sabato 8 ottobre 2016
Ben-Hur
Fare la recensione del remake di Ben-Hur comporta una riflessione ed un excursus cultural-cinematografico che rischierebbe di far diventare questo post un capitolo di un libro. E siccome non è mia intenzione "ammorbare" le poche persone che leggono queste recensioni cinematografiche, onestamente eviterei questa riflessione. Mi limito a dire che personalmente non sono contro i remake; anzi, se realizzati nel migliore dei modi, e l'ultimo esempio è stato I magnifici 7, sono una buonissima opportunità di mettere "a contatto" le nuove generazioni con pellicole che hanno riscosso successo in passato. I sequel inutili sono una perdita di tempo (Independence Day - Rigenerazione e Blair Witch gli ultimi casi eclatanti) ma questa è un'altra storia. Qui parliamo di Ben-Hur, remake del film diretto da William Wyler del 1959, uno dei tre film più premiati agli Oscar (ben 11 statuette vinte) e vero cult cinematografico. E onestamente, e personalmente, quello uscito ad agosto negli Stati Uniti e la settimana scorsa in Italia, diretto da Timur Bekmambetov, non è un film da buttare; magari non è un remake da incorniciare ma intrattiene abbastanza bene e, se non ci fosse un confronto da fare col suo predecessore, meriterebbe almeno mezzo punto in più di quello che vedrete poi in coda al commento.
Ben-Hur è ambientato nella provincia di Giudea, negli anni in cui Gesù Cristo iniziò il suo "cammino spirituale". Giuda Ben-Hur è un principe giudeo che cerca di mantenere la pace nel suo regno e al contempo restare autonomo da Roma. Il ritorno a Gerusalemme di suo fratello adottivo Messala, romano, segna l'inizio di una serie di episodi che portano lo stesso Messala ad accusare Ben-Hur di tentato omicidio ai danni del governatore Ponzio Pilato. Mandato come schiavo in una nave da guerra, con madre e sorella (apparentemente) giustiziate, riesce a salvarsi durante una battaglia e tornare ad essere un uomo libero. Sono passati 5 anni e per Giuda Ben-Hur è arrivato il momento della vendetta.
Bisogna fare un'altra premessa: è logico che per la nostra generazione una trama come quella di Ben-Hur non può che ricordare Il Gladiatore e ciò rischia di offuscare un po' il giudizio sul film. L'importante è fare un distinguo e considerare il fatto che Ben-Hur è tratto da un romanzo del 1880 di Lew Wallace ed è qui che invece arriva il primo appunto alla sceneggiatura curata da Keith R. Clarke e John Ridley: io non giudico il fatto di aver voluto mostrare il volto di Gesù Cristo (cosa che in realtà il film del 1959 non ha mai fatto), ma onestamente critico il fatto che le scene in cui è presente Gesù sembrano siano state "infilate" solo per evitare critiche, senza senso logico e dipingendolo per lo più come dispensatore di saggezza popolare. Dell'ultimo punto mi interessa poco, ma il fatto che queste scene non abbiano una tale incisività è un punto a sfavore del film odierno, perché nel romanzo (e un po' anche nel film di Wyler) la storia di Gesù è quasi parallela a quella del protagonista (tanto che il titolo orginale del libro è Ben-Hur: a tale of the Christ). Questa non è l'unica differenza rispetto al Ben-Hur del 1959 ma onestamente le altre non sono particolarmente importanti per lo sviluppo della storia che comunque, come detto, intrattiene bene e scorre senza particolari intoppi.
La regia di Bekmambetov è abbastanza incisiva, senza svolazzi eccessivi e senza particolari punti deboli...almeno fino all'ultima parte, fino al momento clou di Ben-Hur: la corsa con le bighe (che in realtà sono sempre state quadrighe visto che a trainarle sono 4 cavalli). Qui è realmente inconcepibile e ingiustificabile il fatto che la gara riprodotta da questo remake di Ben-Hur sia di gran lunga inferiore a quella proposta dal film del 1959, che vince il confronto su tutta la linea nonostante dei mezzi tecnici e filmici innovativi per l'epoca ma molto lontani da quelli che l'industria cinematografica ha a disposizione oggi. Peccato perché poteva uscir fuori un gran momento cinematografico, puntando anche sulla crudezza e la sanguinosità della gara.
Cosa resta di Ben-Hur? Un film comunque sufficiente, magari da non vedere al cinema ma che consente poi di andare a placare la propria curiosità recuperando (e sono favorevole a tutto ciò) il Ben-Hur del 1959. Piccolo avvertimento però: questo del 2016 dura poco più di 2 ore, mentre il "vecchio" dura sulle 3 ore e mezza. A voi poi le vostre considerazioni.
DIALOGO CULT:
Messala: "You should have stayed away."
Judah Ben-Hur: "You should have killed me."
Messala Severus: "I will."
VOTO FINALE: 6-
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