domenica 31 maggio 2015

The Lazarus Effect






Nel 1990 uscì al cinema un thriller controverso, per tematica e implicazione, Linea mortale (Flatliners il titolo originale), che nonostante un cast di livello (Julia Roberts, Kiefer Sutherland e Kevin Bacon i protagonisti) non riscosse un enorme successo. La storia era semplice: un gruppo di studenti di medicina decideva di attuare un esperimento che prevedeva l'induzione di uno di loro alla morte e la seguente resurrezione, per poi raccontare l'esperienza vissuta. La trama di The Lazarus Effect è abbastanza simile: un gruppo di ricercatori medici grazie ad un siero sperimentale chiamato "Lazarus" riesce a riportare in vita un cane ma con effetti collaterali non del tutto chiari. Cosa succederebbe se lo stesso siero fosse somministrato ad un essere umano defunto?
Diretto da David Gelb e sceneggiato da Luke Dawson e Jeremy Slater, The Lazarus Effect è un thriller-horror uscito negli Stati Uniti lo scorso febbraio e distribuito in Italia dalla Notorious Pictures un paio di settimane fa. A dispetto di incassi al botteghino al di sotto delle aspettative, il film non è uno dei peggiori del genere usciti negli ultimi anni, tutt'altro. Sicuramente The Lazarus Effect non è un horror di altissimo livello ma ha una cosa in più rispetto ai thriller-horror visti ultimamente al cinema: il ritmo. E ciò è dovuto soprattutto alla buona regia di David Gelb, specializzato in documentari e che ha portato quel brio, quegli stacchi di regia e quella tensione che servivano a vivacizzare la sceneggiatura del duo Dawson-Slater. La storia è buona, anche se comunque diventa abbastanza scontata e si perde un po' nel finale confusionario. Il cast fa il suo, anzi riesce a comportarsi più che egregiamente: Olivia Wilde su tutti, ma comunque anche gli altri attori principali riescono a risultare credibili e a dare a The Lazarus Effect un buon impatto sullo spettatore.
Il consiglio, oltre a vedere The Lazarus Effect, è quello comunque di recuperare Linea mortale: non ce ne voglia Gelb, ma il film di Joel Schumacher è di un'altra categoria.

SCENA CULT: il "risveglio" Zoe

DIALOGO CULT:
Frank: "I'm not going to lose her."
Eva: "You're talking of bringing someone back from the dead."

VOTO FINALE: 6

sabato 30 maggio 2015

Tomorrowland




Into the woods aveva deluso, totalmente. Tomorrowland è sicuramente un passo avanti della Disney, anche se comunque la sensazione lasciata è che si poteva fare molto di più. Parecchi sono i film che negli ultimi anni (ma anche quest'anno) si sono interrogati sul possibile futuro del pianeta terra, dando zero fiducia alla razza umana, incapace di saper gestire le enormi risorse a disposizione. Tomorrowland si incanala su quel filone, anche se in maniera più leggera e sfruttando a pieno le risorse a disposizione della Disney, evidenziate da un utilizzo perfetto e accurato degli effetti speciali.
Il film, diretto da Brad Bird e con protagonisti Britt Robertson, George Clooney e Hugh Laurie, intreccia le storie della giovane Casey Newton, della "piccola" Athena e dell'inventore Frank Walker. Casey, dopo aver ricevuto una spilla misteriosa che, al solo tocco, la trasporta in un mondo misterioso, cerca in tutti di modi di potervi ritornare. Conosce così Athena e Frank e scopre di essere l'unica persona in grado di poter salvare la terra e questo mondo avveniristico, Tomorrowland.
Dopo i due premi Oscar per i film di animazione Gli Incredibili e Ratatouille e la buona prova alla regia del quarto Mission Impossible, Brad Bird perde comunque qualche colpo, sia come regista che come sceneggiatore di Tomorrowland. Senza fraintendimenti, il film si lascia vedere e sicuramente non sono 130 minuti buttati, anzi. Però la sensazione che resta, come detto, è che si poteva tirar fuori qualcosa di più "esplosivo". Tomorrowland ha una pecca: il ritmo. I primi venti-venticinque minuti sono troppo lenti, la storia sembra non decollare mai e soprattutto si sofferma troppo su alcune informazioni poco utili poi nello svolgimento della vicenda; al contrario, gli ultimi venti-venticinque minuti sono troppo poco curati, come se si volesse arrivare il prima possibile alla fine, affrettando troppo alcuni passaggi e dando spiegazioni un po' approssimative. Peccato perché la parte centrale del film è perfetta, ha un buonissimo ritmo e tiene lo spettatore incollato allo schermo, grazie alla storia e al modo in cui viene resa visivamente. E grazie anche alla prova di Britt Robertson e di George Clooney, mai fuori le righe e assolutamente compatibili: buonissima l'alchimia tra di loro e perfetta quella che ne risulta tra i loro personaggi.
Tomorrowland sarebbe potuto diventare il Mago di Oz del nuovo millennio e forse l'intenzione iniziale era quella; non lo è e non lo sarà, però merita sicuramente la sufficienza e anche la visione.


SCENA CULT: la partenza dalla Torre Eiffel

FRASE CULT: "Even the tiniest of actions can change the future."

VOTO FINALE: 6+

giovedì 28 maggio 2015

The Gunman



Partiamo subito dal presupposto che Blood Diamond era tutta un'altra storia. Perché Blood Diamond? Perché The Gunman, film del 2015 e adattamento cinematografico del romanzo Posizione di tiro scritto da Jean-Patrick Manchette, si avvicina molto, come trama, al film del 2006 diretto da Edward Zwick e interpretato da Leonardo Di Caprio. Il paragone però finisce qui.
Diretto da Pierre Morel, The Gunman racconta la storia di Jim Terrier, Agente Speciale Internazionale, verosimilmente un sicario-mercenario, di stanza in Congo. Dopo aver ucciso il ministro delle miniere del paese è costretto a fuggire dall'Africa. Otto anni dopo, però, il passato torna a bussare alla sua porta.
The Gunman fa acqua un po' da tutte le parti. A partire da una trama troppo poco intrigante e da una resa scenica della stessa al di sotto delle attese e degli standard cinematografici: il film si trascina lento verso un finale ridicolo (a dir poco), con pochissimi colpi di scena, con una serie di scene messe in fila senza un logica, con spiegazioni troppo artificiose e a tratti insignificanti e soprattutto con un realismo a dir poco superficiale.
Il personaggio di Jim Terrier, interpretato da Sean Penn, non può neanche accostarsi a Danny Archer, il mercenario interpretato da Di Caprio: palesemente troppo finto e senza ombra di dubbio poco accattivante. Se a ciò ci si aggiunge una prova completamente deficitaria da parte di Sean Penn la frittata è fatta: indipendentemente dalla carenza della sceneggiatura, il due volte premio Oscar appare molto debole sullo schermo e con questa prova mette in risalto le sue poche debolezze, una su tutte il non essere riuscito a risultare credibile nelle poche scene di azione pura.
Pierre Morel non si dimostra all'altezza della situazione e dopo il mezzo flop di From Paris with love "partorisce" un altro film da incartare e lasciare nel dimenticatoio. Per ora, per lui, i tempi di Banlieue 13 sono lontanissimi.

SCENA (S)CULT: la corrida

VOTO FINALE: 4,5

mercoledì 27 maggio 2015

Cake









Titolo Originale: Cake
Regia: Daniel Barnz
Attori: Jennifer Aniston, Adriana Barraza, Anna Kendrick, Sam Worthington, Mamie Gummer, Felicity Huffman, William H. Macy, Chris Messina
Genere: Drammatico
Paese: USA
Anno: 2014
Durata: 102 Minuti
Trama: Claire(Jennifer Aniston), dopo essere stata cacciata dal gruppo di sostegno che frequentava, rimane ossessionata dal suicidio di una componente del gruppo, senza dimenticare la tragedia personale che la sta consumando totalmente.
Giudizio finale: "Cake" è diretto da Daniel Barnz, mentre la sceneggiatura è opera di Patrick Tobin.Tobin riesce a scrivere un intenso dramma che viene trasposto alla perfezione da Daniel Barnz, capace di trasmettere allo spettatore tutto il dolore provato dalla protagonista; in più riesce a non far distrarre lo spettatore per l'intera durata del film, nonostante il ritmo sia molto lento ma costante.Sorprendente l'interpretazione di Jennifer Aniston, in un genere un po' al di fuori dai suoi ruoli abituali, capace di fornire una grandissima prova e un buon affiatamento con Adriana Barraza; le due inoltre riescono a reggere praticamente tutto il peso del film con i loro ruoli.Invece Anna Kendrick, in un ruolo non principale, riesce a difendersi bene e a restare sul buon livello recitativo a cui ci ha abituato.Oltre a Jennifer Aniston, anche Sam Worthington si trova in un genere a lui poco congeniale, ma riesce a sorprendere con una prova più che sufficiente.
Consigliato: Si può vedere.

venerdì 22 maggio 2015

Empire - Stagione 1


Titolo Originale: Empire
Regia: Lee Daniels, Sanaa Hamri, Rosemary Rodriguez, John Singleton, Michael Engler, Danny Strong, Anthony Hemingway, Rob Hardy, Mario Van Peebles, Debbie Allen
Attori: Terrence Howard, Bryshere Y. Gray, Jussie Smollett, Trai Byers, Grace Gealey, Kaitlin Doubleday, Taraji P. Henson, Gabourey Sidibe, Malik Yoba, Serayah, Naomi Campbell, Courtney Love, Snoop Dogg, Cuba Gooding Jr., Patti LaBelle, Mary J. Blige, Rita Ora
Genere: Drammatico, Musicale
Paese: USA
Anno: 2015
Durata: 42 Minuti
Numero Di Episodi: 12
Trama: A Lucious Lyon(Terrence Howard), proprietario dell'etichetta discografica Empire da lui fondata, viene diagnosticata la SLA.Dopo aver appreso la terribile notizia, decide di lasciare il comando del suo impero ad uno solo dei suoi figli prima della sua morte.
Giudizio finale: "Empire", una delle serie di maggior successo del 2015, è creata da Lee Daniels e Danny Strong.La serie si avvale di vari registi e da un ritmo narrativo non velocissimo ma costante, a cui si aggiungono momenti musicali.Empire è una buona serie, che riesce a intrigare lo spettatore in ogni singolo episodio e che lo invoglia a vedere l'episodio successivo, fino al finale di stagione che promette una seconda stagione di altissimo livello.Ad alzare ulteriormente il già grande livello della serie, troviamo le grandissime interpretazioni di Terrence Howard e Taraji P. Henson, veramente impeccabili nei propri ruoli e ben supportati dal resto del cast principale.Empire è anche arricchita da molti camei di stelle del cinema, musica e star system internazionale.
Consigliato: Sì, da vedere.

giovedì 21 maggio 2015

American Horror Story: Freak Show


Titolo Originale: American Horror Story: Freak Show
Regia: Ryan Murphy, Alfonso Gomez-Rejon, Michael Uppendahl, Howard Deutch, Anthony Hemingway, Bradley Beucker, Loni Peristere, Michael Goi
Attori: Evan Peters, Sarah Paulson, Jessica Lange, Frances Conroy, Kathy Bates, Denis O'Hare, Angela Bassett, Lily Rabe, Emma Roberts, Finn Wittrock, Naomi Grossman, Michael Chiklis
Genere: Drammatico, Horror, Thriller
Paese: USA
Anno: 2014-2015
Durata: 60 Minuti
Numero Di Episodi: 13
Trama: Jupiter, Florida, 1950, Elsa Mars(Jessica Lange) e il suo circo degli orrori arrivano in città e da quel momento le cose prenderanno una strana direzione. 
Giudizio finale: "American Horror Story: Freak Show" è la quarta storia raccontata dai creatori della serie Ryan Murphy e Brad Falchuk, dopo Murder House, Asylum e Coven.Purtroppo in questa occasione i due creatori realizzano una serie piuttosto anonima, che non riesce a colpire e a coinvolgere nella visione lo spettatore, anche a causa di un ritmo molto compassato.Una piccola curiosità di questa quarta storia è un piccolo collegamento con Asylum, seconda storia del ciclo American Horror Story.Tra i protagonisti della serie ritroviamo alcuni attori presenti fin dalla prima serie, come Jessica Lange e Evan Peters, che nonostante interpretazioni abbastanza positive, non riescono a contribuire a migliorare le sorti di questa quarta stagione.Continuano il loro rapporto con la serie anche Sarah Paulson, Kathy Bates, Angela Bassett e Emma Roberts, che si limitano a fare le loro parti senza entusiasmare.Ma ci sono anche delle new entry, con Michael Chiklis in un ruolo poco convincente e Finn Wittrock, forse l'unico a emergere da questa quarta stagione con una prova molto convincente.Piccolo spunto negativo è la presenza, in alcuni episodi della serie, del brano "Life On Mars?" di David Bowie cantato da Jessica Lange, che poco ha a che fare con l'ambientazione della Florida anni cinquanta e con un genere musicale che in quel periodo ancora non esisteva.
Consigliato: No, meglio concentrarsi su altre serie televisive.

mercoledì 20 maggio 2015

Backstrom - Stagione Unica


Titolo Originale: Backstrom
Regia: Mark Mylod, Alex Chapple, Randall Zisk, David Boyd, Jeff Woolnough, Sarah Pia Anderson, Jace Alexander, Rob Hardy, Michael Offer, Kevin Hooks, Adam Arkin, Jeffrey Walker
Attori: Rainn Wilson, Genevieve Angelson, Kristoffer Polaha, Page Kennedy, Beatrice Rosen, Thomas Dekker, Dennis Haysbert, Sarah Chalke, Rizwan Manji, Adam Beach, Robert Forster
Genere: Commedia, Drammatico
Paese: USA
Anno: 2015
Durata: 44 Minuti
Numero Di Episodi: 13
Trama: Everett Backstrom(Rainn Wilson), un alcolista e fumatore a costante rischio sospensione per il suo stile di vita non certo salutare, è un tenente a capo di un'unità d'elite della polizia di Portland.Backstrom e la sua squadra sfruttano i propri talenti per risolvere diversi casi ai quali lavorano.
Giudizio finale: "Backstrom" è una serie ideata da Hart Hanson e basata sui libri di Leif G. W. Persson, purtroppo chiusa dopo una sola stagione.Con questa serie tv, ritroviamo a distanza di tre anni, un personaggio molto simile, per personalità,  al Dottor House, ma in un contesto completamente differente.Curiosamente troviamo differenti registi che si alternano alle regia di ogni singolo episodio, con l'unica eccezione di Kevin Hooks, regista di due episodi.Questa grande alternanza alla regia non viene percepita dallo spettatore, poichè lo stile resta molto simile e ogni singolo episodio si lascia guardare e strappa più di una risata.Mattatore indiscusso della serie, con interpretazioni molto buone, Rainn Wilson, che si trova a proprio agio nei panni di Everett Backstrom.Ma Rainn è ben supportato dagli altri protagonisti principali della serie, con i quali ha un buon feeling, nonostante si trattino di attori non molto conosciuti.Come detto in precedenza peccato per la cancellazione della serie, perchè i personaggi risultavano molto simpatici e gradevoli allo spettatore.
Consigliato: Sì, assolutamente da vedere.

martedì 19 maggio 2015

Le Due Vie Del Destino









Titolo Originale: The Railway Man
Regia: Jonathan Teplitzky
Attori: Colin Firth, Nicole Kidman, Stellan Skarsgård, Jeremy Irvine, Tanroh Ishida, Sam Reid, Hiroyuki Sanada
Genere: Biografico, Drammatico
Paese: Australia, Regno Unito, Svizzera
Anno: 2013
Durata: 116 Minuti
Trama: Eric Lomax(Colin Firth), ufficiale britannico catturato dai giapponesi durante la seconda guerra mondiale, è ancora tormentato dai ricordi della guerra anche a distanza di anni.Quando scopre che l'uomo responsabile delle sue sofferenze è ancora vivo, decide di confrontarsi con lui.
Giudizio finale: "Le Due Vie Del Destino", tratto dall'omonima autobiografia di Eric Lomax, è diretto da Jonathan Teplitzky, mentre la sceneggiatura è curata da Frank Cottrell Boyce e Andy Paterson; sceneggiatura molto valida e ben scritta.Per quanto riguarda la regia di Teplitzky, si può dire che il regista australiano è molto bravo a districarsi tra due piani temporali, riuscendo a intervallarli senza creare confusione allo spettatore, ma facendolo appassionare alla storia che vuole raccontare, nonostante il ritmo narrativo sia piuttosto lento.Valori aggiunti del film sono senza alcun dubbio le interpretazioni di Colin Firth e Nicole Kidman, autori di ottime interpretazioni e con un grande affiatamento.Sullo stesso piano interpretativo dei due protagonisti anche Jeremy Irvine, Stellan Skarsgård e Hiroyuki Sanada, veri valori aggiunti per il film che ne aumentano la qualità finale.
Consigliato: Si può vedere.

lunedì 18 maggio 2015

Samba





Dopo il successo planetario di Quasi amici, Eric Toledano e Olivier Nakache si ripresentano al pubblico con Samba e confermano quanto di buono era stato costruito dai due con il film precedente, riuscendo a tirar fuori una commedia brillante e assolutamente incisiva. Merito anche dei due protagonisti principali, Omar Sy e Charlotte Gainsbourg, e dei due protagonisti secondari, Tahar Rahim e Izia Higelin. Sy interpreta Samba Cissé, senegalese (non regolarizzato) che vive in Francia e cerca di "sbarcare il lunario" con lavori saltuari e con il sogno di diventare chef; costretto a dover lasciare la Francia, si rivolge ad un'associazione che si occupa di questioni giuridiche legate all'immigrazione e lì conosce Manu (Higelin) e soprattutto Alice (Gainsbourg), che prende a cuore il suo caso e cerca di fare il possibile per fargli ottenere il permesso di soggiorno. Tra Samba e Alice nasce un'amicizia pronta a scoppiare in amore e ad affrontare le varie vicissitudini che per immigrati come Samba sono all'ordine del giorno.
Samba è un altro clamoroso centro del duo Toledano-Nakache, sia a livello di regia che a livello di sceneggiatura: le inquadrature e i tagli di regia dati alle varie scene sono impeccabili e senza sbavature; la sceneggiatura è di sostanza e mai banale. Il mix delle due cose fa di Samba una delle migliori commedie di questi primi 6 mesi del 2015, ma soprattutto non annoia mai lo spettatore, facendolo riflettere, sempre col sorriso, sulla situazione immigrati in Francia ma anche in tutta Europa.
Omar Sy si conferma a buoni livelli, con un'interpretazione ancora più completa di quella sfoderata in Quasi amici e riuscendo a creare empatia tra lo spettatore ed il personaggio da lui interpretato; Charlotte Gainsbourg lascia sempre senza parole, per la sua bravura nell'entrare così a fondo nei personaggi interpretati e nel riuscire a caratterizzarli con le sue interpretazioni sempre incisive e mai forzate. Buonissimo, come detto all'inizio, anche il supporting cast, soprattutto nelle figure di Tahar Rahim e Izia Higelin. Il feeling creato tra i quattro attori davanti alla macchina da presa consente al film di non mancare mai di ritmo e di riuscire a intrattenere e divertire il pubblico, nonostante, a tratti, la storia raccontata non sia propriamente una barzelletta.
Complimenti a chi ha lavorato a questa pellicola perché Samba è un film sicuramente da vedere e magari anche da far visionare a qualche esponente politico accecato da troppi pregiudizi.


SCENA CULT: i vari brindisi alla festa organizzata dall'associazione

VOTO FINALE: 7

sabato 16 maggio 2015

Noi e la Giulia



Soffia un vento nuovo nella commedia italiana degli ultimi anni: un vento nuovo che ha un nome e un cognome, Edoardo Leo. Dopo aver curato la sceneggiatura di La mossa del pinguino ed essere stato uno dei protagonisti dell'esilarante Smetto quando voglio (per citare gli ultimi suoi due grandi successi), Edoardo Leo si ripiazza in regia (dopo l'esordio in Diciotto anni dopo e il bis di Buongiorno papà) e dirige Noi e la Giulia, film del 2015 scritto insieme a Marco Bonini e tratto dal libro Giulia 1300 e altri miracoli di Fabio Bartolomei.
Lo spunto e la base del film (e del libro) arriva sempre dal panorama lavorativo italiano: restare ancorati ad un lavoro che non ci piace ma che ci garantisce un posto fisso, oppure provare a ripartire da zero e reinventarsi, magari in qualcosa che dia maggiori stimoli?
Questa è la domanda che si pongono Diego, Claudio e Fausto, quando decidono di mettersi in società per aprire un agriturismo in campagna; a loro si uniscono Sergio ed Elisa, ma i problemi da affrontare non sono pochi, a partire dalla camorra.
Se Smetto quando voglio poteva essere identificata come la commedia italiana più brillante del 2014, Noi e la Giulia entra di diritto tra quelle migliori del 2015. Edoardo Leo si conferma ad alti livelli e soprattutto perfetto cantastorie dell'Italia contemporanea. Noi e la Giulia è un film leggero ma allo stesso tempo "impegnato", nonostante sia una commedia e quest'ultimo aspetto sia comunque ben identificabile nei 115 minuti di durata della pellicola. Una comicità che, a differenza di Smetto quando voglio, è meno corale ma basata più sui singoli personaggi, sui tempi comici (perfetti) degli attori, presi singolarmente. E tutto ciò, però, funziona alla grande. Il cast è di alto livello: Luca Argentero, Edoardo Leo, Stefano Fresi, Claudio Amendola, Anna Foglietta e Carlo Buccirosso risultano perfetti nei propri ruoli, con pochissime sbavature e con caratterizzazioni comiche azzeccatissime.
La regia di Leo è asciutta e intraprendente in molti passaggi: stacchi, angolazioni, alternarsi di inquadrature strette e larghe, rallenti, tutto ciò da al film un buonissimo ritmo e trascina lo spettatore all'interno della storia in maniera impeccabile, grazie anche a svolte narrative deliranti (e esilaranti).
Noi e la Giulia è un film spassosissimo, assolutamente da non perdere e che conferma il trend degli ultimi anni: le commedie italiane sono queste, non i cinepanettoni, e sono sottovalutate, nonostante raccontino in maniera impeccabile e col sorriso (come giusto che sia) l'Italia di oggi, l'Italia dei lavoratori.

SCENA CULT: l'inseguimento di Sergio con falce e martello in mano

FRASE CULT: "Siamo la generazione del piano B. Lavorare in questo paese è così deprimente che quando allo schifo per il tuo lavoro si aggiunge quello per la tua città, inizi ad elaborare il tuo piano B: a vent'anni era il chiringuito sulla spiaggia, a quaranta, quasi sempre, è un agriturismo. Forse un giorno ripenserò alla mia vita e ricorderò, ridendo, la volta in cui un uomo steso in una bara mi ha spinto a mettermi in società con un coatto e un depresso, visti una volta sola!"

VOTO FINALE: 7

venerdì 15 maggio 2015

Don't blink






Quindi? E' la domanda che ci si pone alla fine di Don't blink, film del 2014 che vede l'esordio alla regia di un lungometraggio di Travis Oates, attore e doppiatore americano. Un mix tra horror e thriller, Don't blink è ambientato in una baita (apparentemente) abbandonata, dove un gruppo di 10 amici decide di passare un weekend in relax e compagnia; ma le cose, già strane sin dall'inizio, peggiorano quando a poco a poco ognuno dei 10 ragazzi inizia a scomparire senza lasciare traccia.
Nonostante un buon clima di tensione che accompagna il film in alcuni punti, Don't blink è un film difficilmente comprensibile e collocabile: non può essere identificato come horror (il sangue si vede solo in una scena), non può essere identificato come fantascientifico-soprannaturale (non si capisce perché la gente scompaia), non può essere identificato come thriller (c'è tensione ma è scontatissimo in ogni passaggio). La regia di Oates è piatta e poco originale, così come la fotografia, che sembra più uscita da un film a basso costo o tutt'al più da un film per la televisione e non da una pellicola cinematografica. La trama di Don't blink, poi, fa acqua da tutte le parti: porta alla luce molti aspetti e molti misteri (come per esempio la questione climatica) ma poi li mette da parte senza più darne una spiegazione; è incoerente nel 90% delle scene (la gente dovrebbe scomparire quando si distrae, ma non sempre è così); è un susseguirsi di forzature che rendono il tutto ancora più finto di quanto in realtà è già.
Il cast non aiuta di certo: Mena Suvari, Brian Austin Green e il resto del cast sembrano stiano recitando senza voglia, con espressioni totalmente appiattite e con interpretazioni di bassissimo livello.
Senza girarci troppo intorno, Don't blink è un film assolutamente da evitare.


SCENA CULT: la sparizione di Amelia

VOTO FINALE: 4,5

lunedì 11 maggio 2015

Black Sea









Titolo Originale: Black Sea
Regia: Kevin Macdonald
Attori: Jude Law, Karl Davies, Konstantin Khabenskiy, Daniel Ryan, Scoot McNairy, Tobias Menzies, Michael Smiley, David Threlfall, Sergey Kolesnikov, Sergey Puskepalis, Sergey Veksler, Grigoriy Dobrygin, Ben Mendelsohn
Genere: Avventura, Thriller
Paese: Regno Unito, Russia, USA
Anno: 2014
Durata: 114 Minuti
Trama: Robinson(Jude Law), da poco licenziato, cerca di reclutare le persone necessarie per formare l'equipaggio di un sottomarino e cimentarsi nella ricerca di un sottomarino nazista carico d'oro giacente sul fondale del Mar Nero.L'impresa, apparentemente semplice, si rivelerà ricca di imprevisti.
Giudizio finale: "Black Sea" è diretto da Kevin Macdonald, mentre Dennis Kelly cura la sceneggiatura.Per Kelly si tratta dell'esordio cinematografico dopo alcune creazioni televisive e purtroppo il risultato finale non è molto soddisfacente, in quanto la storia è abbastanza prevedibile nello svolgimento e non porta nulla di nuovo.Invece per quanto riguarda Kevin Macdonald possiamo trovare spunti più positivi; infatti il regista scozzese è molto bravo a creare un'atmosfera claustrofobica, che viene percepita in pieno dallo spettatore e, nonostante un ritmo non certo incalzante, riesce a far progredire il film abbastanza fluidamente.Punto di forza del film sarebbe dovuto essere Jude Law, ma l'attore britannico non convince del tutto, poichè ci ha abituato a prove di maggior spessore.Poco convincenti anche gli altri membri del cast, nelle cui fila troviamo, tra gli altri, Ben Mendelsohn, Scoot McNairy e David Threlfall.Potevano essere realizzate meglio le sequenze in cui si vede il sottomarino navigare sott'acqua.
Consigliato: Si vede, però meglio dedicarsi ad altri titoli.

domenica 10 maggio 2015

Humandroid






Già regista e sceneggiatore di District 9 e Elysium, Neill Blomkamp cura la regia e la sceneggiatura anche di Humandroid, film del 2015 con protagonisti Dev Patel, Hugh Jackman e Sigourney Weaver. La storia di Humandroid è ambientata a Johannesburg, Sudafrica, dove le autorità governative, per combattere l'ingente ondata di violenza nelle strade, decidono di ingaggiare dei robot costruiti dalla società Tetravaal e ideati dal giovane ingegnere Deon. Quest'ultimo vorrebbe dotare questi robot di intelligenza artificiale e non trovando appoggio dalla presidente della Tetravaal decide di rubare un robot destinato alla rottamazione. Rapito da una banda di criminali, Deon decide insieme a loro di creare il primo robot dotato di intelligenza artificiale: "nasce" così Chappie.
Sicuramente per Neill Blomkamp è un passo avanti: dopo il poco convincente Elysium, il regista sudafricano ritenta la strada dei robot umanoidi (solamente intravisti nel film precedente) con buoni risultati. La trama è buona, anche se dopo un inizio scoppiettante e molto promettente la storia perde un po' di incisività e la seconda parte di Humandroid (Chappie il titolo originale) perde un po' sotto il profilo del ritmo e di innovazione. Il film resta comunque gradevole e riesce a non far distrarre lo spettatore, sempre attento ai fatti narrati nei 120 minuti di durata.
Come i due precedenti film di Blomkamp, Humandroid si avvale di una fotografia e di effetti speciali spettacolari, come sempre punti di forza delle pellicole del cineasta sudafricano. Ma il vero punto di forza di Humandroid è l'interpretazione di Yolandi Visser e Watkin Tudor Jones, membri del gruppo musicale hip hop sudafricano Die Antwoord, entrambi all'esordio assoluto come attori. La loro interpretazione di Yolandi e Ninja (i loro alter ego anche nella vita di tutti i giorni) è da applausi e sorprendente a tal punto da riuscire ad oscurare quelle dei 3 acclamati attori principali: se la Weaver e Jackman si limitano al compitino e non sfoderano una delle loro migliori interpretazioni, nulla si può dire della prova di Dev Patel, perfettamente a suo agio nei panni del giovane Deon.
Blomkamp in Humandroid si interroga come sempre sulle diversità: se in District 9 la storia era incentrata sul rapporto umani-alieni e in Elysium su quello ricchi-poveri, in quest'ultimo film si parla del rapporto tra gli umani e le macchine, o robot umanoidi, sempre più al centro delle nostre vite e sempre più al centro del dibattito sulla creazione o meno di un'intelligenza artificiale che possa sopperire ad alcune "mancanze" degli uomini.
Humandroid è un buon film, che sorprende (soprattutto alla fine) e riabilita sicuramente Blomkamp, anche se di strada da fare ce n'è parecchia.


SCENA CULT: la "nascita" di Chappie 

FRASE CULT: "Don't let people take away your potential, Chappie"

VOTO FINALE: 6,5

sabato 9 maggio 2015

Transcendence




L'uomo, le macchine, l'intelligenza artificiale. In principio fu Terminator e il suo Skynet, network di difesa del governo degli Stati Uniti in grado di arrivare all'autocoscienza e alla ribellione contro gli umani. Transcendence in fin dei conti ne segue le orme e inaugura una stagione in cui i film che raccontano lo stretto rapporto tra l'uomo e le macchine la faranno da padrone (Humandroid e lo stesso Terminator Genisys le due pellicole di spicco).
Film uscito nelle sale cinematografiche mondiali ad aprile del 2014 e diretto da Wally Pfister (direttore della fotografia della trilogia di Batman targata Nolan ma all'esordio assoluto alla regia), Transcendence vede Johnny Depp nei panni del dottor Will Caster, il più brillante studioso di intelligenza artificiale del mondo. Colpito a morte da alcuni terroristi anti-tecnologici, con l'aiuto della moglie Evelyn e dell'amico Max, decide di caricare la propria coscienza all'interno di un sistema altamente avanzato per tentare di tenere il proprio cervello in vita.
Soggetto e sceneggiatura di Jack Paglen, Transcendence purtroppo non riesce mai a cambiare di ritmo nei suoi 120 minuti di durata, rimanendo piatto e non riuscendo mai a creare empatia con lo spettatore, per niente coinvolto nelle vicende raccontate e mai sorpreso realmente dal dipanarsi della trama, scontata e soprattutto poco innovativa. Pfister ci mette comunque del suo, con uno stile di regia molto scolastico e non riuscendo mai a cambiare marcia e far decollare il film: al momento il suo approccio come regista è rimandato.
Al grigiore generale danno il loro apporto i due attori principali, Johnny Depp e Rebecca Hall: entrambi clamorosamente sottotono e mai convinti nella loro interpretazione dei due coniugi Caster. La scusa di una trama non completamente all'altezza regge poco, da due attori del loro calibro ci si aspetta sempre di più: Johnny Depp perché è Johnny Depp, Rebecca Hall perché sono 10 anni (da The Prestige) che si parla di lei come di una potenziale stella ma in realtà non è mai riuscita a compiere l'ultimo salto di qualità per attestarsi come tale.
Non un film da ricordare Transcendence, in fin dei conti l'universo cinematografico pullula di pellicole che raccontano storie molto simili ma in maniera diversa e soprattutto migliore.


SCENA CULT: il risveglio del dottor Caster

DIALOGO CULT: 
"So you want to create a god? Your own god?"
"That's a very good question. Isn't that what man has always done?"

VOTO FINALE: 5

martedì 5 maggio 2015

The Strain - Stagione 1


Titolo Originale: The Strain
Regia: Guillermo del Toro, David Semel, Keith Gordon, Peter Weller, Charlotte Sieling, Guy Ferland, John Dahl, Deran Sarafian, Phil Abraham
Attori: Corey Stoll, David Bradley, Mia Maestro, Kevin Durand, Jonathan Hyde, Richard Sammel, Jack Kesy, Natalie Brown, Miguel Gomez, Robin Atkin Downes, Sean Astin, Ruta Gedmintas
Genere: Drammatico, Horror, Thriller
Paese: USA
Anno: 2014
Durata: 43 Minuti
Numero Di Episodi: 13
Trama: Aeroporto internazionale di New York, un aereo atterra e resta con il portellone sigillato e senza energia elettrica.L'epidemiologo del CDC, Ephraim Goodweather(Corey Stoll), è mandato sul posto con la sua equipe per indagare sullo strano caso.Quello che tutti non sanno è che quello è solo l'inizio di qualcosa di terribile.
Giudizio finale: "The Strain" è una serie creata da Guillermo del Toro e Chuck Hogan, basata su La Progenie, romanzo degli stessi autori della serie.La prima stagione di The Strain vede avvicendarsi diversi registi al comando e sebbene la visione sia abbastanza fluida, la serie è abbastanza statica.In aggiunta tratta un tema che ormai è stato sfruttato in qualsiasi modo possibile, anche se mostra il contagio del vampirismo in una nuova ottica.Il cast della prima stagione è composto da attori abbastanza conosciuti, ma non da vere e proprie star.Il ruolo principale è per Corey Stoll, che, sebbene faccia del suo meglio, non riesce comunque a fornire un'interpretazione indimenticabile.Mia Maestro, Kevin Durand e David Bradley affiancano Stoll e si attestano sullo stesso piano interpretativo.La serie perde parecchi punti per quanto riguarda gli effetti speciali e il make up utilizzato per la realizzazione dei vampiri, poichè in molti momenti non sembrano realizzati sufficientemente bene.
Consigliato: Non è una serie eccezionale, ma in mancanza di altro si può guardare.

domenica 3 maggio 2015

Into the woods


Appuntamento nel bosco. E' lì che si dipanano tutte le storie, è li che nell'arco di pochi minuti una persona può "cambiare" (concesso, anche se con reticenza, solamente perché è una fiaba), è lì che è ambientato Into the woods, film diretto da Rob Marshall e basato sul musical omonimo di Stephen Sondheim e  James Lapine che debuttò nel 1986 a San Diego e diventò in poco tempo uno dei musical più apprezzati e premiati nel mondo.
Cenerentola, Cappuccetto Rosso, Raperonzolo e Jack e la pianta di fagioli, 4 favole che vengono messe insieme e combinate con la voglia di una strega di spezzare un incantesimo e tornare giovane e bella e il desiderio di una coppia di fornai di avere un figlio.
Into the woods può funzionare come musical, ma la trasposizione cinematografica che ne esce fuori è un susseguirsi di banalità e un insieme di strofe cantate (tutte con la stessa chiave di violino) che generano una confusione iniziale non indifferente: per i primi 20 minuti i personaggi del film non parlano/recitano, si limitano solamente a cantare e anche se poi i "ritornelli" diminuiscono leggermente, dando più spazio ai dialoghi, ci si stanca a sentire sempre la stessa "cantilena".
La fotografia è spettacolare, su questo niente da dire; il problema è che la fotografia è l'unica cosa che si salva, insieme alle interpretazioni di Meryl Streep e Anna Kendrick: la prima incarna perfettamente la strega, con una prova sontuosa a confermare ancora una volta (se mai ce ne fosse stato bisogno) le sue grandi doti poliedriche e carismatiche; la seconda (la Kendrick), probabilmente è la migliore Cenerentola di sempre, favolosa nelle sue espressioni, luminosa e splendente in ogni suo movimento.
La regia di Rob Marshall fa poco, si limita a cavalcare la storia e i personaggi senza dar loro un'impronta personale: è buona per un musical, ma per un film musicale pecca in molti passaggi.
Into the woods si divide in due parti: la prima parte è l'intreccio delle varie storie, ben calibrato e perfettamente coerente, se non fosse per il fastidio che a volte si prova a dover risentire sempre lo stesso ritornello a far da sottofondo ai vari dialoghi cantati; la seconda parte, estranea alle storie delle favole, è completamente toppata, dilungata troppo e noiosa, con passaggi troppo lenti che sembrano inseriti apposta per allungare il brodo e che risultano in realtà incomprensibili (ai fini della storia) e caricaturali.
Peccato, perché poteva uscirne un bel lavoro: invece sono solamente 125 minuti buttati.

FRASE CULT: Il principe: "I was raised to be charming, not sincere."

VOTO FINALE: 5