sabato 5 marzo 2016

Room



La sorpresa dell'anno. Anzi, le sorprese dell'anno. Ma partiamo dal film.
Room è l'adattamento cinematografico di "Stanza, letto, armadio, specchio", romanzo del 2010 di Emma Donoghue, liberamente ispirato dalla vera storia del "Caso Fritzl", che nel 2008 sconvolse l'opinione pubblica austriaca e mondiale.
Sceneggiato dalla stessa scrittrice irlandese (naturalizzata canadese), Room segue le linee guida del libro: la storia è raccontata dal punto di vista di Jack, un bambino di cinque anni tenuto prigioniero, sin dalla nascita, in una piccola stanza con la madre. Tutto il suo mondo è tra quelle quattro mura, ma al compimento del quinto anno di età, la madre decide che è ormai grande abbastanza per progettare e tentare la fuga.
Essere in grado di sfornare un film di questo genere nonostante la delicatezza del tema affrontato e la lentezza della storia: Lenny Abrahamson, candidato all'Oscar come miglior regista (ma purtroppo non vincente), sorprende tutti, grazie ad una regia sapiente e attenta ad ogni piccolo particolare che possa dare potenza ad un dramma emotivo non indifferente. Room cattura la spettatore in ogni singolo momento e lo tiene aggrappato alla storia di Jack e Joy, seguendone tutti i loro "sbalzi" emotivi: paura, speranza, disincanto, gioia, tensione, Room è un'altalena di emozioni cavalcata seguendo le musiche, perfette, di Stephen Rennicks, sempre centrate e centrali nei vari passaggi della storia.
Detto della sceneggiatura pressoché impeccabile della Donoghue, che riesce a rendere il film addirittura migliore del libro, da sottolineare vi è la fotografia curata da Danny Cohen: il DOP inglese è molto bravo a dare i toni giusti alla storia, tracciando perfettamente la linea di distinzione tra il "dentro" e il "fuori" la stanza, tra la prima parte e la seconda parte del film.
Parti trattate in maniera perfetta da Abrahamson: in entrambe le situazioni il regista irlandese da prova di grandi capacità, riuscendo a mantenere tecnica, e allo stesso tempo pulita, la sua regia e continuando ad affidarsi ciecamente ai suoi attori protagonisti: Brie Larson è sorprendente, la bravura e la preparazione che mette nell'intepretare la giovane (ma logorata dai 7 anni di progionia) Joy sono da incorniciare e la vittoria del premio Oscar come miglior attrice protagonista è la ciliegina sulla torta di una prova sempre sopra le righe; un'altra sopresa, assoluta, è l'attore canadese Jacob Tremblay, che grazie alla sua interpretazione del piccolo Jack ha sorpreso e attirato le attenzioni di tutta Hollywood. Room vive nelle interazioni tra i due, nelle loro emozioni, nei loro sentimenti e grazie ai loro dialoghi: e la forza di questo film è da attribuire anche ai due interpreti principali.
Room è una gran bella sorpresa, di quelle che ti prendono di petto e che sono difficili da dimenticare.
 
SCENA CULT: la fuga

MONOLOGO CULT: "I've been in the world 37 hours. I've seen pancakes, and stairs, and birds, and windows, and hundreds of cars. And clouds, and police, and doctors, and grandma and grandpa. But Ma says they don't live together in the hammock house anymore. Grandma lives there with her friend Leo now. And Grandpa lives far away. I've seen persons with different faces, and bigness, and smells, talking all together. The world's like all TV planets on at the same time, so I don't know which way to look and listen. There's doors and... more doors. And behind all the doors, there's another inside, and another outside. And things happen, happen, HAPPENING. It never stops. Plus, the world's always changing brightness, and hotness. And there's invisible germs floating everywhere. When I was small, I only knew small things. But now I'm five, I know EVERYTHING!"

VOTO FINALE: 7,5

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