sabato 27 maggio 2017

Alien: Covenant



Onestamente non sono stato un grande fan di Prometheus: una sceneggiatura troppo confusionaria e a tratti un po' sciatta rovinava l'ottima regia ed il tentativo ambizioso di Ridley Scott di far rivivere una saga, quella di Alien, che fa sempre molta presa sul pubblico. Non penso neanche che Alien: Covenant, sequel proprio di Prometheus e prequel proprio di Alien, sia lontanamente paragonabile al film del 1979 che diede inizio alla saga. Anche se comunque sia ha quasi da subito la sensazione di essere tornati, in un certo senso, "a casa", di essere realmente tornati nel mondo di Alien. Se Prometheus si issava ad un livello un po' più intermedio tra il "buio" e la "luce", Alien: Covenant riprende in maniera più decisa atmosfere, musiche e soprattutto l'intensità del film uscito quasi quarant'anni fa. Alien: Covenant è un film cupo...ma è giusto così. Non è per questo che comunque non riesce a convincere. Non convince perché resta un ibrido, a tratti si ha la sensazione che sia stato fatto un lavoro inutile, che tutto ciò che si poteva dire si è già detto e ci si arrampichi, onestamente, sugli specchi per cercare non solo di "allungare il brodo", ma anche di far quadrare comunque la storia. Restando in tema, a me è piaciuto di più Life.
Alien: Covenant è ambientato nel 2104, quindi 11 anni dopo le vicende di Prometheus e 18 anni prima delle vicende raccontate da Alien. L'astronave Covenant è in viaggio verso il pianeta Origae-6, carica di embrioni e di esseri umani in stato di ipersonno che dovranno colonizzare questo nuovo pianeta dalle caratteristiche simili alla Terra. A causa di un brillamento stellare, l'androide Walter è costretto a risvegliare i membri dell'equipaggio per fronteggiare le perdite e i danni che questa tempesta di neutrini ha causato. Mentre l'equipaggio sta lavorando alla riparazione dell'astronave, viene intercettato un messaggio radio proveniente da un piccolo pianeta nelle vicinanze. Il capitano Chris Oram decide allora di raggiungere il pianeta ed indagare sulla sua provenienza.
Ci risiamo, siamo di fronte nuovamente ad un'odissea spaziale simile a quanto visto ultimamente in Passengers, con scopiazzature varie di film di fantascienza e con pochi spunti di riflessione. L'argomento, come detto, è già stato ampiamente sfruttato e "asciugato", al momento non sembra esserci tantissimo da dire. È vero, le scene con l'alieno sono fighe, niente da dire. Riportano con la mente indietro nel tempo e per i fan della saga originale, ma soprattutto del primo film, sono una manna dal cielo. Ma c'è solo questo, oltre alle atmosfere decisamente cupe, come già detto.
Siamo proprio sicuri di voler continuare con questi prequel di Alien?

DIALOGO CULT:
Daniels: "You hear that?"
Oram: "What?"
Daniels: "Nothing. No birds, no animals. Nothing."

VOTO FINALE: 5,5

sabato 20 maggio 2017

Scappa - Get Out



Satirico, un po' politicamente scorretto, intrigante e soprattutto carico di suspance. Scappa - Get Out ha avuto, oltreoceano, un successo abbagliante e inaspettato che l'ha fatto arrivare qui in Italia quasi in pompa magna. In realtà il film diretto da Jordan Peele è un buonissimo film che tiene con il fiato sospeso lo spettatore e lo diverte con il suo humor nero quanto mai efficace, però può rischiare di creare troppe aspettative. Ribadisco la peculiarità e la buona riuscita nel complesso, ma lo classifico un gradino sotto rispetto ad un altro film horror rivelazione dello scorso anno, It Follows.
Siccome vorrei evitare spoiler, che in un film come Scappa - Get Out sarebbero deleteri, mi limito a raccontare veramente in breve la trama: Chris è un ragazzo nero, Rose una ragazza bianca; fidanzati da quasi un anno, decidono di passare il weekend dai genitori di Rose, i quali non hanno ancora conosciuto Chris e sono ignari del colore della pelle del ragazzo. Rose è convinta che ciò non sia un problema. Il weekend però prende una piega inaspettata.
Ho scritto quel poco che basta per farvi capire che Scappa - Get Out tratta il tema del razzismo, ma lo fa in maniera graffiante, divertendo (e a tratti anche divertendosi) e allo stesso tempo inquietando. Penso sia stato un gran bel lavoro quello di Jordan Peele, regista e sceneggiatore newyorkese all'esordio dietro la macchina da presa. Peele in realtà opera una critica velata alla società americana, ancora pervasa dal razzismo (solo quella americana?), soprattutto verso gli afro-americani; ma lo fa usando nella maniera migliore uno humor tagliente mixato ottimamente ad elementi di suspance che divertono lo spettatore ma lo tengono sempre sulla corda. Scappa - Get Out è un horror/thriller-satirico che compie a pieno il suo dovere, anche grazie all'ottima prova del protagonista Daniel Kaluuya, sempre sul pezzo e credibile in ogni scena.
Ultimamente di film come Scappa - Get Out che partono in sordina e poi si rivelano degli ottimi prodotti ne stanno uscendo parecchi. Spero il trend possa continuare, perché oltre al film di Peele, anche il sovracitato It Follows si era rivelato un gran bel film nonostante fosse stato distribuito, inizialmente, "sottotraccia". 

VOTO FINALE: 7

domenica 14 maggio 2017

King Arthur - Il potere della spada




Se si decide di andare al cinema a vedere un film diretto e sceneggiato da Guy Ritchie non si può poi rimanere sorpresi del risultato. King Arthur - Il potere della spada non è né più né meno di un classico film diretto dal regista britannico. Tutte le caratteristiche principali delle pellicole firmate Guy Ritchie si ritrovano anche in King Arthur e, a mio modesto parere, quello che esce fuori è un film godibile, adrenalinico, vivace e divertente. Una rivisitazione ben fatta della storia di Re Artù. Che poi, in realtà, considerando che nelle idee della Warner Bros questo dovrebbe essere il primo di una serie di 6 film dedicati alle gesta del più famoso re inglese della storia/leggenda, si tratta della prima volta (ad eccezione del lontano Excalibur, datato 1981) che un blockbuster tratta l'ascesa al trono di Artù. Perché il King Arthur di Fuqua del 2004 con Clive Owen e Keira Knightley, oltre ad essere un film al limite della decenza, raccontava una storia un bel po' diversa da quella impressa nelle leggende popolari e soprattutto riportata nell'opera La morte di Artù di Thomas Malory.
Il film firmato Guy Ritchie parte da lontano, da quando, dopo aver sconfitto Mordred e salvato Camelot, il re Uther Pendragon viene assassinato dal fratello Voltigern, che si impadronisce del trono. Uther però è riuscito a mettere in salvo suo figlio Arthur che a Londinum viene cresciuto in un bordello e tempra il proprio carattere tra le vie del paese inglese. Ma il potere di Excalibur reclama il legittimo erede al trono, personaggio diventato leggenda e speranza per la popolazione ormai stufa dei soprusi di re Voltigern. Voltigern che, spaventato da questo potere e dalla persona che potrebbe delegittimarlo, obbliga tutti gli uomini del suo regno a tentare di estrarre la spada dalla roccia, in modo da poter catturare il figlio di Uther e giustiziarlo. La vità di Arthur cambierà radicalmente nel momento in cui estrarrà la spada dalla roccia.
A me è piaciuto King Arthur - Il potere della spada. Perché ovviamente ci sono tutti gli elementi del cinema di Guy Ritchie, mixati bene con la storia di Artù. Quindi do un consiglio: se non siete fan di Guy Ritchie e non vi piace il suo modo di fare cinema allora non guardate King Arthur, sono abbastanza sicuro che non vi piacerà. Se la Warner, ma soprattutto il box-office, confermerà la stesura e la realizzazione di altri 5 film allora ne vedremo delle belle, soprattutto se il progetto resterà nelle mani di Guy Ritchie. E a quel punto, le piccole mancanze di sceneggiatura (soprattutto di alcuni personaggi chiave nella storia di Artù) potranno tranquillamente venire colmate nel prosieguo del franchise.
Chiudo con un elogio alla scelta del cast: a partire da Charlie Hunnam, perfetto nel ruolo di Arthur, tutto il cast si è dimostrato all'altezza della pellicola e penso gli attori si siano anche divertiti ad essere diretti da Ritchie. 

SCENA CULT: l'estrazione della spada 

FRASE CULT: "I'm not getting drawn into this mess! There's an army of you, there's only one of me! I'll talk, I'm happy to talk. But there is no way that I am fighting." 

VOTO FINALE: 7

sabato 13 maggio 2017

Guardiani della Galassia Vol.2



FI-GA-TA. Pazzesca, aggiungerei. I Guardiani si confermano come prodotto di punta, al momento, dell'universo Marvel. Dopo lo strabiliante primo film di tre anni fa, c'erano tantissime aspettative e tantissimi desideri di conferma sul secondo capitolo. E Guardiani della Galassia Vol.2 è un film strepitoso, a mio parere il miglior film del 2017 sui supereroi. Anche se siamo a maggio. Anche se nei prossimi 5-6 mesi ne dovranno uscire altri (tra cui Spider Man: Homecoming su cui c'è grande attesa, anche del sottoscritto). Però la qualità, la freschezza, l'irriverenza e l'amalgama di questo secondo capitolo firmato nuovamente da James Gunn è quanto di meglio e di bello possano offrire i cine-comics. Il merito va diviso equamente tra tutti: James Gunn per la regia e la sceneggiatura, il cast strabiliante, gli effetti speciali di Chris Townsend e, ancora una volta, la musica curata da Tyler Bates. Perché i Guardiani sono tornati e con loro un nuovo "Awesome Mix", la musica sparata a tutto volume da Peter Quill/Star-Lord.
Star-Lord che conoscerà finalmente il padre Ego e molti segreti sulla sua natura semi-umana. Lo seguirà nel suo pianeta di origine insieme a Gamora e a Drax, mentre Rocket e il "piccolo" Groot se la devono vedere con Yondu e i suoi Ravagers. Il tutto mentre sono inseguiti dal popolo dei Sovereign ai quali Rocket ha pensato bene di rubare delle preziose batterie. Riusciranno i Guardiani a salvare nuovamente la Galassia?
Penso di aver detto tutto nell'incipit iniziale: Guardiani della Galassia Vol.2 è un film pazzesco. Che compie una mezza impresa: riuscire ad essere all'altezza del primo capitolo. Di questi tempi, e anche nella storia del cinema, non è facile. Ma James Gunn si dimostra nuovamente un regista con i fiocchi e onestamente penso che finché ci sarà lui al timone di questo progetto, di questo franchise, sarà difficile vedere delle crepe nella sceneggiatura, nella regia e nelle interazioni tra i personaggi. Perché attenzione, Guardiani della Galassia Vol.2 ha aperto le porte a molte storie che potrebbero essere raccontate e potrebbero aiutare ancor di più a portare avanti questa saga (ricordatevi di guardare le scene durante e dopo i titoli di coda). E personalmente non vedo l'ora! 

SCENA CULT: i tentativi di Groot di liberare Rocket e Yondu 

DIALOGO CULT:
Drax: "Pensavo che Yondu fosse tuo padre."
Star-Lord: "Cosa?!? Mi conosci da una vita e pensavi che io e Yondu fossimo parenti di sangue?"
Drax: "Siete due gocce d'acqua."
Rocket: "Ma se uno è blu!!!" 

VOTO FINALE: 8

lunedì 8 maggio 2017

Gold - La grande truffa



Nel 2008 uscì un film con Matthew McConaughey intitolato Tutti pazzi per l'oro (Fool's Gold il titolo originale): un filmetto da lasciare nel dimenticatoio e che forse segnava il punto più basso della carriera dell'attore originario del Texas. Perché dai, quel film era clamorosamente brutto. Ma da lì McConaughey non ha quasi sbagliato più un colpo, anche e soprattutto a livello interpretativo. E Gold - La grande truffa conferma ancora una volta la bravura di quest'attore, strepitoso nella caratterizzazione dei personaggi da lui interpretati e sempre bravo a mettersi al servizio del regista di turno e della storia rappresentata. E Gold brilla soprattutto della sua luce, perché per il resto è un film un po' scarsino. Chiariamoci, la storia, gli intrecci, i dialoghi, sono paradossali, fantastici e sorprendenti, considerando che si sta raccontando una storia realmente accaduta (anche se i nomi dei protagonisti sono stati cambiati), però svolgimento e montaggio finale non danno la giusta carica e versatilità al film. Forse proprio perché troppo incentrato sulla figura di Kenny Wells.
Nome, come detto, inventato; ma la storia è tutta vera: parla dello scandalo minerario Bre-X del 1993, quando venne fatto credere che fosse stato trovato nelle giungle dell'Indonesia un giacimento d'oro. Gold racconta di come l'imprenditore ormai in decadenza Kenny Wells decide di finanziare l'impresa del geologo Michael Acosta, convinto ci sia un giacimento d'oro nella giungla indonesiana. E l'oro sembra esserci. Kenny Wells diventa il più grande ricercatore d'oro del mondo. Ma poi iniziano alcuni problemi.
Dal 2009 la sceneggiatura di Gold era inserita nella Black List di Hollywood delle migliori sceneggiature non ancora prodotte. La storia, ripeto, era, ed è tutt'ora, molto accattivante e assolutamente imprevedibile. Purtroppo però Stephen Gaghan, la cui ultima regia era datata 2005 (Syriana, ndr), non riesce a tirar fuori un film entusiasmante, mettendosi troppo a servizio della sua superstar. Che poi, in realtà, lo ripaga con una prestazione sopra la norma, però Gold ruota troppo intorno all'interpretazione di Matthew McConaughey. Anzi, sembra proprio che Gaghan si aggrappi a McConaughey per riuscire a sopperire ad alcune sue pecche di regia. Ed è un peccato.
Gold comunque non è un film insufficiente, proprio grazie alla sceneggiatura e alle capacità attoriali del suo attore protagonista. Ma poteva essere un capolavoro. Non lo è. 

SCENA CULT: le contrattazioni di Kenny 

FRASE CULT: "The guy who invented the hamburger was smart. But the guy who invented the cheeseburger...GENIUS!" 

VOTO FINALE: 6,5

martedì 25 aprile 2017

Fast & Furious 8




Onestamente una leggera crisi c'è. Perché l'assenza di Paul Walker/Brian O'Conner si fa sentire e in molti aspetti manca una figura come la sua. E poi ci sono delle scelte un po' forzate e alcune parti in cui neanche gli attori sembrano crederci troppo. Penso che Fast & Furious 8 (The Fate of the Furious il titolo originale) sia il punto più basso toccato dalla "ricostruzione" del franchise, cioè da quando Vin Diesel tornò prepotentemente in Fast & Furious 4. Logicamente Fast & Furious 7 è stata una sorta di chiusura del cerchio, con il saluto al compianto Paul Walker e con Fast & Furious 8 sarebbe dovuta iniziare una nuova era del franchise. E il futuro, dopo questo episodio 8, non è del tutto chiaro. Onestamente bisogna aggiustare un po' la rotta, perché Fast & Furious 8 prende un voto in più solo ed esclusivamente per alcune trovate sceniche geniali ma non si può vivere solo di questo. Il resto è molto piatto. E da un fan di questo franchise, onestamente dispiace un po'.
Fast & Furious 8 è ambientato durante la luna di miele di Dom e Letty. Un giorno, una donna misteriosa avvicina Dom e facendogli vedere un video dal suo cellulare lo ricatta dicendogli di lavorare per lei e per la sua cellula terroristica. Questo significa, per Dom, andare contro la sua famiglia.
Lo so, non è facile dover riscrivere tutta una storia e dover mandare avanti un "baraccone" da miliardi di dollari evitando di sfornare flop colossali. Fast & Furious 8 non è un flop, ci mancherebbe. Però manca qualcosa, non scatta la scintilla per far innamorare completamente il pubblico. La colpa è assolutamente della sceneggiatura: piatta, sciatta, molto fredda, a tratti forzata e senza anima. E quest'ultimo punto, come detto in precedenza, anche da parte di alcuni degli attori principali, che sembrano crederci poco e non riescono ad elevare le proprie interazioni come fatto in passato. Colpa anche dei dissidi interni tra Vin Diesel e The Rock (Dwayne Johnson)? Probabilmente si.
Per il bene del franchise si spera che tutto possa rientrare e si possa migliorare, ma soprattutto raddrizzare, la rotta. Perché comunque a livello scenico-registico, Fast & Furious 8 non delude: merito della bravura di F. Gary Gray, già regista del buon Straight Outta Compton, bravo nella direzione delle scene più adrenaliniche del film.
Consiglio allo sceneggiatore Chris Morgan: alziamo un po' più il livello ed evitiamo forzature inconcepibili (tipo arcinemici che diventano di colpo amici). Ne gioverebbero tutti. Fast & Furious deve andare avanti, è un obbligo verso gli spettatori e soprattutto i fan.

SCENA CULT: il salvataggio del "pacco" (evito spoiler) da parte di Deckard Shaw

DIALOGO CULT:
Roman: "I'm in love."
Eric: "Again, no, no! That's a million dollar show car. The point is to not draw attention."
Roman: "That's reverse psychology. Dom will never see it coming."
Eric: "It's neon orange. The International Space Station will see it coming."

VOTO FINALE: 6,5

sabato 22 aprile 2017

Power Rangers

Dire: "Sono stato al cinema a vedere i Power Rangers", un sorriso lo può strappare, è vero. Però in fin dei conti ne è valsa la pena. Perché Power Rangers risulta essere un buon film, una base di partenza importante per un futuro franchise e per possibili sequel che, se mantengono le premesse di questo film e ne migliorano i piccoli difetti, possano far diventare la serie tv cult degli anni '90 un fenomeno cinematografico planetario. E se poi confrontiamo Power Rangers con I Fantastici 4 (uscito un anno e mezzo fa), con cui ha molti punti di contatto, beh, il confronto è assolutamente stravinto dal film diretto da Dean Israelite e uscito in Italia lo scorso 6 aprile.
Siamo ad Angel Grove dove cinque ragazzi del liceo locale, dopo essersi trovati a frequentare un corso punitivo a scuola, si ritrovano casualmente tutti e cinque nella cava della città. Billy, uno dei cinque, facendo esplodere un pezzo di cava, porta alla luce le cinque Monete del Potere. Ognuno di loro ne prende una e dai giorni successivi si accorgono che la loro forza è incredibilmente mutata. Tornati sul luogo dell'esplosione, trovano una navicella e un robot alieno li guida all'interno di essa fino ad un "muro parlante". Quest'ultimo, il cui nome è Zordon, spiega loro che sono diventati i nuovi Power Rangers e che dovranno allenarsi per difendere il pianeta da attacchi alieni. Ed il primo di loro si è appena risvegliato da un lungo sonno. Per i cinque ragazzi è l'inizio di una nuova faticosa e avvincente avventura.
Promosso. Se c'è una parola per identificare Power Rangers questa è proprio la parola "promosso". Perché a dispetto di ciò che si potrebbe pensare prima di vedere il film di Dean Israelite, questa prima vera trasposizione cinematografica della serie televisiva cult degli anni '90 risulta un buonissimo e convincente prodotto. Supera assolutamente le aspettative e, passatemi il termine, l'americanizzazione della storia la rende addirittura migliore. Power Rangers diventa a tutti gli effetti un film di supereroi. Con qualche punto di contatto con il franchise di Transformers, che dà un pizzico di sostanza in più alla trama. Molto bravo il regista Israelite, già al timone dell'ottimo (e sottovalutato) Project Almanac, da cui Power Rangers ne eredita il ritmo e le modalità con cui viene rappresentato il mondo adolescenziale e soprattutto le dinamiche tra i vari ragazzi. L'unica pecca, sia di sceneggiatura che di regia, la si trova nell'ultima parte, nella battaglia finale: forse qui si poteva "strafare" un po' di più e rendere più spettacolare (e più vicina all'immaginario giapponese della serie) lo scontro decisivo.
Una differenza sostanziale, infine, tra Power Rangers e il sopracitato I Fantastici 4 la fa il cast: perché l'idea e la scelta di affidare il ruolo dei cinque "supereroi" a dei ragazzi quasi sconosciuti o comunque alla prima vera esperienza da protagonisti in un blockbuster cinematografico ha pagato (a differenza del cast stellare ma deludente del film tratto dai fumetti della Marvel). Certo poi ci sono due pezzi da novanta come Bryan Cranston ed Elizabeth Banks, con quest'ultima strepitosa nel ruolo della villain, ma entrambi sono più di contorno e di raccordo.
Se potete, andate al cinema a vedere Power Rangers, non ne resterete delusi...ah, però non aspettatevi le tutine colorate: quelle erano molto anni '90, siamo nel 2017 e le armature, onestamente, sono molto più fighe. 

SCENA CULT: l'arrivo nella grotta 

DIALOGO CULT:
Zordon: "The answer to what is happening to you is here. You five are the Power Rangers."
Zack Taylor: "Did I just hear you say we're Power Rangers?" 

VOTO FINALE: 7-

venerdì 21 aprile 2017

Boston - Caccia all'uomo

Lo so e lo ammetto tranquillamente: sono di parte quando si tratta di dover giudicare un film diretto da Peter Berg. L'ho già detto, ma non mi stanco mai di ripeterlo, che ritengo Peter Berg il mio regista preferito di questa generazione. E Boston - Caccia all'uomo (titolo originale, molto più adatto al pubblico americano, Patriots Day) conferma ancora una volta la sua bravura e soprattutto la sua capacità sopraffina di riuscire a dirigere in modo ottimale film di questo genere. I suoi eroi americani sono descritti senza strafare e dando la giusta umanità ai personaggi. E l'equilibrio (e l'umanità) con cui Berg si approccia anche a fatti di cronaca, come questo di Boston - Caccia all'uomo, è un pregio evidentissimo e da sottolineare.
Perché il titolo originale è Patriots Day? Perché il Patriots' Day è una festività del Massachusetts, del Maine e del Wisconsin, che si celebra il terzo lunedì di aprile. E come ogni Patriots' Day che si rispetti, a Boston si corre la maratona. E proprio durante la maratona di Boston del 15 aprile 2013 esplodono due bombe vicino al traguardo, causando 3 morti ma tantissimi feriti.
Boston - Caccia all'uomo è esattamente il racconto di quella giornata e delle giornate seguenti, di come tutta la città di Boston, colpita al cuore, si sia unita nelle indagini per cercare di catturare i due terroristi che avevano piazzato le due bombe.
Io reputo Patriots Day un gran bel film, pensato, realizzato e girato in maniera ottimale, emozionante e avvincente, elettrico, dinamico ed energico. Questo è comunque merito dello stile di regia di Peter Berg, che predilige proprio il binomio e l'equilibrio tra spettacolarità e emozionalità.
Agevolato sicuramente da un cast stellare, che vede Mark Wahlberg (ormai un abitué dei film di Berg, dopo l'ultimo Deepwater - Inferno sull'oceano) punta di diamante (e protagonista) di un gruppo di attori formato, tra gli altri, da Kevin Bacon, Michelle Monaghan, John Goodman e J. K. Simmons. Ma comunque è sempre il regista newyorkese a saperli gestire, dosare e farli uscire in maniera ottimale.
Boston - Caccia all'uomo è un bellissimo ed emozionante ritratto della città di Boston, una dedica a tutti i cittadini che quel 15 aprile e nei giorni a seguire si sono stretti attorno alle proprie ferite e hanno reagito unendosi nelle ricerche di chi li aveva colpiti al cuore.
Per me è un film da vedere, ma se siete arrivati fino a qui penso l'abbiate capito. 

SCENA CULT: gli istanti prima dell'attentato 

FRASE CULT: "I gotta find these motherfuckers, Carol. We gotta get out there and we gotta find these motherfuckers before they do this to somebody else." 

VOTO FINALE: 7

martedì 18 aprile 2017

Life - Non oltrepassare il limite




Un bel thriller. Oserei dire d'altri tempi, anche se le ultime scoperte scientifiche fanno pensare che il film diretto da Daniel Espinosa non si discosti molto dalla realtà. D'altri tempi perché Life - Non oltrepassare il limite ha delle atmosfere molto simili al primo Alien, nonché musiche e scenografie che strizzano gli occhi a molti film degli anni novanta. Tanto che, se non fosse per un paio di scene in "esterna", cioè al di fuori della navicella, non c'è un uso spropositato degli effetti speciali.
Navicella ho scritto, in realtà si tratta della stazione spaziale internazionale, dove un gruppo di scienziati-astronauti entra in possesso di un campione organico proveniente da Marte. Piano piano questa microscopica cellula inizia a crescere e si dimostra tutto fuorché innocua. Per i 6 astronauti si preannuncia una sanguinosa battaglia contro quest'essere "marziano".
Gran bel lavoro quello di Daniel Espinosa: Life è un film che prende, intrattiene alla grande, tiene incollati allo schermo. Come dico sempre, se un film rispetta queste caratteristiche allora ha compiuto a pieno il suo dovere. E poi una delle cose migliori di Life è anche la suspense creata dalle musiche curate da Jon Ekstrand, sempre centrate e psicologicamente inquietanti.
Il cast, ovviamente, fa a pieno il suo dovere, soprattutto come gruppo: mettere insieme star del calibro di Jake Gyllenhaal, Rebecca Ferguson, Ryan Reynolds e Hiroyuki Sanada e riuscire a dirigerli nella maniera migliore e creando un equilibrio quasi perfetto tra loro significa avere un grande polso (nel caso di Espinosa) e soprattutto attori poco "protagonisti" e più concentrati nella buona riuscita del prodotto.
Life lascia un velo di inquietudine e del sano turbamento. Non rimarrà nella storia come un capolavoro assoluto, ma non è da disdegnare.

FRASE CULT: "Don't open."

VOTO FINALE: 7

domenica 9 aprile 2017

Ghost in the Shell




Il manga di partenza, quello da cui è tratto il film Ghost in the Shell, è interessante, molto interessante. Probabilmente troppo interessante per riuscire in toto come film. Perché, onestamente, il film diretto da Rupert Sanders e uscito nei cinema lo scorso 30 marzo, non convince quasi mai. A partire dall'immaginario cyberpunk messo in scena, poco innovativo e a tratti poco accattivante. Chiariamoci, l'aria dark-punk è palpabile, come comunque doveva essere, ma le scenografie e gli effetti speciali non sono stati all'altezza per ricreare il mondo disegnato da Masamune Shirow. In più ho trovato Scarlett Johansson poco convincente nei panni del Maggiore Mira Killian, senza entrare nel merito delle critiche preventive senza senso sulla scelta di aver fatto interpretare la protagonista ad un'attrice non orientale. La Johansson è sembrata ben lontana dal 100% delle sue possibilità, perché se si fosse avvicinata al 100% i panni del Maggiore Mira Killian sarebbero risultati perfetti per lei. E quindi Ghost in the Shell rimane così, un po' nel limbo, e siccome di questi film senza infamia e senza lode ne ho abbastanza, è giusto dargli un voto negativo.
Ghost in the Shell, come anticipato, è ambientato in un futuro cyberpunk, dove il Maggiore Mira Killian è un cyborg unico del suo genere, un'arma pericolosissima: il suo corpo è completamente ricostruito, ma il suo cervello, la sua anima, il suo "ghost", è quello originale di una ragazza salvata da un terribile incidente. Il Maggiore è a capo della sezione di Sicurezza Pubblica numero 9, un'organizzazione antiterrorismo cibernetico gestita dalla Hanka Robotics. La squadra si trova ad affrontare un pericoloso criminale cybernetico che sembra aver preso di mira proprio la Hanka Robotics.
Ghost in the Shell è il secondo film da regista di Rupert Sanders, dopo il non fenomenale Biancaneve e il cacciatore, e qui il regista inglese resta molto scolastico, affidandosi e fidandosi (male) un po' troppo alle scenografie, agli effetti speciali e alle ambientazioni tratte dal mondo del manga firmato Shirow. Proprio in un film in cui si da molta importanza all'animo umano, viene a mancare una caratteristica fondamentale: Ghost in the Shell non ha una sua anima, è meccanico, a tratti scontato e poco innovativo. Io non lo consiglio, poi fate voi. 

FRASE CULT: "Never send a rabbit to kill a fox." 

VOTO FINALE: 5

domenica 2 aprile 2017

Kong: Skull Island




Apocalypse Now incontra King Kong. Scordatevi il maestoso King Kong del 2005 firmato Peter Jackson, Kong: Skull Island è tutta un'altra cosa, è tutta un'altra storia. Due modi completamente diversi, ma entrambi efficaci, quelli di Peter Jackson e Jordan Vogt-Roberts di rappresentare scenicamente il mondo di King Kong, con quest'ultimo alla prima direzione di un blockbuster hollywoodiano. Diciamo che se l'è cavata, nonostante una sceneggiatura a tratti confusionaria (troppa carne sul fuoco), anche grazie all'aiuto dell'ottima CGI, della fotografia eccellente di Larry Fong (non uno qualsiasi), delle musiche completamente azzeccate dell'inglese Henry Jackman e delle scenografie curate da Stefan Dechant. Un insieme esplosivo che riesce a sopperire ad alcune pecche della trama. Ma va bene così, Kong: Skull Island aveva tutti i presupposti per essere un flop. In realtà non lo è stato, non lo è, non lo sarà.
Perché ho parlato di Apocalypse Now? Perché la storia è ambientata nel 1973 (dopo un breve incipit ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale), quando un agente governativo, Bill Randa, guida una spedizione segreta su un'isola inesplorata del Pacifico: spedizione che comprende, oltre ad un team di esperti geologi, anche un ex capitano britannico, James Conrad, una fotoreporter pacifista, Mason Weaver, e gli Sky Devils, gruppo di elicotteristi guidati dal tenente Packard, impegnati fino a pochi giorni prima a combattere la guerra in Vietnam. Appena arrivati sull'isola, gli uomini di Packard iniziano a lanciare degli esplosivi che dovrebbero servire ad esaminare il sottosuolo: quello che fanno, in realtà, è risvegliare alcuni mostri che popolano l'isola, ma soprattutto scatenare l'ira di Kong.
Napalm come se piovesse. In realtà la cosa più bella che resta in testa di Kong: Skull Island è ovviamente la scena dell'arrivo della spedizione sull'isola: tributo degno e spettacolare al film di Francis Ford Coppola che ha segnato la storia del cinema. Ma c'è anche dell'altro: c'è un buon ritmo, un buon amalgama tra i vari attori protagonisti del film, una resa scenica accattivanante dell'Isola del Teschio. Magari Kong: Skull Island non raggiunge completamente il film di Peter Jackson, ma in realtà non è un remake del King Kong originale, è una storia completamente diversa. E onestamente è un buonissimo film; e la possibilità di una futura pellicola che vedrà protagonisti King Kong e Godzilla penso sia qualcosa di estremamente eccitante. 

SCENA CULT: l'arrivo a Skull Island 

FRASE CULT: "An uncharted island. Let me list all the ways you're gonna die: rain, heat, disease-carrying flies...and we haven't started on the things that want to eat you alive." 

VOTO FINALE: 7

sabato 1 aprile 2017

Logan - The Wolverine



This is the end. Non penso di spoilerare niente dicendo che Logan - The Wolverine è l'ultimo film di Hugh Jackman nei panni di Wolverine, 17 anni dopo l'inizio della saga degli X-Men. Stesso dicasi per Patrick Stewart, alla sua ultima interpretazione di Charles Xavier. Perché ovviamente la saga degli X-Men andrà avanti ma, come linea temporale, verranno raccontati avvenimenti precedenti a quelli raccontati dal film Logan - The Wolverine: probabilmente il prossimo film sarà ambientato negli anni '90, con Logan che ancora deve arrivare alla X-Mansion e Charles Xavier interpretato da James McAvoy.
Ma andiamo con ordine e, per non confonderci con tutte queste linee temporali differenti, parliamo esclusivamente di Wolverine: siamo nel 2029 e Logan, ormai indebolito e invecchiato causa avvelenamento da adamantio, vive ad El Paso, al confine tra Messico e Texas. Tassista di Uber di notte, cerca di tenere sotto controllo il Dottor Xavier, ormai 90enne e non più in pieno controllo dei suoi poteri psichici. Sono 25 anni che non nasce più un mutante e chi è sopravvissuto vive da emarginato. Un giorno una donna messicana lo cerca per presentargli una bambina misteriosa di nome Laura: e da quel momento iniziano i problemi.
Logan - The Wolverine non è un film sui supereroi: è un film sugli esseri umani, anzi su un essere umano, Logan appunto. La scelta di non usare nessun richiamo agli X-Men o a Wolverine stesso a partire dal titolo (sì, il titolo originale è solo Logan, in Italia abbiamo aggiunto The Wolverine) rende subito chiaro il concetto: è un film cupo, violento, lontano dalle atmosfere dei film sui supereroi. Scelta, onestamente, apprezzabile e perfetta per la conclusione della saga di Wolverine. Grande lavoro quello del regista James Mangold che aveva già diretto, bene, Wolverine - L'immortale; grande risposta del cast, soprattutto del duo Jackman-Stewart, i quali chiudono alla grande una saga che li ha visti sempre grandi protagonisti.
Penso che un finale migliore di questo non ci potesse essere. Basta questo per descrivere Logan - The Wolverine. 

SCENA CULT: la fermata alla stazione di servizio 

FRASE CULT: "Two days on the road, only one meal and hardly any sleep. She's 11, I'm fucking 90!" 

VOTO FINALE: 7,5

domenica 26 marzo 2017

The Ring 3



Samara è tornata. Nonostante non siamo più nell'epoca delle VHS. Adesso il suo video gira tramite chiavetta usb ma lascia ugualmente la solita scia di morte. Guardi il video, ricevi la telefonata, e da quel momento hai 7 giorni per farlo vedere a qualcun'altro...altrimenti muori. Sì, esatto, la storia di The Ring 3 (Rings il titolo originale) è molto simile al primo The Ring con protagonista Naomi Watts. In questo film invece la protagonista è l'italiana Matilda Lutz che, come la Watts nel primo film, dopo aver visto il filmato per salvare il fidanzato, si mette alla ricerca della vera storia di Samara, cercando, in una lotta contro il tempo, di trovare il suo scheletro per bruciarlo ed eliminare, in questo modo, la maledizione.
Diretto da F. Javier Gutiérrez, The Ring 3 può catalogarsi come una specie di remake del primo The Ring, anche se con alcune aggiunte importanti. La storia è ambientata anni dopo le vicende di Rachel e del figlio Aidan, ma comunque Julia (la Lutz), il fidanzato ed il gruppo di studenti "capitanato" dal professor Brown (Johnny Galecki) si ritrovano nella stessa situazione dei loro "predecessori". Detto ciò, comunque The Ring 3 si dimostra un film spaventosamente godibile e fluido, con buonissimi elementi di tensione che rendono credibile la pellicola. Ho usato la parola credibile perché penso sia l'aggettivo più adatto a The Ring 3: cadere nel ridicolo era molto facile. Ed invece, anche grazie ad una rappresentazione visiva molto buona, Gutiérrez riesce a rendere mediamente suggestivo ed inquietante il film; che ha la solita pecca dei film thriller-horror degli ultimi anni, cioè la mancata caratterizzazione dei personaggi. Però, ripeto, lo spavento e la tensione ci sono in The Ring 3, quello è certo.

FRASE CULT: "Seven days..." 

VOTO FINALE: 5,5

sabato 25 marzo 2017

La bella e la bestia



D'impatto direi che è un film difficilmente giudicabile. Lo è soprattutto perché è la copia esatta del film d'animazione del 1991. Dopo il buon esperimento con il remake in live-action de Il libro della giungla, la Disney ha deciso di continuare su quella strada e realizzare il remake, sempre in live-action, di La bella e la bestia. Il risultato è comunque accettabile, ma, oltre a farci entrare nel mondo magico del castello "maledetto", lascia ben poco. Non aggiunge niente al citato film d'animazione del 1991. Che per Il libro della giungla era una pregio, anche dovuto al fatto che comunque i dialoghi erano un po' diversi rispetto al cartone animato; per La bella e la bestia diventa un difetto nel momento in cui anche i dialoghi sono uguali al film d'animazione di cui è il remake. L'elogio, invece, è sempre lo stesso: l'ottimo utilizzo della tecnica del CGI per la rappresentazione di tutti gli oggetti incantati del castello e per la bestia stessa. Sotto questo punto di vista penso che la Disney abbia trovato la sua strada e mi auguro che altri classici possano trovare la "gioia" del remake in live-action.
Non mi soffermo sulla trama, quella penso sia chiara a tutti; mi soffermo soprattutto sulla buona regia di Bill Condon, fedele alla storia principale e comunque mai fuori posto: perché, come già detto nel commento a Il libro della giungla, basta poco per rovinare questi capolavori d'animazione. Perfetta poi la scelta dell'attrice protagonista: Emma Watson dimostra disinvoltura e phisique du role nell'interpretare Belle, una ragazza avanti con i tempi e, un po' come la protagonista stessa (viste le sue ultime uscite), non curante di ciò che gli altri pensano di lei.
Chiudo con due considerazioni: la prima è che il problema creato in alcuni paesi per il fatto che nel film è presente un personaggio apertamente gay (il primo per la Disney), Le Tont, e che ci sono un paio di passaggi (4 secondi in tutto a dir tanto) un po' ambigui, onestamente non l'ho capito, anzi l'ho trovato un po' stucchevole; la seconda è che comunque non sto criticando il film, La bella e la bestia resta comunque un buon film, con però pochissimi cambiamenti rispetto al cartone, anche nelle inquadrature. Avvisati. 

SCENA CULT: la prima "cena" di Belle al castello 

DIALOGO CULT:
Cogsworth: "You know she will never love him."
Lumière: "A broken clock is right two times a day, Cogsworth. But this is not one of those times." 

VOTO FINALE: 6

martedì 14 marzo 2017

È solo la fine del mondo


Una piacevole conferma. Anche se comunque dubbi non c'erano e un reale bisogno di conferma neanche. Xavier Dolan dirige ancora una volta in maniera magistrale una pellicola complessa come lo è È solo la fine del mondo (Juste la fin du monde il titolo originale), vincitore del Grand Prix Speciale della Giuria al Festival di Cannes del 2016 e incredibilmente rimasto fuori dalle nomination all'Oscar per il miglior film straniero. Una sceneggiatura complessa quella scritta dal regista-sceneggiatore-attore canadese, tratta dalla pièce teatrale di Jean-Luc Lagarce, ma comunque pane quotidiano di Dolan, bravissimo nel maneggiare con cura storie intense e al limite del drammatico. E poi la sua bravura registica fa il resto. Perché stilisticamente È solo la fine del mondo è un film perfetto.
La storia è quella di Louis, scrittore malato terminale che ritorna a casa dalla famiglia dopo 12 anni per provare a riallacciare i rapporti e soprattutto per comunicare la brutta notizia. Ad attenderlo ci sono il fratello Antoine, geloso nei confronti del fratello, la cognata Catherine, mai conosciuta da Louis, la sorella Suzanne, che ha ben pochi ricordi del fratello e la madre Martine, sempre desiderosa di riunire la famiglia.
È solo la fine del mondo si basa molto sul "detto-non detto". E questa scelta contribuisce a rendere ancora più interessante una pellicola recitata in maniera strepitosa ed entusiasmante da un cast stellare di chiara impronta francese: Gaspard Ulliel, Vincent Cassel, Léa Seydoux, Marion Cotillard e Nathalie Baye danno vita a delle interpretazioni da incorniciare, sia sotto il profilo dell'intensità sia sotto il profilo del feeling. Logico che poi essere diretti da un fenomeno come Xavier Dolan riesce a far tirar fuori il meglio da ognuno. Ma il loro contributo all'ottima riuscita del film è innegabile.
Dopo Mommy, È solo la fine del mondo è un altro capolavoro firmato Dolan, un insieme di musica, montaggio, regia e recitazione che si sublimano in 97 minuti di grande emozione. Ben fatto.

VOTO FINALE: 7,5

sabato 11 marzo 2017

The Great Wall





Un filmetto. Con tutto ciò che questa parola comporta. The Great Wall è un film senza infamia, a tratti banale e quasi senza lode, che si perde nel calderone di film di genere perché non riesce a trovare il suo punto di forza che possa farlo svoltare e fargli meritare una mensione futura. Ed è un peccato perché ne aveva le possibilità. Soprattutto partendo dal fatto che si presentava come la prima vera grande produzione sino-americana, girato interamente in Cina e, anche sotto la voce "budget", uno dei più grandi film della storia del cinema cinese. Ma tutto questo, a parte le strabilianti ed entusiasmanti coreografie che scandiscono ogni battaglia, non ha portato chissà quali plus ad un storia, onestamente, mediocre e scontata.
Il protagonista è Matt Demon, nei panni di un mercenario europeo, William, in missione in Cina con il compagno d'avventure Tovar, in cerca della fantomatica "polvere nera". Arrivati alle porte di una muraglia enorme, vengono accolti, inizialmente come prigionieri, dall'esercito cinese, fino a combattere a loro fianco contro dei mostri verdi chiamati Taotie.
La prima produzione in lingua inglese del regista cinese Zhang Yimou (giusto per far capire, il regista di Lanterne rosse, La foresta dei pugnali volanti, La città proibita, etc.) si trasforma in un mezzo flop, perché la storia di The Great Wall è un classico della storia cinematografica mondiale. Come se ci si è accontentati di "usare" la classica sceneggiatura dei film di stampo fantastico-avventura e si è pensato solamente ad infarcirla con ottimi elementi scenici e coreografie da mozzare il fiato. Ma alla fine comunque resta la storia, è lei la protagonista: e purtroppo è poco accattivante e a tratti molto noiosa.
Quindi sì, ok, The Great Wall in 3D merita perché tecnicamente è perfetto. Ma, ripeto, la storia non entusiasma per niente. Avvisati. 

SCENA CULT: la prima scena di assedio 

FRASE CULT: "I fought for Harold against the Danes. I saved a Duke's life. I fought for him until he died. Fought for Spain against the Franks. Fought for the Franks against the Boulogne. I fought for the Pope. Many flags." 

VOTO FINALE: 5

venerdì 10 marzo 2017

Barriere



Sarebbe dovuto essere il film di Denzel Washington. Non fraintendetemi, la sua interpretazione è molto buona, ma in fin dei conti Barriere (Fences il titolo originale) è a pieno titolo il film di Viola Davis. Non c'è alcun dubbio. La sua interpretazione, valsale l'Oscar quale miglior attrice non protagonista, vale da sola il prezzo del biglietto. Perché se Denzel Washington è il protagonista principale e indiscusso della pellicola, senza lo straordinario apporto della Davis Barriere sarebbe stato un film normalissimo e, onestamente, neanche tanto accattivante.
Barriere è la storia di Troy Maxson, ex promessa del baseball e netturbino nella Pittsburgh degli anni '50, padre, marito, fratello e lavoratore "combattente" per natura: contro le discriminazioni, contro le ingiustizie, contro le scelte dei figli. La sua natura autoritaria lo porta spesso a costruire delle barriere tra lui e i suoi affetti.
Un "one man show" in uno spazio abbastanza angusto: così è costruito Barriere. Denzel Washington è il protagonista assoluto del film, sempre al centro della scena, con tutti gli altri personaggi che ruotano intorno alla sua vita e alle sue scelte. Tra tutti, la più presente è Viola Davis, spalla ideale e, a tratti, anche più protagonista di Washington stesso. Il personaggio di Troy Maxson ha insito lo spirito ciarliero e ciò comporta lunghi monologhi dello stesso, in più di un'occasione molto dispersivi e poco funzionali alla legittima linearità della pellicola. Ma comunque Denzel Washington fa un ottimo lavoro: come attore, ma soprattutto come regista. Barriere, onestamente, non è un film difficile da dirigere, proprio perché, come anticipato, si svolge per il 90% nel cortile dell'abitazione di Troy (e per l'altro 10% all'interno delle mura di casa); ma appunto per questo non era neanche facile riuscire a  intrattenere il pubblico. Lo fa con una regia abbastanza pulita e con movimenti di macchina poco invasivi ma ben presenti, tocchi di originalità che riescono ad alleggerire i lunghi discorsi del protagonista.
Ora, Barriere non è un film che mi ha particolarmente entusiasmato. Non posso negare però la buona qualità del prodotto, racchiusa nella metafora principale che il film, già dal titolo, mette in scena: Troy, dal suo cortile nel quale sta costruendo il recinto richiesto dalla moglie Rose, si batte per far sentire la sua voce nel mondo, per abbattere le barriere della segregazione razziale che negli anni '50 viveva il suo culmine.
Tre film, Barriere, Moonlight e Il diritto di contare, che trattano più meno le stesse tematiche; tutti e tre candidati all'Oscar come miglior film (e uno dei tre lo ha anche vinto). Ebbene, dei tre comunque il mio preferito resta Il diritto di contare.

FRASE CULT: "Some people build fences to keep people out, and other people build fences to keep people in."

VOTO FINALE: 6,5

domenica 5 marzo 2017

Il diritto di contare




La storia è piena di sottotrame nascoste, di cui si sa poco o niente, molto spesso dimenticate; sottotrame che in realtà sono state importantissime per lo svolgimento della storia stessa. Una di queste è quella raccontata dal film Il diritto di contare, diretto da Theodore Melfi e in uscita in Italia il prossimo 8 marzo. E, come detto nel precedente post, se c'è un film da andare a vedere al cinema è proprio questo e non il pluripremiato Moonlight. Nell'insieme, penso che Il diritto di contare sia un film migliore rispetto a quello di Berry Jankins, vincitore dell'Oscar: perché ne Il diritto di contare si è preferito dare maggior risalto ed importanza alla storia e, per chi vede un film, la trama è sempre più importante dei tecnicismi "registici", seppur ottimi.
La storia nascosta, sconosciuta ai più e mai realmente venuta a galla, è quella di tre donne nere che lavorano alla NASA nei primi anni sessanta. Siamo in periodo di segregazione razziale, ma anche di corsa allo spazio. Katherine, Dorothy e Mary cercano di farsi valere in un mondo ancora non del tutto aperto nei confronti dei neri, provando a dare una svolta alle loro carriere. Ma il mondo sta per cambiare.
Bel lavoro quello fatto da Theodore Melfi, sia nelle vesti di regista che nelle vesti di sceneggiatore. Il diritto di contare è un film che affronta con potente leggerezza il tema "segregazione razziale" e allo stesso tempo dipinge in maniera quasi ottimale un periodo storico che avrebbe dato slancio a cambiamenti epocali. Così, mentre vediamo le tre ragazze "combattere" per i propri diritti in un paese ancora troppo ancorato ai luoghi e ai pensieri comuni, vediamo anche la voglia statunitense di superare l'URSS nella corsa allo spazio. Le due storie si intrecciano molto bene, senza intoppi: per lo spettatore è un piacere godere di uno spettacolo simile.
Ed è anche un piacere sottolineare le buonissime prove di Taraji P. Henson, Octavia Spencer e Janelle Monáe (vista anche in Moonlight), molto brave nel gestire le varie situazioni che i loro personaggi devono affrontare. Si rivedono dopo un po' di tempo fuori dai radar Kevin Costner e Kirsten Dunst, credibili e mai sopra le righe, anzi a tratti veri valori aggiunti del film.
Sono contento quando vedo film come Il diritto di contare: sia perché viene data importanza a storie molto spesso dimenticate, sia perché riescono a far riflettere in maniera leggera, senza appesantire chi è davanti allo schermo. E non c'è cosa migliore. 

FRASE CULT: "There are no colored bathrooms in this building, or any building outside the West Campus, which is half a mile away. Did you know that? I have to walk to Timbuktu just to relieve myself! And I can't use one of the handy bikes. Picture that, Mr. Harrison. My uniform, skirt below the knees and my heels. And simple necklace pearls. Well, I don't own pearls. Lord knows you don't pay the colored enough to afford pearls! And I work like a dog day and night, living on coffee from a pot none of you want to touch! So, excuse me if I have to go to the restroom a few times a day." 

VOTO FINALE: 7

sabato 4 marzo 2017

Moonlight


Sì, è vero, Moonlight ha vinto l'Oscar come miglior film. Ma in realtà, dal mio punto di vista, non è stato il miglior film degli ultimi 12 mesi. Un buonissimo film lo è, girato, realizzato e recitato molto bene, ma non così tanto da issarsi sopra a tutti gli altri. La La Land lo avrebbe meritato di più, considerando che in fin dei conti è stata una corsa a due. Moonlight ha vinto per le tematiche toccate? Io penso di sì; sicuramente non solo per quelle, ma comunque hanno inciso sul giudizio finale.
Moonlight racconta la storia di Chiron, dividendo la sua vita in 3 capitoli: nel capitolo "Piccolo" viene illustrato l'incontro con Juan, un uomo che, a differenza della madre tossica, si prende cura di lui e lo aiuta ad affrontare i piccoli problemi con l'aiuto della compagna Teresa; nel secondo capitolo, "Chiron", si racconta l'adolescenza del ragazzo, bersaglio dei bulli della scuola ma sempre più consapevole della propria omosessualità; nell'ultimo capitolo, "Black", Chiron ormai è un adulto, spacciatore in quel di Atlanta ma legato al suo passato.
Io non dico che Moonlight non sia un buon film: tecnicamente è fatto molto bene, anche la storia, ed il modo in cui viene affrontata, sono di qualità. Continuo a ribadire che non credo meritasse l'Oscar come miglior film, tutto qui. Comunque bisogna fare i complimenti a Berry Jenkins, alla seconda direzione di un lungometraggio. E se Medicine for Melancholy datato 2008 lo aveva fatto conoscere nel circuito dei film indipendenti, Moonlight lo ha consacrato nel gotha del cinema, considerando che il film ha vinto anche l'Oscar per la migliore sceneggiatura non originale. Jenkins è stato bravo a realizzare un film ben piantato a terra, senza particolari fronzoli, inserendo degli elementi chiave per lo svolgimento della trama (per esempio, il richiamo continuo all'acqua) e usando in maniera perfetta i colori. Il vero problema, dal mio punto vista, sono i dialoghi, a volte troppo stucchevoli, a volte completamente inutili e mai comunque l'arma in più del film: Moonlight funziona meglio senza audio e questo non penso sia un complimento ad un film che in realtà ha vinto l'Oscar.
Chiudo elogiando le buonissime prove dei 3 Chiron: Trevante Rhodes, ma soprattutto Ashton Sanders e Alex Hibbert, bravi nel far uscire le emozioni provate dal ragazzo. E poi i complimenti vanno a Mahershala Ali per il suo Oscar, meritatissimo, come miglior attore non protagonista, ma di cui non posso dire molto per evitare di spoilerare una parte di trama.
Non sono d'accordo con l'Oscar a Moonlight: era tra i favoriti alla vigilia ma non pensavo che in realtà riuscisse realmente a vincere, perché i Golden Globes sono una cosa, gli Oscar ne sono un'altra. Fosse per me, questo weekend, andrei al cinema a vedere Il diritto di contare (la recensione arriverà domani) e non Moonlight. Questo è il mio consiglio. 

FRASE CULT: "At some point, you gotta decide for yourself who you're going to be. Can't let nobody make that decision for you." 

VOTO FINALE: 6,5

lunedì 27 febbraio 2017

Oscar 2017: i risultati

Cosa resterà nella storia di questa 89esima edizione della cerimonia degli Oscar? Ovviamente l'errore nell'annuncio finale del film vincitore del premio Oscar. A Warren Beatty e Faye Dunaway viene consegnata la busta sbagliata e annunciano La La Land come vincitore dell'Oscar come miglior film. Tutto il cast, regista e produttore salgono sul palco per ricevere la statuetta e per i ringraziamenti ma ad un tratto arriva la smentita. Scusate, ci siamo sbagliati, a Warren Beatty è stata consegnata la busta sbagliata: in realtà il film vincitore è Moonlight. Quindi, cambio della guardia sul palco del Dolby Theatre di Los Angeles: scendono tutti i protagonisti di La La Land, un po' increduli, e salgono, altrettanto increduli, tutti i protagonisti di Moonlight. Questa è l'immagine che rimarrà nella memoria e nella storia. Tutto il resto passa in secondo piano.
Ma comunque, dopo le previsioni di ieri, è giusto anche commentare brevemente i vari Oscar assegnati, soffermandoci sempre su quelle 7 categorie "toccate" nel precedente post.
Zootropolis ha giustamente e chiaramente vinto l'Oscar come miglior film d'animazione: c'erano poche possibilità per gli altri. Il confronto con Inside Out l'ho fatto più di una volta e non è il caso di soffermarmi nuovamente sulle differenze tra i due ultimi vincitori di questa categoria.
Celebriamo invece Damien Chazelle, il più giovane regista della storia (32 anni compiuti a gennaio) a vincere l'Oscar come miglior regista. Avevo previsto che non avrebbe avuto difficoltà a prendersi la statuetta e così è stato. Dispiace per Lonergan che in Manchester by the Sea ha fatto un gran lavoro: però è stato comunque premiato con l'Oscar come miglior sceneggiatura originale (sopravanzando proprio Chazelle) e penso se ne sia andato via abbastanza contento.
Categoria attori. Pensavo che le tematiche affrontate avrebbero favorito Denzel Washington, protagonista di Barriere; invece è stato premiato, meritatamente, Casey Affleck, onestamente il migliore tra quelli in lizza (nonché mio preferito). Invece non ce l'ha fatta Natalie Portman a sopravanzare Emma Stone e un po' questa cosa mi ha deluso. Non per Emma Stone, ho sottolineato più volte la sua grandissima prova in La La Land ed è anche una delle mie attrici preferite; ma Natalie Portman in Jackie le era stata, anche se di poco, superiore. Però l'Academy ha scelto così e amen.
Senza sorprese le due categorie "non protagonisti": Mahershala Ali e Viola Davis hanno meritato i rispettivi Oscar grazie a due interpretazioni strepitose.
Finiamo l'analisi parlando del premio Oscar come miglior film: vi ho raccontato del "misfatto" al momento dell'annuncio. Ma comunque la sorpresa è stata ugualmente forte: La La Land era il vincitore annunciato (ne ha vinte comunque 6 di statuette), Moonlight poteva sperare nel colpaccio, forte del Golden Globe vinto. E colpaccio è stato: Moonlight è un buonissimo film, ben piantato a terra e realizzato in maniera ottimale. Poi tutti i discorsi sulla sua vittoria "politica" li lascio ad altri. Il mio film preferito del lotto dei candidati, lo ripeto, era La battaglia di Hacksaw Ridge: le probabilità che vincesse erano rasenti lo zero, ma per me doveva vincere lui. Io, il mio voto lo avrei dato a questo film. Ma non faccio parte (né mai lo farò) dell'Academy.
Ecco di seguito tutti i premi:

Miglior film
Moonlight

Miglior regista
Damien Chazelle (La La Land)

Miglior attore protagonista
Casey Affleck (Manchester by the Sea)

Miglior attrice protagonista
Emma Stone (La La Land)

Miglior attore non protagonista
Mahershala Ali (Moonlight)

Miglior attrice non protagonista
Viola Davis (Barriere)

Migliore sceneggiatura originale
Manchester by the Sea

Miglior sceneggiatura non originale
Moonlight

Miglior film d'animazione
Zootropolis

Miglior film straniero
Il cliente

Miglior canzone originale
City Of Stars (La La Land)

Migliore colonna sonora
La La Land

Miglior fotografia
La La Land

Miglior montaggio
La battaglia di Hacksaw Ridge

Migliori effetti speciali
Il libro della giungla

Migliore scenografia
La La Land

Miglior sonoro
La battaglia di Hacksaw Ridge

Migliori costumi
Animali fantastici e dove trovarli

Miglior trucco
Suicide Squad

Miglior documentario
O.J.: Made in America

Miglior corto documentario
The White Helmets

Miglior cortometraggio
Sing

Miglior cortometraggio d'animazione
Piper

domenica 26 febbraio 2017

Oscar 2017: le previsioni

Le previsioni più attese dell'anno: quelle de L'acchiappafilm, naturalmente. No, scherzo; non lo sono, però sono puntuali come un orologio svizzero. E visto che questa sera ci sarà l'89esima edizione della cerimonia degli Oscar, eccoci qui, come anticipato negli scorsi giorni, con i commenti e le previsioni sui premi più attesi del cinema. Come sempre, prenderò in disamina le 7 categorie più importanti (che poi in fin dei conti sono tutte importanti in egual misura) e troverete il "Voto academy", cioè la previsione di ciò che voterà l'Academy, e il "Voto L'acchiappafilm", ovvero il parere personale.

Nomination MIGLIOR FILM D'ANIMAZIONE:
Zootropolis (Zootopia)
Oceania (Moana)
Kubo e la spada magica (Kubo and the Two Strings)
La tartaruga rossa (La Tortue Rouge)
La mia vita da Zucchina (Ma vie de Courgette)

Devo dire che dopo l'enorme successo di critica e pubblico, strameritato, di Inside Out, che è stato non solo il miglior film d'animazione dello scorso anno, ma probabilmente uno dei migliori di tutti i tempi, quest'anno i film in nomination per questa categoria sono un po' "sottotono".
Non penso avrà problemi Zootropolis a vincere l'Oscar, nonostante un piccolo rientro di Oceania e la bellezza dello stop motion di La mia vita da Zucchina. Ecco, soprattutto quest'ultima potrebbe fare un colpaccio clamoroso.
Voto academy: Zootropolis
Voto "L'acchiappafilm": Zootropolis 

Nomination come MIGLIOR FILM:
Arrival
Barriere (Fences)
La battaglia di Hacksaw Ridge (Hacksaw Ridge)
Hell or High Water
Il diritto di contare (Hidden Figures)
La La Land
Lion - La strada verso casa (Lion)
Manchester by the Sea
Moonlight

Sappiamo che questi saranno gli Oscar di La La Land; è inevitabile, viste anche le 14 candidature a questi Oscar e i 7 Golden Globes vinti. Non dovrebbero esserci molti dubbi e questo rende ancora più visibile la bontà di La La Land perché in situazioni normali la vittoria della statuetta come Miglior film sarebbe stata più combattuta. Comunque questo non cambia il mio pensiero che La battaglia di Hacksaw Ridge sia stato un grandissimo film e anche se Moonlight (la recensione arriverà) e Manchester by the Sea hanno più probabilità di vincere la statuetta rispetto al film di Mel Gibson, resta il mio preferito tra i film candidati. Ma il fenomeno La La Land credo sia difficilmente battibile.
Voto academy: La La Land
Voto "L'acchiappafilm": La battaglia di Hacksaw Ridge

Nomination come MIGLIOR REGIA:
Damien Chazelle - La La Land
Barry Jenkins - Moonlight
Kenneth Lonergan - Manchester by the Sea
Denis Villeneuve - Arrival
Mel Gibson - La battaglia di Hacksaw Ridge (Hacksaw Ridge)

Idem come sopra. Ma questa volta anche con il mio voto. Damien Chazelle su tutti. Sì, Lonergan e Villeneuve hanno fatto un ottimo lavoro, così come Jenkins con una storia complicata come lo è Moonlight, però il regista 32enne di La La Land ha dato vita ad una pellicola a tratti magica. Ho tenuto da parte Mel Gibson perché in realtà, anche se penso abbia fatto un enorme lavoro con La battaglia di Hacksaw Ridge, non credo sia riuscito ad issarsi, con la sua regia, al livello degli altri 4.
Voto academy: Damien Chazelle
Voto "L'acchiappafilm": Damien Chazelle

Nomination come MIGLIOR ATTORE PROTAGONISTA:
Casey Affleck - Manchester by the Sea
Andrew Garfield - La battaglia di Hacksaw Ridge (Hacksaw Ridge)
Ryan Gosling - La La Land
Viggo Mortensen - Captain Fantastic
Denzel Washington - Barriere (Fences)

Finalmente ci siamo tolti la fatidica domanda su Leonardo DiCaprio e anche se quest'ultimo non è tra i candidati all'Oscar, quantomeno siamo tutti un po' più tranquilli visto che Leo questa sera se ne starà a casa a lucidare la sua statuetta vinta lo scorso anno. La domanda è: chi sarà il suo successore? Io dico a mani basse Casey Affleck ma, anche per la storia affrontata, Denzel Washington potrebbe soffiargli l'Oscar come miglior attore protagonista. Anzi, proprio per le tematiche affrontate in Barriere penso che Washington riesca a vincere la statuetta. Sarei contento, ripeto, del contrario.
Ryan Gosling invece è fuori dalla corsa mentre, nonostante le loro buone interpretazioni, Garfield e Mortensen non sono stati al livello dei primi due citati.
Voto academy: Denzel Washington
Voto "L'acchiappafilm": Casey Affleck

Nomination come MIGLIOR ATTRICE PROTAGONISTA:
Isabelle Huppert - Elle
Ruth Negga - Loving
Natalie Portman - Jackie
Emma Stone - La La Land
Meryl Streep - Florence (Florence Foster Jenkins)

Natalie Portman, Natalie Portman, Natalie Portman. Lo sto ripetendo da giovedì, giorno in cui ho visto la sua interpretazione in Jackie. Non è possibile non dare a lei l'Oscar come miglior attrice protagonista. Non sarebbe un furto se lo vincesse Emma Stone, favorita numero uno, visto che comunque è stata molto brava in La La Land; ma secondo me la Portman, di poco, l'ha superata. Non vorrei che veramente il fenomeno scatenato dal film di Chazelle possa pesare sulla votazione finale. Delle altre 3, Isabelle Huppert si è quasi avvicinata al livello del duo Portman-Stone ma resta un gradino sotto, così come Ruth Negga ha già avuto un grande riconoscimento nel trovarsi nella rosa delle nominate. Infine Meryl Streep: brava, nomination giusta, ma spero non di più.
Voto academy: Emma Stone
Voto "L'acchiappafilm": Natalie Portman

Nomination come MIGLIOR ATTORE NON PROTAGONISTA:
Mahershala Ali - Moonlight
Jeff Bridges - Hell or High Water
Lucas Hedges - Manchester by the Sea
Dev Patel - Lion - La strada verso casa (Lion)
Michael Shannon - Animali notturni (Nocturnal Animals)

Michael Shannon e (soprattutto) Lucas Hedges sono i due che mi hanno impressionato di più. Forse per Hedges è un po' presto, ma Shannon quest'anno (con l'ulteriore grande interpretazione in Elvis & Nixon) è stato sorprendente. Ma la lotta, secondo me, è circoscritta a Mahershala Ali e a Jeff Bridges, magistrali. I miei complimenti vanno anche all'incisività di Bridges ma purtroppo non credo alzerà la statuetta: storia, bravura e interpretazione sono tutte dalla parte di Mahershala Ali.
Voto academy: Mahershala Ali
Voto "L'acchiappafilm": Mahershala Ali

Nomination come MIGLIOR ATTRICE NON PROTAGONISTA:
Viola Davis - Barriere (Fences)
Naomie Harris - Moonlight
Nicole Kidman - Lion - La strada verso casa (Lion)
Octavia Spencer - Il diritto di contare (Hidden Figures)
Michelle Williams - Manchester by the Sea

Ho una domanda: perché Michelle Williams? Parto dicendo che già non trovavo giusto il fatto che fosse in nomination, ma che addirittura sia annoverata tra le possibili vincitrici lo trovo assurdo. Ma non perché non sia stata brava, tutt'altro...per quel poco che si è vista. Scene recitate: 3. Minuti in scena: a malapena 10. Penso che questi numeri facciano comprendere i miei dubbi. Per il resto se l'Oscar come miglior attrice non protagonista non lo vince Viola Davis è un furto; un grosso furto.
Voto academy: Viola Davis
Voto "L'acchiappafilm": Viola Davis

Nota a margine: purtroppo ho visto O.J.: Made in America, uno dei documentari candidati all'Oscar contro il nostro Fuocoammare. Il purtroppo è dovuto al fatto che quello di Ezra Edelman è un signor documentario e penso avrà la meglio su Gianfranco Rosi e sulla storia ambientata a Lampedusa.
Stasera tutti davanti la tv per goderci questa cerimonia...e domani tutti pronti per scoprire quante previsioni si sono rivelate esatte. Buona serata!

sabato 25 febbraio 2017

Manchester by the Sea



Manchester by the Sea è di gran lunga il film più triste dell'anno. Resta comunque un buon film, a tratti ottimo, ma, avviso ai naviganti, racconta una storia triste che, anche se rappresentata in maniera sobria, ha una carica drammatica molto potente. Tutto il resto è di grandissima qualità: l'interpretazione di Casey Affleck (ma anche quella del giovane Lucas Hedges non è da meno), la regia superlativa di Kenneth Lonergan, la fotografia di Jody Lee Lipes, le musiche curate da Lesley Barber e l'ambientazione offerta proprio da Manchester-by-the-Sea, comune del Massachusetts che si affaccia sull'oceano.
Manchester by the Sea racconta la storia di Lee Chandler, idraulico/tuttofare di Boston "costretto" a tornare al suo paese natale, Manchester-by-the-Sea appunto, a causa della morte del fratello Joe. Qui dovrà prendersi cura del nipote Patrick, rimasto ormai da solo al mondo (dopo l'abbandono della madre alcolizzata), e dovrà affrontare il suo tragico passato.
Gran bel lavoro quello di Kenneth Lonergan, che dirige in maniera ottimale un film complicato come lo è Manchester by the Sea, sfruttando al massimo (e al meglio) l'ambientazione offertagli da questo paesino della contea di Essex e andando ad indagare a fondo, proprio tramite questa ambientazione,  il dramma umano, in questo caso un dramma "maschile". E il personaggio di Lee ricalca a pieno la complessità dell'animo maschile nel momento in cui si devono affrontare situazioni drammatiche. Ma come detto, Lonergan lo fa in maniera sobria, ma non per questo poco incisiva (anzi), sfruttando anche le pause, i cambi di clima, i silenzi, le espressioni dei protagonisti. Con Casey Affleck quasi certo ormai, anche meritatamente, di prendersi l'Oscar come miglior attore protagonista; ne parleremo meglio domani, nel post dedicato alle previsioni per la cerimonia dell'Oscar, con una disamina sui cinque candidati. Resta il fatto che Affleck sfodera un'interpretazione di altissimo livello, partendo dal presupposto che aveva tra le mani un personaggio complicatissimo in una storia complicatissima e trovandosi a fronteggiare 3-4 tematiche che se non affrontate al meglio avrebbero potuto far annegare tutto il film.
Manchester by the Sea non vincerà l'Oscar come miglior film, così come Lonergan non lo vincerà come miglior regista, visto che in entrambi i casi se la devono vedere con La La Land; ma va lodato comunque il lavoro di tutti quelli che hanno lavorato a questa pellicola, perché, infine, anche la scelta di raccontare il passato di Lee tramite flashback è funzionale e parte integrante della storia.

VOTO FINALE: 7,5 

venerdì 24 febbraio 2017

Jackie



Emma Stone è la favorita per vincere l'Oscar come miglior attrice protagonista. Era anche la mia preferita, perché in La La Land è impeccabile e straordinaria. Poi però ho visto Jackie, ho visto la Jacqueline Kennedy interpretata da Natalie Portman: e onestamente, secondo me, non ce n'è per nessuna. Dispiace perché probabilmente proprio per il fattore La La Land sarà Emma Stone a trionfare domenica sera (notte in Italia) ma Natalie Portman ha fatto qualcosa di eccezionale. La pecca, non sua, è che non è supportata da un film ad alto impatto come lo è quello di Damien Chazelle che ha consacrato la Stone. Il motivo è che Jackie, a mio parere, racconta una storia non conosciuta benissimo nei dettagli al di fuori dei confini statunitensi; perché sì, l'assassinio di Kennedy è uno dei fatti storici di maggior rilevanza dello scorso secolo, ma i dettagli sono poco conosciuti. Infatti una grande serie tv (nonché un libro strepitoso) come 22.11.63 non ha avuto, qui da noi in Italia, la giusta rilevanza.
Jackie segue la storia di Jacqueline Kennedy come first lady, raccontata dalla stessa ad un giornalista solamente cinque giorni dopo l'assassinio del marito John in quel di Dallas.
Diretto dal regista cileno Pablo Larraín, Jackie è una sorta di biografia di Jacqueline Kennedy, anche se circoscritta al periodo in cui la stessa ha abitato, come first lady, alla Casa Bianca. Larraín confeziona un buon prodotto, che però, ripeto, non penso riesca ad aver tantissimo appeal al di fuori dei confini statunitensi, tanto che qui da noi, a parte il passaggio alla Mostra di Venezia, la sua uscita al cinema (datata ieri, 23 febbraio) è passata un po' in sordina. E onestamente dispiace, perché i costumi, lo stile di regia, le musiche, il modo in cui è stata raccontata la storia e soprattutto l'interpretazione della Portman meritavano più considerazione. Io comunque ci credo ancora che con un colpo di coda Natalie Portman possa riuscire a sfilare una statuetta (onestamente quasi vinta ormai) ad Emma Stone: la sua caratterizzazione di Jacqueline lo meriterebbe. Così come Jackie meriterebbe di essere visto in lingua originale, se si riesce ad averne la possibilità. Aspettiamo domenica sera. Anche perché in linea di massima l'Oscar come miglior attrice protagonista credo sia quello un po' più in bilico (forse lo penso solo io). Ma per tutte le previsioni vi rimando al solito post che verrà pubblicato a poche ore dall'inizio della cerimonia. Stay tuned. 

FRASE CULT: "I will march with Jack, alone if necessary." 

VOTO FINALE: 7