domenica 9 ottobre 2016
Café Society
Non serve essere fan di Woody Allen per apprezzare il suo ultimo (piccolo) capolavoro, Café Society, da poco più di una settimana disponibile nelle sale cinematografiche del nostro paese. Non serve per il semplice motivo che la pellicola scritta e diretta dal regista newyorkese è oggettivamente un bellissimo affresco dell'America degli anni trenta, di Los Angeles e New York in particolare, e una maniera efficace di affrontare con leggerezza, ma allo stesso tempo con incisività, tematiche come l'amore, il cinema, la società, la religione e la malavita. Il tutto condito con lo stile che solo Woody Allen riesce ad imprimere alle sue pellicole: tante parole, tanta musica, un montaggio secco, diretto e serrato, una capacità sopraffina di tirare fuori il meglio dagli attori che lavorano con lui. E se questa prefazione brillante ve la fa una persona che non si ritiene fan sfegatata di Allen, allora potete essere certi del fatto che Café Society merita realmente una visione.
Come detto siamo nell'America degli anni trenta: il giovane newyorkese Bobby, di origine ebrea, decide di trasferirsi a Los Angeles per lavorare nell'azienda cinematografica dello zio, ben inserito in quel di Hollywood. Qui conosce la segretaria dello zio, Vonnie, ragazza affascinante e dal carattere simile al suo. La scintilla dell'amore, almeno per Bobby, scatta immediatamente; Vonnie invece ha momentaneamente un misterioso fidanzato.
96 minuti di puro godimento cinematografico: questo è Café Society. Non si può non lodare il grande lavoro di Woody Allen, ancora una volta incisivo nonostante una trama comunque abbastanza leggera (ma non banale). Allen punta molto sul lato nostalgico per quegli anni e riesce ad emozionare con la spettacolarità dei paesaggi, la particolarità dei dialoghi, alternando momenti un po' più seri a momenti assolutamenti spassosi. Lo fa grazie anche ad un cast di attori totalmente al servizio del proprio regista: le prove sopra le righe di Jesse Eisenberg e Kristen Stewart (al terzo film insieme dopo Adventureland e American Ultra) sono un punto di forza importante di Café Society e dimostra, oltre alla consacrazione dei due attori, la grande capacità di Woody Allen di plasmare a suo piacimento chi lavora con lui. Perché i personaggi di Bobby e Vonnie sono due personaggi di non facile lettura ma, a dispetto dei possibili "pregiudizi", sia Eisenberg che Stewart dimostrano grande affinità (ma questa era già stata dimostrata nei precedenti film interpretati insieme) e soprattutto grande capacità nel risultare credibili. Ma anche il resto del cast fa la sua parte: da Steve Carrell a Parker Posey, da un grande Corey Stoll ad un'incisiva Blake Lively.
La forza di Café Society risiede anche, come tutti i film di Woody Allen, nei dialoghi: serrati, incisivi, accattivanti, divertenti, passionali. C'è tutto nello script, è impossibile annoiarsi e non restare "estasiati" dalla forza delle parole che Allen fa recitare ai suoi attori. Ed i siparietti tra Ken Stott e Jeannie Berlin sono da incorniciare.
Chiudiamo confermando che Café Society è un film spassoso e godibile e sottolineando ancora una volta, e ancora di più, la grandezza di Woody Allen e la sua capacità di colpire sempre nel segno e di lasciare sempre un po' di malinconia negli spettatori. Una malinconia, però, positiva: un sorriso, ripensando a Café Society, è d'obbligo.
SCENA CULT: le malefatte di Ben
FRASE CULT: "Love is not rational. You fall in love, you lose control."
VOTO FINALE: 7,5
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