domenica 24 aprile 2016

Zona d'ombra - Una scomoda verità




"The show must go on!" recita il detto. E lo show deve andare avanti anche se a lungo termine potrebbe rivelarsi deleterio per chi recita la parte di protagonista di questo spettacolo. È questo il caso della NFL (lega di football americano) e dell'articolo Game Brain del 2009 scritto da Jeanne Marie Laskas per la rivista GQ, in cui si raccontava la vera storia del dottor Bennet Omalu, il neuropatologo di origine nigeriana che scoprì l'encefalopatia cronica traumatica, una malattia degenerativa che colpisce il cervello dopo ripetuti colpi in testa e trova il suo massimo compimento nel cervello degli ex giocatori di football americano. La battaglia mediatica che ne scaturì mise in serio pericolo la carriera e la famiglia di Omalu, il cui unico obiettivo era la salute dei giocatori; mettersi contro un'industria (perché tale è) come l'NFL, che "possiede un intero giorno della settimana”, e gran parte dell'opinione pubblica, causò al dottor Omalu non pochi problemi.
Le vicende del neuropotologo, della sua scoperta e della lotta contro l'NFL per tentare di far uscire la verità, sono raccontate nel film Zona d'ombra - Una scomoda verità (Concussion il titolo originale), diretto e sceneggiato da Peter Landesman e interpretato da Will Smith, uscito nelle sale cinematografiche italiane lo scorso 21 aprile, 4 mesi dopo l'uscita nei cinema americani. Un'uscita programmata negli Stati Uniti a dicembre per sfruttare l'ultimo slot a disposizione per dare a Zona d'ombra qualche opportunità in vista dei premi Oscar: la realtà è stata ben diversa, anzi fu proprio il film di Landesman e la mancata candidatura di Will Smith a accendere la miccia della protesta della comunità afroamericana nei confronti dell'Academy. In realtà, per quanto riguarda Will Smith, è realmente inconcepibile il motivo per cui l'attore nativo di Philadelphia non sia stato per niente preso in considerazione per la categoria "Miglior attore protagonista": la sua interpetazione (consigliata in lingua originale) del dottor Omalu entra di diritto tra le migliori dell'anno e sicuramente è nella personale top3 dell'attore, sia per incisività, sia per studio del personaggio.
Onestamente, Zona d'ombra è soprattutto Will Smith, l'umanità e la passione che l'attore mette nell'interpretare un personaggio comunque scomodo (per la cultura americana) come il dottor Omalu. E il raccontare nel migliore dei modi, e in tutte le sue sfaccettature, una storia così scomoda fa di Peter Landesman un regista e uno sceneggiatore comunque molto coraggioso. E bravo, ovviamente: la regia è molto buona e con estrema cura dei dettagli, la trama molto lineare e senza buchi narrativi, che però avrebbe potuto fare di più. Logicamente quando si parla di storia vera e di protagonisti che cercano in tutti modi di far venire a galla una vicenda scomoda, non si può non fare il paragone con Il caso Spotlight, miglior film agli ultimi Oscar: quest'ultimo, essendo anche più corale di Zona d'ombra, ha una caratura e un impatto più devastante rispetto al film di Landesman.
Il football negli Stati Uniti è ormai uno stile di vita: Zona d'ombra non è un film sul football, ma fa riflettere su quanto in là ci si possa spingere affinché, riprendendo la frase d'apertura, "the show must go on".

MONOLOGO CULT: "All of these animals have shock absorbers built into their bodies. The woodpecker's tongue extends through the back of the mouth out of the nostril, encircling the entire cranium. It is the anatomical equivalent of a safety belt for its brain. Human beings? Not a single piece of our anatomy protects us from those types of collisions. A human being will get concussed at sixty G's. A common head-to-head contact on a football field? One hundred G's. God did not intend for us to play football."

VOTO FINALE: 6,5

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