kay, da un montaggio completamente sballato (scusatemi il termine ma è l'unico modo per far capire la pochezza del montaggio), ad un Nicolas Cage a intermittenza (a volte convincente, soprattutto in coppia con Sarah Wayne Callies, altre volte completamente spaesato). Poteva uscirne fuori un buon thriller (perché Pay the ghost è difficilmente catalogabile come horror) ma alcune scelte totalmente fuori contesto lo rendono un film difficilmente sufficiente. Il film è "vedibile" e i 94 minuti di durata aiutano sotto questo aspetto; però sono chiari e limpidi anche tutti i difetti sopra elencati. E questa è la punta dell'iceberg che affonda Pay the ghost. 

SCENA CULT: l'apparizione dei bambini in casa di Mike e Kristen 

FRASE CULT:  "Dad, are you going to pay the ghost?" 

VOTO FINALE: 5,5

martedì 1 novembre 2016

Sausage party - Vita segreta di una salsiccia



Grande premessa: Sausage party non è un film d'animazione per bambini. E aggiungerei un "finalmente". Perché di film d'animazione per bambini ce ne sono parecchi ma di film d'animazione dedicati solamente ad un pubblico adulto, il mercato cinematografico scarseggia. E Sausage party - Vita segreta di una salsiccia è una trovata a tratti geniale, esilarante e assolutamente bizzarra firmata Seth Rogen e Evan Goldberg.
Il film è interamente girato in CGI ed è ambientato all'interno di un supermercato dove ogni genere di cibo e di prodotti aspetta in maniera spasmodica l'arrivo degli umani per poter essere così portati nel "Grande Oltre", luogo paradisiaco dove poter passare la propria esistenza. Anche il salsicciotto Frank e la panina Brenda non vedono l'ora di essere acquistati, insieme, dagli umani per poter finalmente godersi il loro amore. Ma scopriranno che la realtà è diversa dalla leggenda del "Grande Oltre".
Irriverente, sfrenato, sboccato e volgare al punto giusto: sotto quest'aspetto Sausage party si dimostra altamente esplosivo, andando a toccare senza problemi e senza scomporsi temi a volte scottanti e soprattutto mai nemmeno sfiorati da film d'animazione del passato. Il tutto condito da quell'ironia e quel sorriso che solo la crew formata da Rogen, Goldberg, Franco, Hill e company riesce a fare in epoca contemporanea.
Come detto il film si dimostra altamente esplosivo però non riesce a convincere a pieno perché a fronte di trovate tremendamente geniali, e lo sottolineo ancora, la trama a tratti si fa ripetitiva e non sempre convince. Dispiace perché in fin dei conti bastavano un paio di scene più accattivanti per rendere Sausage party un capolavoro.
Il cast, o per lo meno i doppiatori dei vari personaggi nella versione in lingua originale, dimostra di essere altezza. E aggiungerei "come sempre": Seth Rogen, Jonah Hill, Michael Cera, James Franco, Kristen Wiig, Salma Hayek, per citarne solo alcuni, sono ormai delle certezze, ancor di più in film corali.
Sausage party non è sicuramente ai livelli di Facciamola finitaThe Interview, due dei migliori prodotti firmati da questo gruppo di attori e sceneggiatori, ma comunque resta una bella trovata e un modo divertente di passare un paio d'ore.

SCENA CULT: la chewing gum

FRASE CULT: "Stay away from my sausage, you skank!"

VOTO FINALE: 6,5