lunedì 29 febbraio 2016
Oscar 2016: i risultati
Non poteva che esserci lui in copertina: dopo 4 nomination e 22 anni di interpretazioni sopra la media senza riuscire ad alzare al cielo la sospirata statuetta, la quinta nomination ha fruttato a Leonardo DiCaprio l'Oscar come miglior attore protagonista. Era nell'aria. Complimenti Leo! Anche se, come detto nel post delle previsioni e nella recensione di Revenant, lo avrebbe meritato di più negli anni passati. Ma alla fine un Oscar è sempre un Oscar, quindi va bene lo stesso.
Passiamo ai commenti sui premi:
nel post di ieri ci eravamo soffermati sulle 7 categorie più importanti, quindi commenteremo principalmente quelle categorie. Che in realtà sono 6, considerando che l'Oscar come miglior film d'animazione a Inside Out era la cosa più scontata di questa 88esima cerimonia.
Partiamo da una felicità personale: l'Oscar come miglior film per Il caso Spotlight, meritatamente votato come miglior film dell'anno; onestamente pensavo che alla fine a spuntarla, come detto, sarebbe stato La grande scommessa, probabilmente leggermente penalizzato dal suo essere un po' più commedia del film di denuncia diretto da Tom McCarthy.
L'Oscar come miglior regia ad Alejandro Inarritu non è una sorpresa, ma personalmente penso sia l'unica nota leggermente stonata della serata: Inarritu è molto bravo, ma con Revenant è stato un po', passatemi il termine, "paraculo", sapendo bene che imbottire un buon film di tecnicismi gli avrebbe spalancato le porte per il secondo Oscar consecutivo. Peccato per George Miller, che alla soglia dei 71 anni meritava un riconoscimento personale: il suo Mad Max: Fury road ha comunque fatto incetta di premi (come poi vedremo), ma l'Oscar come miglior regia sarebbe stata la ciliegina sulla torta.
Insieme a Leonardo DiCaprio, di cui abbiamo ampiamente parlato in apertura, gli altri attori ed attrici premiati sono stati: Brie Larson, strameritato, miglior attrice protagonista; Mark Rylance miglior attore non protagonista; Alicia Vikander, sorprendentemente, miglior attrice non protagonista.
Brie Larson premiata come miglior attrice protagonista è il giusto riconoscimento ad una giovane attrice che si sta facendo strada nel panorama hollywoodiano e che in Room ha dato prova di saper reggere benissimo il confronto con un personaggio dalle varie sfaccettature e alle prese con una storia "complicata".
Per l'Oscar al miglior attore non protagonista si sperava nell'apoteosi Sylvester Stallone: probabilmente Sly paga quell'Oscar vinto 40 anni or sono per l'interpretazione del primo Rocky. Detto ciò, però, Mark Rylance è stato perfetto in Il ponte delle spie e l'Oscar è meritatissimo.
Arriviamo infine all'Oscar come miglior attrice non protagonista: avevo previsto un futuro roseo per Alicia Vikander, l'Academy invece l'ha premiata subito. Speriamo che per lei sia un punto di partenza, considerando la qualità delle sue interpretazioni degli ultimi 2 anni (sempre in crescendo).
Piccola nota: complimenti a Morricone!
Ecco di seguito tutti i premi:
Miglior regia
Alejandro Gonzales Inarritu - Revenant
Miglior attore protagonista
Leonardo DiCaprio - Revenant
Miglior attrice protagonista
Brie Larson - Room
Miglior attore non protagonista
Mark Rylance - Il ponte delle spie
Miglior attrice non protagonista
Alicia Vikander - The Danish Girl
Miglior sceneggiatura originale
Spotlight
Miglior sceneggiatura non originale
La grande scommessa
Miglior film straniero
Il figlio di Saul (Ungheria)
Miglior film d'animazione
Inside Out
Miglior montaggio
Mad Max Fury Road
Miglior scenografia
Mad Max: Fury Road
Miglior fotografia
Revenant
Migliori costumi
Mad Max Fury Road
Miglior trucco e acconciature
Mad Max: Fury Road
Migliori effetti speciali
Ex Machina
Miglior sonoro
Mad Max: Fury Road
Miglior montaggio sonoro
Mad Max: Fury Road
Miglior colonna sonora originale
The Hateful Eight
Miglior canzone
Writing's On the Wall - Spectre
Miglior documentario
Amy
Miglior corto documentario
A Girl in the River: The Price of Forgiveness
Miglior cortometraggio
Stutterer
Miglior cortometraggio d'animazione
Bear Story
domenica 28 febbraio 2016
Oscar 2016: le previsioni
La notte degli Oscar è finalmente arrivata. L'88esima edizione della cerimonia degli Oscar prenderà il via stasera (questa notte in Italia) dal Dolby Theatre, dal 2002 sede della prestigiosa manifestazione.
Quello che vuole fare questo post è un commento e una previsione, personale, su ciò che potrà accadere questa sera a Hollywood, considerando principalmente le 7 categorie più importanti.
Iniziamo, precisando che il "Voto academy" è la previsione, mentre il "Voto L'acchiappafilm" è il parere personale.
Nomination come MIGLIOR FILM D'ANIMAZIONE:
Anomalisa
Boy and the World
Inside Out
Shaun - Vita da pecora
Quando c'era Marnie
In teoria questo Oscar è assegnato da tempo ed è abbastanza scontato: dalla sua uscita nei cinema mondiali Inside Out aveva già prenotato la statuetta come miglior film d'animazione dell'anno e la recente risalita di Anomalisa non ha intaccato minimamente le possibilità di vittoria da parte del film targato Pixar.
Voto academy: Inside Out
Voto "L'acchiappafilm": Inside Out
Nomination come MIGLIOR FILM:
La grande scommessa
Il ponte delle spie
Brooklyn
Mad Max: Fury Road
Sopravvissuto - The Martian
Revenant
Room
Il caso Spotlight
Qui in realtà siamo davanti ad una scelta molto ardua. The Martian e Mad Max: Fury road, nonostante siano stati acclamati da pubblico e critica, hanno possibilità pari a zero di vincere la statuetta. Brooklyn, ancora inedito in Italia, onestamente non ha niente che possa contraddistinguerlo e possa fargli sbaragliare una concorrenza quest'anno molto agguerrita, tanto che personalmente non penso debba essere messo al livello degli altri. Il ponte delle spie e Room (uscirà, così come la sua recensione, il prossimo weekend) sono dei gran bei film, ma quasi sicuramente a giocarsi l'Oscar come miglior film saranno La grande scommessa, Il caso Spotlight e Revenant. Come già spiegato nella recensione dedicata, non sarebbe giusto far vincere l'Oscar a Revenant, troppo "esagerato" e poco accattivante. Con ogni probabilità l'Oscar come miglior film andrà a La grande scommessa, ma il nostro voto non può che andare a Il caso Spotlight, decisamente il miglior film visto quest'anno.
Voto academy: La grande scommessa
Voto "L'acchiappafilm": Il caso Spotlight
Nomination come MIGLIOR REGIA:
Adam McKay - La grande scommessa
George Miller - Mad Max: Fury Road
Alejandro Gonzales Inarritu - Revenant
Lenny Abrahamson - Room
Tom McCarthy - Il caso Spotlight
George Miller o Alejandro Gonzales Inarritu: questi sono i rumors degli ultimi giorni per quanto riguarda l'Oscar al miglior regista dell'anno. Tra i due, Miller lo merita di più e considerando che sono quasi settant'anni che un regista non fa il back-to-back (vincere per due anni di fila), è difficile pensare che Inarritu riesca a bissare il successo dello scorso anno con Birdman. Adam McKay e Tom McCarthy hanno dimostrato grande talento ma avevano tra le mani due storie e due gruppi di attori totalmente affidabili. La sorpresa è Lenny Abrahamson, strepitoso regista di Room.
Voto academy: George Miller
Voto "L'acchiappafilm": Lenny Abrahamson
Nomination come MIGLIOR ATTORE PROTAGONISTA:
Bryan Cranston - Trumbo
Matt Damon - The Martian
Leonardo DiCaprio - Revenant
Michael Fassbender - Steve Jobs
Eddie Redmayne - The Danish Girl
C'è una domanda che aleggia ormai da 2-3 mesi intorno a questa categoria: riuscirà finalmente Leonardo DiCaprio a vincere questo benedetto (o maledetto per lui) Oscar? La risposta è si, l'Oscar come miglior attore protagonista lo vincerà lui, nonostante quella in Revenant non sia stata la sua migliore interpretazione. Gli altri quattro candidati dovranno arrendersi alle circostanze, nonostante stiamo parlando, per tutti, di interpretazioni di assoluto livello: Matt Damon strepitoso protagonista (in solitaria) di The Martian, Michael Fassbender molto incisivo e realistico in Steve Jobs, Eddie Redmayne una certezza assoluta nel panorama hollywoodiano e alle prese con un personaggio complicatissimo in The Danish Girl. Ma il migliore quest'anno, personalmente, è stato Bryan Cranston, per la sua interpretazione di Dalton Trumbo.
Voto academy: Leonardo DiCaprio
Voto "L'acchiappafilm": Bryan Cranston
Nomination come MIGLIOR ATTRICE PROTAGONISTA:
Cate Blanchett - Carol
Brie Larson - Room
Jennifer Lawrence - Joy
Charlotte Rampling - 45 anni
Saoirse Ronan - Brooklyn
Brie Larson, senza alcun dubbio. Fino a 3 giorni fa avrei detto Saoirse Ronan, ma dopo aver visto l'interpretazione della Larson in Room non si può che votare lei. Charlotte Rampling ha vinto l'Orso d'argento al festival di Berlino per la sua prova in 45 anni ma ha zero possibilità di bissare vincendo l'Oscar perché il film è più per un pubblico europeo che per un pubblico americano e l'Academy non dovrebbe prenderla in considerazione. Soprattutto perché l'outsider, vista la storia, è Jennifer Lawrence, grazie alla sua buonissima interpretazione di Joy Mangano. Un'altra che invece ha pochissime possibilità di vincere è Cate Blanchett: la sua prova in Carol le ha giustamente garantito la nomination, ma le prime due attrici sovracitate sono state superiori.
Voto academy: Brie Larson
Voto "L'acchiappafilm": Brie Larson
Nomination come MIGLIOR ATTORE NON PROTAGONISTA:
Christian Bale - La grande scommessa
Tom Hardy - Revenant
Mark Rylance - Il ponte delle spie
Mark Ruffalo - Il caso Spotlight
Sylvester Stallone - Creed
Anche qui siamo davanti ad una sfida ostica: tutti e cinque, chi per un motivo chi per un altro, la meriterebbero. Il Golden Globe nella stessa categoria l'ha vinto Sylvester Stallone: Creed non solo ha segnato la rinascita di un franchise (quello di Rocky), ma ha rilanciato alla grande Stallone, il nostro favorito sia per merito che per affetto. Ripeto, la scelta dell'Academy sarà molto ardua, ma cadrà su uno dei due Mark.
Voto academy: Mark Rylance
Voto "L'acchiappafilm": Sylvester Stallone
Nomination come MIGLIOR ATTRICE NON PROTAGONISTA:
Jennifer Jason Leigh - The Hateful Eight
Rooney Mara - Carol
Rachel McAdams - Il caso Spotlight
Alicia Vikander - The Danish Girl
Kate Winslet - Steve Jobs
La sfida è a due anche qui: Rooney Mara, spalla perfetta di Cate Blanchett in Carol, e Rachel McAdams, molto brava sia per l'impegno sia per la caratterizzazione della giornalista Sacha Pfeiffer ne Il caso Spotlight. Un po' più indietro la comunque sempre brava Kate Winslet e Alicia Vikander, che sta crescendo in maniera esponenziale e avrà tempo per togliersi ulteriori soddisfazioni. Personalmente, però, il voto va a Jennifer Jason Leigh, unica presenza femminile di The Hateful Eight, ultima fatica di Quentin Tarantino: Jennifer è una spanna sopra a tutti (nel film) e a tutte le altre candidate.
Voto academy: Rooney Mara
Voto "L'acchiappafilm": Jennifer Jason Leigh
Non resta che sintonizzarsi questa notte (o leggere i maggiori quotidiani online domani mattina) e vedere il grande spettacolo degli Oscar. Noi ci risentiamo domani con un ulteriore post di commento post-cerimonia...e per vedere se qualche previsione è stata azzeccata.
sabato 27 febbraio 2016
Arrow - Stagione 2
Titolo Originale: Arrow
Regia: John Behring, Nick Copus, Glen Winter, Eagle Egilsson, Wendey Stanzler, Guy Norman Bee, Bethany Rooney, Michael Schultz, Rob Hardy, Larry Teng, Jesse Warn, Douglas Aarniokoski
Attori: Stephen Amell, Katie Cassidy, David Ramsey, Willa Holland, Paul Blackthorne, Emily Bett Rickards, John Barrowman, Colton Haynes, Susanna Thompson, Manu Bennett, Caity Lotz, Celina Jade, Audrey Marie Anderson, Cynthia Addai-Robinson, Katrina Law, Kevin Alejandro, Dylan Neal, Summer Glau
Genere: Avventura, Azione, Drammatico
Paese: USA
Anno: 2013-2014
Durata: 40 Minuti
Numero Di Episodi: 23
Trama: Oliver Queen(Stephen Amell) dovrà combattere contro un nuovo nemico, che sembra conoscerlo molto bene e che farà di tutto per raggiungere il suo obiettivo, distruggere Arrow.
Giudizio finale: Dopo il buon esordio con la stagione 1, Arrow ritorna con una nuova stagione, sempre curata dagli stessi ideatori che hanno reso possibile l'approdo in televisione dell'eroe dell'universo della DC Comics.Anche in questa occasione, nonostante svariati cambi alla regia nel corso delle varie puntate, lo stile resta abbastanza omogeneo e riesce a coinvolgere e ad appassionare lo spettatore alla serie, fino alle ultime elettrizzanti puntate che concludono la seconda stagione con il botto.Purtroppo, ancora una volta delude il cast, con Stephen Amell che resta monoespressivo per l'intera stagione ed è mal supportato dalle solite prove opache di Willa Holland, Katie Cassidy e Susanna Thompson.Fortunatamente risollevano un po' il valore della serie David Ramsey e Emily Bett Rickards, nuovamente ottimi nel supporto a Stephen Amell e autori di una buona caratterizzazione dei rispettivi personaggi.Sicuramente fa una buona entrata in scena Manu Bennett, con un ruolo più corposo e una interpretazione di buon livello.Piccola pecca negli effetti visivi, poco realistici e realizzati grossolanamente nelle occasioni in cui vengono utilizzati.
Consigliato: Si può vedere.
venerdì 26 febbraio 2016
Agent Carter - Stagione 1
Titolo Originale: Agent Carter
Regia: Louis D'Esposito, Joe Russo, Scott Winant, Stephen Cragg, Peter Leto, Stephen Williams, Vincent Misiano, Christopher Misiano
Attori: Hayley Atwell, James D'Arcy, Enver Gjokaj, Chad Michael Murray, Shea Whigham, Dominic Cooper
Genere: Avventura, Azione
Paese: USA
Anno: 2015
Durata: 40 Minuti
Numero Di Episodi: 8
Trama: Per riabilitare il nome di Howard Stark(Dominic Cooper), incastrato per la vendita di armi, il suo fidato maggiordomo Jarvis(James D'Arcy) e l'agente Peggy Carter(Hayley Atwell) lavoreranno in segreto per trovare i responsabili.
Giudizio finale: "Agent Carter - Stagione 1" è una serie ideata da Christopher Markus e Stephen McFeely ed è ambientata nell'universo Marvel dopo i fatti avvenuti in "Captain America - Il Primo Vendicatore".La serie vede un regista differente per ogni singola puntata, ma mantiene uno stile omogeneo e un ritmo costante in ogni singola puntata, coinvolgendo e intrattenendo lo spettatore, che attende le singole puntate in modo ottimale per vedere cosa può succedere ai personaggi della storia.Hayley Atwell, protagonista della serie, fornisce una buona interpretazione del personaggio di Peggy Carter, dandole una buona caratterizzazione nel corso della stagione ed è ben supportata da James D'Arcy, ottimo come spalla e con il quale ha un buon feeling in scena.Inoltre forniscono buone interpretazioni anche Enver Gjokaj e Chad Michael Murray, positivi nei ruoli da non protagonisti all'interno della serie e capaci di avere una buona intesa con Hayley Atwell.Unica nota stonata sono gli effetti visivi, che forse potevano essere realizzati in maniera più ottimale e realistica.
Consigliato: Sì, da vedere.
lunedì 22 febbraio 2016
PPZ - Pride + Prejudice + Zombies
Ancora zombies. Esatto. Il classico Orgoglio e pregiudizio di Jane Austen rivisitato in chiave zombie dallo scrittore statunitense Seth Grahame-Smith (romanzo uscito nel 2009) arriva al cinema qualche anno dopo La leggenda del cacciatore di vampiri, altro film tratto da un romanzo di Grahame-Smith in cui si rivisitava in chiave horror-fantasy un periodo e un personaggio storico del passato (Abraham Lincoln dava la caccia ai vampiri). Da un'idea in realtà molto accattivante, e molto ben rappresentata nel libro, non è purtroppo uscito un film altrettanto interessante, ancorato un po' troppo al romanzo originale di Jane Austen e senza un vera anima.
La rivisitazione in chiave horror di Orgoglio e pregiudizio segue le linea guida del romanzo principale aggiungendo nel contesto storico un'ipotetica guerra contro gli zombies, sempre più numerosi e determinati ad avere la meglio sulla razza umana.
Burr Steers: è lui l'indiziato principale per il mezzo fallimento di PPZ, visto il suo doppio ruolo di regista e sceneggiatore. La trama del film è troppo ancorata al romanzo di Jane Austen e da poco risalto a tutto il lato ironico e horror del libro di Grahame-Smith, risultando quindi una brutta copia di Orgoglio e pregiudizio, diretto da Joe Wright e datato 2005. A questo punto, non mettendo molto in risalto tutta la questione zombies, PPZ resta assolutamente indecifrabile: qual è stato il senso di questa operazione? In più, a contribuire alla mancata riuscita del film, c'è da aggiungere la quasi totale assenza di scene di combattimento con gli zombies, pane quotidiano per qualsiasi pellicola che abbia come argomento principale l'invasione dei morti viventi: in PPZ gli zombies sono quasi relegati in secondo piano, mai realmente protagonisti della storia. Storia che a tratti è anche indecifrabile e un po' confusionaria, con alcuni salti temporali poco giustificati e soprattutto mai richiamati.
Come regista Steers asseconda la sceneggiatura da lui scritta, senza infamia e senza lode, affidandosi totalmente ad un cast di assoluto livello, con Lena Headey e Matt Smith di una spanna superiori a tutti gli altri, anche se "confinati" in ruoli secondari; molto bravi, nei panni dei due protagonisti, anche Lily James e Sam Riley, perfetti nei taglienti scambi di battute tra Elizabeth Bennet e Mr. Darcy.
PPZ resta purtroppo un film incompiuto e con poca utilità: troppo debole per un pubblico amante di film horror (o sui morti viventi), troppo "strano" per un pubblico amante del classico di Jane Austen.
FRASE CULT: "To succeed in polite society, a young woman must be many things. Kind, well-read and accomplished. But to survive in the world as we know it, you'll need...other qualities."
VOTO FINALE: 5
sabato 20 febbraio 2016
Il caso Spotlight
Nel 1970 il Boston Globe, quotidiano edito a Boston, decise di creare un team di giornalisti che si occupasse principalmente di giornalismo d'inchiesta. Quell'esperimento che in realtà non sarebbe dovuto durare più di un anno, riscosse enorme successo, grazie al lavoro dei giornalisti che di anno in anno entrarono a far parte del team e contribuirono a dare vita ad inchieste sempre molto incisive e di notevole impatto. L'inchiesta più importante e di impatto mondiale fu quella che il team Spotlight condusse a cavallo tra il 2001 e l'inizio del 2002: gli abusi su minori da parte di alcuni importanti esponenti della diocesi cattolica di Boston. Quella che inizialmente doveva essere un'inchiesta su un prete pedofilo di Boston divenne qualcosa di molto più grande e scoperchiò un vaso di Pandora tenuto fino a quel momento ben chiuso dalle più alte cariche della Chiesa Cattolica, con l'aiuto delle istituzioni cittadine. L'inchiesta condotta dai giornalisti dello Spotlight ebbe un'eco mondiale e diede il via ad un giro di vite all'interno della struttura ecclesiastica mai visto prima, arrivando alla condanna recente di Papa Francesco sul tema della piaga della pedofilia nel clero e dei vergognosi insabbiamenti di chi sapeva.
Il caso Spotlight, distribuito nelle sale cinematografiche statunitensi lo scorso novembre e qui in Italia il 18 febbraio, racconta le vicende dei 4 giornalisti del team Spotlight che iniziando a lavorare al caso di un prete pedofilo di Boston, scoprirono un giro di reticenza e omertà che coinvolgeva un largo numero di ecclesiastici.
Onestamente siamo di fronte al miglior film tra quelli in nomination all'Oscar, un gradino più in alto di quello che fino a questo momento era il favorito, La grande scommessa. Il caso Spotlight ha sbaragliato la concorrenza e si spera che anche quelli dell'Academy se ne accorgano nel momento di votare il "film dell'anno".
Gli appunti da fare al regista e sceneggiatore Tom McCarthy sono pressoché nulli: partendo da una storia molto incisiva, McCarthy è riuscito a dare il giusto taglio alla storia, riuscendo ad astenersi dal voler a tutti i costi tratteggiare i protagonisti della vicenda come degli eroi, dando loro i giusti, e veritieri, difetti. Ed è proprio questo riuscire a distaccarsi in parte da una vicenda che ha fatto la storia del giornalismo che rende il lavoro di McCarthy eccezionale. Il caso Spotlight ha ritmo e scorre in maniera ottimale, ha un'efficacia drammatica notevole e pervade di emozioni uno spettatore completamente catturato dalle vicende che vede sul grande schermo, tanto da sentirsi anch'esso parte del gruppo investigativo.
La regia di McCarthy e la fotografia curata da Masanobu Takayanagi sono totalmente centrate e vivono anche della luce riflessa data dalle interpretazioni di un cast all'altezza della situazione: Michael Keaton, Rachel McAdams (candidata all’Oscar come migliore attrice non protagonista), Lev Schreiber, Stanley Tucci e soprattutto un grandissimo Mark Ruffalo (candidato anch'egli come migliore attore non protagonista), contribuiscono ad alzare il livello della pellicola.
Il caso Spotlight è sicuramente un film coraggioso che compie a pieno il suo dovere, resta sempre sul pezzo (un po' come i giornalisti della vicenda) ed è un "affresco" da mostrare in tutte le scuole di giornalismo e di sceneggiatura: è così che si svolge un'inchiesta giornalistica ed è così che la stessa deve venire rappresentata sul grande schermo.
FRASE CULT: "They say it's just physical abuse but it's more than that, this was spiritual abuse. You know why I went along with everything? Because priests, are supposed to be the good guys."
VOTO FINALE: 7,5
venerdì 19 febbraio 2016
Deadpool
Titolo Originale: Deadpool
Regia: Tim Miller
Attori: Ryan Reynolds, Ed Skrein, Brianna Hildebrand, T.J. Miller, Morena Baccarin, Jed Rees, Gina Carano, Stan Lee
Genere: Avventura, Azione, Commedia
Paese: Canada, USA
Anno: 2016
Durata: 108 Minuti
Trama: Wade Wilson(Ryan Reynolds), un ex agente delle forze speciali diventato mercenario, per guarire dal cancro si sottopone ad un terribile trattamento che lo sfigura, ma che gli conferisce incredibili poteri.Ora, sotto il nome di Deadpool, è alla ricerca dell'uomo che lo ha trasformato.
Giudizio finale: "Deadpool", film basato sull'omonimo personaggio della Marvel, è diretto da Tim Miller e scritto da Rhett Reese e Paul Wernick.Partiamo dal presupposto che la storia proposta dalla coppia di sceneggiatori non brilla per originalità, ma non è la storia che fa la fortuna della pellicola, bensì il suo personaggio principale, cioè il mercenario chiacchierone, che con la sua parlantina è il vero cuore del film.Tim Miller, all'esordio come regista di un lungometraggio, se la cava egregiamente, riuscendo a districarsi nelle due linee temporali che si intrecciano nella pellicola, dando un buon ritmo al film e ad appassionare lo spettatore.La gran trovata di Deadpool è quella di raccontare le origini del personaggio esclusivamente attraverso flashback inseriti all'interno della storia principale.Ryan Reynolds è il protagonista della pellicola e fornisce una buona interpretazione, riuscendo a dare una caratterizzazione perfetta del personaggio, anche grazie a dialoghi strepitosi, che elevano il giudizio finale sul film.L'attore canadese è ben supportato da Morena Baccarin e T.J. Miller, autori di prove di sostanza e ben integrate con il protagonista della storia.Delude un po' il villain del film, interpretato da Ed Skrein, non all'altezza del ruolo.Inoltre il doppiaggio del villain e di Colosso sembra troppo forzato e stona con la riuscita del film.Gli effetti visivi sono di grande impatto e realizzati in modo perfetto, contribuendo ad una messa in scena spettacolare, il tutto supportato da una colonna sonora perfetta in ogni sua scelta.Inoltre il film è ricco di citazioni più o meno nascoste tutte da scoprire.
Consigliato: Sì, assolutamente da vedere.
martedì 16 febbraio 2016
Tracers
Titolo Originale: Tracers
Regia: Daniel Benmayor
Attori: Taylor Lautner, Marie Avgeropoulos, Adam Rayner, Rafi Gavron, Luciano Acuna Jr., Josh Yadon, Johnny M. Wu, Amirah Vann, Sam Medina
Genere: Azione
Paese: USA
Anno: 2015
Durata: 94 Minuti
Trama: Cam(Taylor Lautner), indebitato con la mafia cinese, dopo l'incontro fortuito con una misteriosa ragazza, per trovare il denaro per saldare il suo debito entra a far parte della sua banda, che utilizza il parkour per commettere i crimini.
Giudizio finale: "Tracers" è diretto da Daniel Benmayor, mentre la sceneggiatura è di Matt Johnson, T.J. Scott e Kevin Lund.La storia proposta dal trio di sceneggiatori è molto banale, scontata nel suo svolgimento e nell'esito finale; inoltre la storia di fondo è qualcosa che è stato proposto un'infinità di volte al cinema e non aggiunge nulla di nuovo al genere.La regia di Daniel Benmayor è abbastanza piatta e il regista non riesce a dare il giusto ritmo alla pellicola, che risulta abbastanza noiosa, tolti i momenti in cui si mette in opera il parkour e che risultano i momenti migliori del film.Taylor Lautner è il protagonista del film, ma non riesce a dare vita ad un personaggio di grande spessore; inoltre non riesce a creare un buon feeling con il resto del cast e in questo modo le interazioni tra i personaggi risultano troppo fredde.Marie Avgeropoulos, coprotagonista del film, si attesta sugli stessi livelli del suo collega maschile, con una prova sicuramente rivedibile e poco sentita.Non brillano neanche gli attori non protagonisti, con Adam Rayner, Rafi Gavron e Johnny M. Wu, autori di interpretazioni mediocri, in linea con il risultato finale del film.
Consigliato: No, da non vedere.
lunedì 15 febbraio 2016
Motel
Titolo Originale: The Bag Man
Regia: David Grovic
Attori: John Cusack, Rebecca Da Costa, Robert De Niro, Crispin Glover, Dominic Purcell, Martin Klebba, Sticky Fingaz
Genere: Thriller
Paese: Bahamas, USA
Anno: 2014
Durata: 108 Minuti
Trama: Jack(John Cusack) si ferma in un motel per aspettare l'arrivo del suo boss e consegnargli una misteriosa borsa.Peccato che ci siano anche altre persone interessate all'oggetto.
Giudizio finale: "Motel" si basa sul soggetto di James Russo ed è diretto da David Grovic, autore anche della sceneggiatura insieme a Paul Conway.Per David Grovic si tratta dell'esordio assoluto in entrambi i settori, mentre per Paul Conway si tratta della seconda opera.Purtroppo il risultato finale è poco soddisfacente, a partire da una storia piatta e poco coinvolgente per lo spettatore, che non aspetta altro che arrivare il prima possibile alla fine del film.Anche la regia è rivedibile, in quanto David Grovic non riesce a creare la giusta tensione che ci si aspetterebbe in un thriller e non riesce a dare neanche un buon ritmo alla storia, che resta sempre lineare e senza un deciso cambio di ritmo.Non si salvano neanche i protagonisti della pellicola, John Cusack e Rebecca Da Costa, che non riescono a dare un'interpretazione convincente dei propri personaggi e che non riescono a creare il giusto feeling in scena, non riuscendo a sorreggere il peso della pellicola con i propri ruoli.Non convince neanche Robert De Niro, autore di un'interpretazione troppo forzata e poco credibile.
Consigliato: No, da evitare.
domenica 14 febbraio 2016
The end of the tour - Un viaggio con David Foster Wallace
La sera del 12 settembre del 2008 Karen Green trovò suo marito impiccato nel patio di casa a Claremont. Quell'uomo, morto suicida, era David Foster Wallace, uno degli scrittori più apprezzati della sua epoca, definito "la mente migliore della sua generazione" e uno dei rappresentanti della corrente letteraria Avantpop. Arrivato alla ribalta internazionale nel 1996 grazie al suo romanzo Infinite Jest, David Foster Wallace venne avvicinato, alla fine del tour promozionale del libro, dal giornalista della rivista Rolling Stone David Lipsky: i due passarono 5 giorni insieme (gli ultimi del tour di Wallace), a parlare, a conoscersi e a conoscere se stessi nel riflesso dell'altro.
David Lipsky non pubblicherà mai su Rolling Stone la lunga intervista a David Foster Wallace, ma decise di trascrivere nel 2010 il racconto di quei 5 giorni passati insieme a quel suo coetaneo così tanto diverso ma così tremendamente simile a lui, dando vita al libro "Come diventare se stessi. David Foster Wallace si racconta." Da questo libro è tratto The end of the tour, film del 2015 presentato in anteprima al Sundance Film Festival dello scorso anno e inserito nella Selezione Ufficiale alla Festa del Cinema di Roma.
Poggiato interamente sulla bravura di Jason Segel e Jesse Eisenberg, The end of the tour riesce ad essere un perfetto ritratto dei due scrittori, delle loro paure, dei loro pregi e dei loro difetti: l'inizio di quella che sembrerebbe una bellissima amicizia ma che in realtà non andò oltre quei cinque giorni di marzo del 1996. Lipsky e Foster Wallace non si rividero mai più, ma i dialoghi e le perle che lasciarono al mondo in quell'ultima tappa del tour promozionale dello scrittore restano un segno indelebile nella storia della letteratura statunitense e non.
Ed è proprio quest'ultimo aspetto che sorprende di più del film: il fatto che quei dialoghi così brillanti e così intelligenti non siano frutto di realtà scritte a tavolino, ma siano invece le reali parole che i due ragazzi poco più che trentenni si scambiarono all'epoca dei fatti. Il tutto registrato da Lipsky, nelle vesti dell'intervistatore e in alcuni momenti anche dell'intervistato.
Un film basato interamente sui dialoghi e sulle interazioni tra i due protagonisti potrebbe risultare un po' noioso. In realtà il lavoro fatto dal regista statunitense James Ponsoldt (già al timone del buonissimo The spectacular now) è ottimo: l'abilità di seguire gli scambi tra Lipsky e Foster Wallace senza prevalicare i due e soprattutto riuscendo a dare ritmo alla storia è un ulteriore punto in suo favore. In tutto ciò è aiutato da una buona colonna sonora curata da Danny Elfman e dalla fotografia di Jakob Ihre, anche loro bravi a restare al proprio posto e non interferire troppo con la vicenda raccontata e con il feeling creato dal duo Segel-Eisenberg.
Jason Segel e Jesse Eisenberg strepitosi nelle loro interpretazioni, rispettivamente, di David Foster Wallace e David Lipsky: la prova non era facile per entrambi, vista la difficoltà dei dialoghi e la non facilissima interazione tra i due. Se The end of the tour mantiene un'anima e entra nei cuori dei telespettatori è soprattutto merito loro.
The end of the tour non è un film biografico, è più un ritratto e un omaggio a David Foster Wallace: aiuta a riscoprire una delle mente più brillanti della sua epoca e, come il titolo del romanzo di Lipsky fa intendere, aiuta anche a comprendere se stessi, seguendo le parole dei due protagonisti.
SCENA CULT: i dialoghi tra David Foster Wallace e David Lipsky
VOTO FINALE: 7+
sabato 13 febbraio 2016
La quinta onda
Ci deve essere per forza qualcosa nell'aria se 4 differenti scrittori decidono, su per giù nello stesso periodo, di scrivere dei romanzi distopici, fantascientifici, per ragazzi, che trattano in un modo abbastanza simile alcune dinamiche e danno vita a trilogie o saghe letterarie che in breve tempo li porta dagli scaffali delle librerie ai cinema di tutto il mondo. In principio fu Suzanne Collins con il suo Hunger Games, il cui primo libro della trilogia uscì nel 2008 e dai romanzi vennero tratti 4 film; poi toccò a The Maze Runner, saga composta da 6 romanzi fantascientifici di ambientazione postapocalittica scritti da James Dashner e che ha visto già uscire nei cinema 2 film; infine la serie Divegent, composta da tre romanzi scritti da Veronica Roth e che vedrà a breve uscire nelle sale cinematografiche il terzo capitolo della saga, dopo le fortune alterne dei primi due. Quindi: perché non dare vita ad un'ulteriore saga cinematografica del tutto simile alle tre precedenti sovracitate? Perché non prendere la serie di romanzi di Rick Yancey e renderli dei nuovi blockbuster così da cavalcare l'onda del successo delle saghe per ragazzi? Il motivo sarebbe stato molto semplice: La quinta onda, primo romanzo della trilogia di Yancey da cui è stato tratto il film con protagonista Chloë Grace Moretz uscito in Italia lo scorso 4 febbraio, cinematograficamente parlando non racconta niente di nuovo, manca di originalità e soprattutto arriva dopo una "indigestione" di film di questo genere.
La Moretz interpreta Cassie Sullivan, liceale in cerca del fratellino Sammy dopo un'invasione aliena della Terra che, con varie ondate, ha decimato la popolazione mondiale.
Il problema de La quinta onda è un insieme di scelte sbagliate che francamente restano difficili da giustificare e da comprenderne il motivo. Si parte da una sceneggiatura, firmata da Susannah Grant, che fa acqua da tutte le parti, con dialoghi assolutamente surreali e situazioni al limite del ridicolo: la trama non è per niente accattivante e soprattutto, come detto in precedenza, non da spunti innovativi rispetto ai film sovacitati già usciti nei cinema, rendendo i 112 minuti di durata del film una lunga agonia, senza colpi di scena e con pochissimi momenti non noiosi. La regia firmata da J Blakeson è assolutamente da dimenticare, poco aiutata anche da effetti speciali praticamente assenti: assecondare la sceneggiatura, senza metterci niente di proprio, da il colpo di grazia al film e rende La quinta onda un film di basso livello.
Non bastano a salvare la pellicola i (pochi) momenti brillanti di Chloë Grace Moretz, la cui bravura non può essere misurata in un film come questo, non potendo neanche tirar fuori un personaggio migliore di quelli interpretati negli ultimi anni da Jennifer Lawrence e da Shailene Woodley, sia perché Cassie è del tutto simile a Katniss e Tris (i due personaggi interpretati rispettivamente dalla due attrici sovracitate in Hunger Games e Divergent), sia perché la sceneggiatura e la regia non riescono a far risaltare i punti di forza della protagonista e dell'attrice. Il talento nella Moretz c'è e come, lo dimostrano i film che l'hanno vista protagonista prima de La quinta onda: speriamo che in futuro decida di prendere decisioni migliori nella scelta dei personaggi da interpretate.
Per il resto, onestamente, La quinta onda è da sconsigliare.
VOTO FINALE: 4,5
giovedì 11 febbraio 2016
The Hateful Eight
Titolo Originale: The Hateful Eight
Regia: Quentin Tarantino
Attori: Samuel L. Jackson, Kurt Russell, Jennifer Jason Leigh, Walton Goggins, Demián Bichir, Tim Roth, Michael Madsen, Bruce Dern, James Parks, Zoë Bell, Channing Tatum
Genere: Drammatico, Thriller
Paese: USA
Anno: 2015
Durata: 167 Minuti(Versione Digitale), 187 Minuti(Versione 70 mm)
Trama: Wyoming, pieno inverno, un cacciatore di taglie e la sua prigioniera si ritrovano bloccati in un emporio insieme ad altri sconosciuti.
Giudizio finale: "The Hateful Eight" è scritto e diretto da Quentin Tarantino, al secondo lungometraggio western dopo Django Unchained.Il regista statunitense riesce a creare una buona storia, che poco alla volta svela elementi nuovi per lo spettatore per comprendere le vicissitudini dei personaggi del film fino all'epilogo finale; ovviamente non mancano i colpi di scena e la giusta dose di scene splatter, come ci si aspetterebbe da un film di Tarantino.Sicuramente più della storia stessa, il valore aggiunto della pellicola sono i suoi dialoghi, di altissimo livello e mai banali.Per quanto riguarda la regia, Tarantino riesce a districarsi negli angusti spazi dell'emporio e a dare la giusta dinamicità alla pellicola, aiutato dall'ottima fotografia di Robert Richardson, appassionando lo spettatore alla storia, nonostante un ritmo piuttosto basso e una lunga durata, il tutto anche grazie, come detto precedentemente, a dei dialoghi fenomenali.Nel film troviamo una grandissimo cast di attori, con Samuel L. Jackson autore di una prova di grandissima sostanza, con una caratterizzazione del personaggio notevole; ma non sono da meno le interpretazioni di Kurt Russell, Walton Goggins, Tim Roth e Michael Madsen, a proprio agio nelle vesti dei loro personaggi e protagonisti anche di un ottimo feeling in scena.Nel film troviamo anche Jennifer Jason Leigh(candidata ai premi Oscar come miglior attrice non protagonista), autrice di una buona prova, sullo stesso piano dei suoi colleghi maschili, ma con un qualcosina in più che ne fa apprezzare maggiormente il lavoro.La ciliegina sulla torta è rappresentata dalla strepitosa colonna sonora di Ennio Morricone, capace di coinvolgere ancor di più lo spettatore nel film e a farlo apprezzare maggiormente.Infine, la pellicola racchiude molti elementi che riconducono ad altri film dello stesso Tarantino, come Le Iene o Kill Bill, per citare i più riconoscibili.
Consigliato: Sì, da vedere.
martedì 9 febbraio 2016
L'ultima parola - La vera storia di Dalton Trumbo
Gli effetti della guerra fredda toccarono molti aspetti della vita americana, soprattutto a cavallo degli anni 50 e 60, quando si pensava fosse imminente una terza guerra mondiale e le due più grandi potenze del momento, Usa e Urss, erano ossessionate dal riuscire a scovare, dentro i propri confini, spie legate in qualche modo al nemico. La paura maggiore, negli Stati Uniti, la destava il comunismo. La lotta a tutto ciò che era filo-comunista è stato il filo conduttore di quegli anni e, come raccontato anche molto bene dal recente Il ponte delle spie, chi professava la propria simpatia per il partito comunista veniva tacciato di tradimento. A tutto ciò non si sottrasse neanche Hollywood: la Commissione per le attività antiamericane, dopo vari processi, alcuni al limite del surreale, riversò la sua collera su tutti i personaggi dello star system che in qualche modo si professavano a favore degli ideali comunisti. Fu così che Dalton Trumbo, uno dei più famosi e bravi sceneggiatori del momento, ed altri 9 colleghi si opposero a questa caccia alle streghe della Commissione, rifiutandosi di rispondere alle domande della stessa e finendo in questo modo nella lista nera, il che li tagliò fuori dal mondo hollywoodiano e li costrinse, anche, ad una più o meno lunga detenzione.
L'ultima parola - La vera storia di Dalton Trumbo (cui da adesso in poi ci riferiremo col titolo originale Trumbo), racconta la vita dello sceneggiatore Dalton Trumbo, focalizzandosi maggiormente sui 13 anni in cui fu costretto (oltre a passare 11 mesi in carcere) a scrivere sceneggiature sotto vari pseudonimi, continuando comunque a combattere i soprusi della Commissione e del Congresso americano.
Tratto dalla biografia omonima di Bruce Alexander Cook, Trumbo è diretto da Jay Roach, conosciuto principalmente per aver diretto pellicole più sullo stile commedia demenziale e qui alla prima vera grande prova cinematografica col genere drammatico-biografico. E la risposta è assolutamente positiva. Trumbo ha un gran bel ritmo, con pochissimi momenti morti e alcune sequenze da antologia; ciò che manca, paradossalmente visto che è un film biografico, è la vera presa di coscienza della realtà narrata: alcuni fatti vengono raccontati con un po' troppa leggerezza e ci si sofferma poco sulle crudeltà che Dalton Trumbo ha dovuto subire. Detto ciò, bisogna invece lodare la fotografia Jim Denault, che riproduce fedelmente e senza sbavature la realtà hollywoodiana del tempo, amalgamandosi benissimo con la regia di Roach e risultando la reale protagonista della pellicola.
Protagonista che in realtà è il sempre bravo Bryan Cranston, la cui interpretazione di Dalton Trumbo gli è valsa la candidatura all'Oscar come miglior attore protagonista: dei 5 candidati probabilmente è lui quello che la merita maggiormente, perché la sua prova di un personaggio così tanto complicato come Trumbo sarebbe da proiettare in tutte le scuole attoriali del mondo. Cranston riesce ad immedesimarsi così bene in Trumbo che resta difficile distinguire l'attore dal personaggio, presta anima e corpo all'energia, alla voce e all'egocentrismo di questo sceneggiatore "maledetto", riuscendo nel difficile compito di non prevaricarlo.
A supportare Cranston, in Trumbo, vi è un cast di assoluto livello, da cui spiccano una sempre incisiva Helen Mirren e uno strepitoso John Goodman che, nonostante non abbia tantissime scene, riesce a risaltare in maniera impressionante.
Trumbo non è un capolavoro, sia chiaro: ma ci sono tante piccole cose nel film che ne rendono piacevole la visione.
SCENA CULT: Hymie King che fa valere le sue ragioni quando gli chiedono di licenziare Trumbo
DIALOGO CULT:
Ian McLellan Hunter: "I hate the title."
Nikola Trumbo: "Me too."
Dalton Trumbo: "Why? What's with it?
Ian McLellan Hunter: "The princess and the peasant."
Dalton Trumbo: "Yes!"
Ian McLellan Hunter: "Come on Trumbo. It sounds like a puppets show."
Dalton Trumbo: "Then change it."
Ian McLellan Hunter: "I already did."
Dalton Trumbo: "Really? You think this title is better? Roman Holiday..."
Nikola Trumbo: "I like it."
Dalton Trumbo: "Who invited you?"
Ian McLellan Hunter: "I did. She's my favorite Trumbo"
VOTO FINALE: 7+
lunedì 8 febbraio 2016
Superfast & Superfurious - Solo Party Originali
Titolo Originale: Superfast!
Regia: Jason Friedberg, Aaron Seltzer
Attori: Alex Ashbaugh, Dale Pavinski, Lili Mirojnick, Andrea Navedo, Daniel Booko, Rogelio Douglas Jr., Chris Pang, Omar Chaparro, Joseph Julian Soria, Dio Johnson, Gonzalo Menendez, Shantel Wislawski
Genere: Commedia
Paese: USA
Anno: 2015
Durata: 99 Minuti
Trama: Lucas White(Alex Ashbaugh), un poliziotto sotto copertura, entra nella gang di Vin Seretto(Dale Pavinski) per scoprire il suo legame con Juan Carlos de la Sol(Omar Chaparro), un pericoloso criminale di Los Angeles.
Giudizio finale: "Superfast & Superfurious - Solo Party Originali" è scritto e diretto da Jason Friedberg e Aaron Seltzer.Dopo il dimenticabile Angry Games - La Ragazza Con L'Uccello Di Fuoco, per il duo Friedberg-Seltzer si tratta di un altro buco nell'acqua sotto tutti gli aspetti; infatti partendo da una storia poco attraente per lo spettatore e priva di un qualsivoglia momento realmente comico, il film è solo una lente sofferenza verso la sua conclusione, il tutto condito da una regia del tutto anonima e banale.Ma riescono a fare peggio gli attori protagonisti del film, Alex Ashbaugh e Dale Pavinski su tutti, autori di interpretazioni molto imbarazzanti e lontani da uno standard che possa essere ritenuto sufficiente.Il livello recitativo si attesta su un livello molto basso anche tra gli altri membri del cast, assolutamente incapaci di creare un feeling tra i vari personaggi e incapaci di risultare credibili nelle singole interpretazioni.Come se non bastasse, il doppiaggio realizzato è qualcosa di inascoltabile, veramente si fa fatica ad arrivare alla fine di un film con una durata nella norma.Tralasciamo gli effetti speciali. realizzati in modo indecente.Per la coppia Friedberg-Seltzer sono lontani i tempi in cui riportavano in auge il genere parodia con quella chicca che è Scary Movie(2000).
Consigliato: No, assolutamente da evitare.
domenica 7 febbraio 2016
Premonitions
Titolo Originale: Solace
Regia: Afonso Poyart
Attori: Jeffrey Dean Morgan, Abbie Cornish, Colin Farrell, Anthony Hopkins, Marley Shelton, Janine Turner, Xander Berkeley, Kenny Johnson, Matt Gerald, Jose Pablo Cantillo
Genere: Thriller
Paese: USA
Anno: 2015
Durata: 101 Minuti
Trama: Per catturare un serial killer, l'agente Merriweather(Jeffrey Dean Morgan) si rivolge ad un suo vecchio collega in pensione capace di prevedere il futuro, il dottor John Clancy(Anthony Hopkins).
Giudizio finale: "Premonitions" è diretto da Afonso Poyart, mentre la sceneggiatura è ad opera di Sean Bailey e Ted Griffin.La storia proposta dalla coppia di sceneggiatori non brilla per originalità, poichè la sua linea guida è stata più volte portata su grande schermo, ma il tocco di metterci l'elemento paranormale cerca di caratterizzarla un po' e comunque riesce a coinvolgere e ad intrattenere lo spettatore, anche se si potrebbe intuire un colpo di scena in anticipo.Afonso Poyart si difende bene alla regia, realizzando un film molto scorrevole e con un buon ritmo, dopo un inizio un po' lento.Protagonisti del film sono Jeffrey Dean Morgan, Anthony Hokins, Abbie Cornish e Colin Farrell, autori di prove che non resteranno nella storia, ma nel complesso sono positive, poichè i quattro attori riescono a reggere il peso del film con i ruoli interpretati e dimostrano un buon affiatamento.Andando nelle singole interpretazioni, sembra che i quattro attori si limitino a fare il compitino, anche se si parla di prove più che positive; ma con un cast del genere era lecito aspettarsi qualcosina in più, soprattutto da Anthony Hopkins.
Consigliato: Si può vedere.
sabato 6 febbraio 2016
Brooklyn
C'è un'isola nei pressi di New York, che dal 1892 al 1954 è stato il principale punto d'ingresso per gli immigrati che sbarcavano negli Stati Uniti. Quell'isolotto, situato sulla foce del fiume Hudson, si chiama Ellis Island ed ha "ospitato" milioni di persone che dovevano forzatamente passare di lì per ricevere un visto e riuscire ad entrare nel suolo americano, nella maggior parte dei casi per tentare di sbarcare il lunario.
Eilis, protagonista di Brooklyn, è una di queste: non avendo un vero futuro nella sua terra natale, l'Irlanda, con l'aiuto della sorella e del prete di paese, si imbarca su una nave per andare a lavorare a Brooklyn. Dopo un difficile ambientamento iniziale, grazie all'incontro con un ragazzo italoamericano Eilis riesce a mettere da parte la nostalgia ed inizia ad apprezzare la sua nuova vita a New York. Ma una brutta notizia la costringe a tornare in Irlanda ed affrontare una dura prova: restare in Irlanda o tornare a Brooklyn?
Diretto dall'irlandese John Crowley e soprattutto sceneggiato da Nick Hornby, Brooklyn deve le sue fortune alla bravura di Saoirse Ronan, strepitosa nel riuscire a dare vita e rendere convincente un personaggio complicato come quello di Eilis, pacata e timida a tratti, estroversa e egocentrica in altri passaggi. La forza della Ronan, oltre al fatto di poter sfoderare tranquillamente il suo accento (l'attrice è di origini irlandesi, come Eilis), è quella di riuscire a reggere sulle proprie spalle un film costruito e incentrato intorno al personaggio della giovane immigrata, intorno alla sue scelte e alla sua crescita personale e professionale: riflesso, in realtà, anche della grande crescita dell'attrice stessa, 22 anni e con alle spalle una candidatura come miglior attrice non protagonista per il film Espiazione del 2008 (aveva solo 14 anni) ed una nomination come miglior attrice protagonista proprio per la sua interpretazione in Brooklyn, oltre a tante altre prove di sostanza in questi 9 anni di carriera.
Brooklyn è un film drammatico, pane quotidiano delle sceneggiature scritte da Hornby, che inserisce anche alcune scene un po' più esilaranti, alleggerendo la trama soprattutto grazie alla bravura di Julie Walters e ai momenti in cui tutte le ragazze sono sedute per cena intorno al tavolo della matrona Madge Kehoe. Per il resto la storia è molto lenta e a tratti si fa fatica a restare concentrati senza annoiarsi di fronte ad alcune trovate poco accattivanti ai fini del racconto, anche a causa della regia di Crowley. Il regista irlandese, nonostante si avvalga dell'ottima fotografia di Yves Bélanger, dirige Brooklyn senza metterci anima e cuore, nonostante la storia potrebbe riguardarlo molto da vicino; si limita solamente a guardare da lontano la storia di questa giovane ragazza, senza prendere una reale posizione e senza riuscire a dare al film il cambio di marcia che ad un certo punto ci si aspetta.
Onestamente vale la pena di vedere Brooklyn solamente per l'intepretazione di Saoirse Ronan e, soggettivamente, è a lei che va il tifo per la vittoria dell'Oscar come miglior attrice protagonista.
SCENA CULT: le cene nel convitto femminile
FRASE CULT: "You have to think like an American. You'll feel so homesick that you'll want to die, and there's nothing you can do about it apart from endure it. But you will, and it won't kill you. And one day, the sun will come out you might not even notice straight away-it'll be that faint. And then you'll catch yourself thinking about something or someone who has no connection with the past. Someone who's only yours.And you'll realize that this is where your life is"
VOTO FINALE: 6+
venerdì 5 febbraio 2016
Marvel's Jessica Jones - Stagione I
L'universo Marvel è costellato di supereroi, spesso tormentati, dal carattere altalenante e con il peso sulle proprie spalle di dover salvare il mondo a tutti i costi. C'è in realtà anche un'antieroina, creata da Brian Michael Bendis, una ragazza con problemi di alcool, dal passato tormentato e che usa il sesso come valvola di sfogo per le sue frustazioni: il suo nome è Jessica Jones. Investigatrice privata, con una forza disumana, in lotta con il mondo intero (ed un po' anche con se stessa), Jessica Jones è lo specchio del fumetto a lei dedicato e disegnato da Michael Gaydos: dark.
Dopo il grande successo (di critica e pubblico) di Daredevil, Netflix ha realizzato e poi pubblicato sulla propria piattaforma lo scorso novembre, la prima stagione della serie dedicata a questa ragazza misteriosa, Jessica Jones, una crime story di 13 episodi, in cui la "nostra" (anti)eroina si trova a dover fare i conti con un nemico del passato, ripiombato nella sua vita.
Jessica Jones non è una serie sui supereroi: come detto è una crime story, dallo stile noir, con l'inserimento, giustamente, di richiami ai superpoteri dei vari personaggi e a sfondo psicologico. Lo si capisce dai trailer, dalla locandina, dalla storia trattata.
Nonostante un'ottima fotografia ed un'eccelente regia, Jessica Jones non regge il confronto con la serie che l'ha preceduta su Netflix, Daredevil, e dopo un inizio convincente che lascia ben sperare, questa prima stagione si muove su binari molto lenti, diventando noiosa soprattutto negli episodi centrali, poco accattivanti per lo spettatore. Si riprende nel finale, ma purtroppo questo non basta per acclamarla come serie dell'anno o semplicemente come serie da ricordare.
Da ricordare, oggettivamente, c'è solamente la performance di David Tennant, strepitoso nella parte del villain, uno dei meglio riusciti dell'universo Marvel: il merito è soprattutto dell'attore inglese che grazie ad un'interpretazione da manuale riesce a tenere alto il livello di tensione della serie. Il suo feeling con Krysten Ritter, molto brava ad interpretare Jessica Jones, tiene insieme tutti i pezzi del puzzle e da brio anche ad episodi tutto sommato molto poveri a livello narrativo e di colpi di scena.
Al momento, Jessica Jones è rimandata.
VOTO FINALE: 5,5
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