sabato 7 maggio 2016

Race - Il colore della vittoria




Durante le Olimpiadi di Berlino del 1936, ricordate anche come le più controverse della storia perché fortemente volute da Hitler e dal Terzo Reich, il protagonista indiscusso fu Jesse Owens, atleta di colore della Ohio State University capace di vincere, in poco meno di una settimana, ben 4 medaglie d'oro (100 metri, salto in lungo, 200 metri e staffetta 4x100). Nel momento di maggiore tensione internazionale antecedente la seconda guerra mondiale, Owens divenne il simbolo della lotta al razzismo e alle ideologie naziste di Hitler.
Race - Il colore della vittoria è il primo biopic sull'atleta di Oakville, anche se non è propriamente una biografia completa perché si limita a raccontare le vicende di Jesse Owens nei 12-15 mesi precedenti le Olimpiadi del 1936, dal rapporto con la fidanzata (poi moglie) e la figlia, agli sforzi per guadagnare qualche dollaro da spedire alla famiglia, dall'arrivo all'Ohio State University all'amicizia con il coach Larry Snyder che lo accompagnerà fino ai trionfanti giochi olimpici.
Fortemente voluto dalle figlie di Owens, Race è diretto da Stephen Hopkins e sceneggiato da Joe Shrapnel e Anna Waterhouse e oltre a dare ampio risalto alle vicende di Jesse Owens, fa una panoramica interessante, anche se a volte un po' troppo scarna, della situazione mondiale di quegli anni: dalla volontà iniziale degli Stati Uniti di voler boicottare le olimpiadi in Germania a causa delle leggi antisemite naziste, ai rapporti tra il capo della propaganda nazista Joseph Goebbels ed il presidente del Comitato Olimpico degli Stati Uniti (nonché costruttore) Avery Brundage, dal razzismo che comunque trasudava da tutti gli stati americani alla perfetta rappresentazione della regista Leni Riefenstahl, incaricata dal fuhrer di realizzare un film sulle olimpiadi di Berlino (il film, con il nome di Olympia, venne completato nel 1938 ed è considerato una pietra miliare del cinema sportivo, nonché assolutamente innovativo).
La trama scorre molto bene, senza intoppi e senza veri buchi narrativi sulla storia di Jesse Owens; buchi e "romanzate" che invece ci sono per quanto riguarda la scena sociale mondiale: il razzismo, soprattutto quello negli Stati Uniti, viene rappresentato in maniera un po' troppo sbrigativa, senza essere denunciato in modo più potente e "prepotente". Ma comunque Race è un film prevalentemente sportivo, non manca di spunti molto buoni e riesce ad essere coinvolgente per tutta la sua durata.
Merito anche dei due attori principali: il giovane canadese Stephan James (già visto in Selma) interpreta in maniera pressoché perfetta Jesse Owens, con una caratterizzazione e veridicità fuori dal comune, confermando le sue enormi abilità; la sorpresa Jason Sudeikis, magistrale nell'interpretare il coach di Ohio State Larry Snyder, un personaggio totalmente differente da quelli interpretati di solito da Sudeikis. Nota di merito sicuramente anche a Jeremy Irons (Avery Brundage), Carice van Houten (Leni Riefenstahl) ma soprattutto Barnaby Metschurat, odiosa (e azzeccatissima) impersonificazione di Joseph Goebbels.
Race è un buon film e un'ottima opportunità, perché alcune imprese devono restare in modo indelebile impresse nella memoria collettiva, devono rimanere scolpite come esempi da seguire. 

SCENA CULT: l'ingresso di Jesse Owens nello stadio olimpico 

FRASE CULT: 
Jesse Owens: "In those ten second, there's no black or white, only fast or slow." 

VOTO FINALE: 7- 

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