Alejandro Gonzalez Inarritu è bravo. E Birdman, con i suoi Oscar vinti lo scorso anno, sta lì a certificarlo. Questo però non significa che bisogna poi esagerare ed ostentare apertamente la propria bravura. Revenant - Redivivo è soprattutto questo: un insieme di tecnicismi e stili registici portati quasi al limite dell'esasperazione, dove la trama, tratta dal romanzo omonimo di Michael Punke, perde molto del suo impatto emotivo originale e passa quasi in secondo piano vista la bellezza dei paesaggi, la bravura del regista, le grandi prove degli attori protagonisti, prove più di resistenza e sopravvivenza che attoriali. Perché in fondo, comunque, Revenant resta un bel film, anche se eccessivo.
Hugh Glass è stato un cacciatore di pelli vissuto nelle zone nord degli Stati Uniti a cavallo tra il diciassettesimo ed il diciottesimo secolo: Revenant racconta di come Glass, dopo un brutto scontro con un grizzly che lo riduce in fin di vita, venga tradito orribilmente da uno dei due uomini che si erano offerti di restare ad accudirlo per dargli, infine, una degna sepoltura. Il desiderio di vendetta lo porterà a lottare con la morte e a mettersi a caccia dell'uomo che lo ha tradito.
Girato principalmente nella Columbia Britannica, a Calgary e nella Terra del Fuoco in Argentina, Revenant si avvale del migliore, al momento, direttore della fotografia di Hollywood, Emmanuel Lubezki, anche qui assolutamente strepitoso nel riuscire a rappresentare nel migliore dei modi i paesaggi del Nord Dakota: il film è stato girato interamente con luce naturale e ciò da ancora più risalto alla qualità del lavoro svolto da Lubezki. Anche perché la trama lo mette all'angolo: i dialoghi sono pochi e quindi il lato emozionale di un buon 80% del film è tutto sulle spalle della resa scenica dei paesaggi sconfinati e "immacolati" dei luoghi in cui sono avvenute le riprese; e se Revenant, nonostante i suoi 156 minuti di durata, riesce a non far distogliere lo sguardo dallo schermo allo spettatore il merito è anche e sopratutto di Lubezki.
Che poi, come detto, Inarritu è un grande regista, questo è abbastanza ovvio: stilisticamente parlando il film non fa una piega, con alcune sequenze girate in maniera ottimale.
La trama, invece, qualche difetto ce l'ha: ok è un film, ma è mai possibile che succedano tutte a Glass? E nonostante questa, vogliamo chiamarla, malasorte, riesce comunque sempre a salvarsi? La storia, onestamente, oltre ad essere un po' povera (e molto diversa dal libro), a tratti risulta surreale e questa odissea infinita del trapper rallenta il film.
Trapper che ha volto, anima e fatica, è il caso di dirlo, di Leonardo Di Caprio: che probabilmente vincerà l'Oscar (finalmente?), nonostante quella in Revenant non sia stata la sua migliore prova attoriale e di interpretazione degli ultimi anni; l'Oscar lo ha sempre meritato in passato (senza riceverlo) e onestamente quella nel film di Inarritu è stata più una prova di sopravvivenza che di interpretazione. Ma all'Academy queste cose piacciono, quindi Di Caprio potrebbe finalmente alzare la statuetta (anche se Michael Fassbender in Steve Jobs lo insidia parecchio).
Da segnalare invece la grande prova di Tom Hardy: la sua interpretazione dell'antagonista di Glass, John Fitzgerald, è assolutamente di alto livello (soprattutto nella versione originale).
Resta il fatto che Revenant sia un film da vedere, ma Inarritu deve fare attenzione: a volte esagerare per cercare di dare vita ad un capolavoro può rivelarsi un boomerang. E Revenant non è assolutamente il film dell'anno.
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VOTO FINALE: 7-
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