sabato 18 luglio 2015
True Story
Nel dicembre 2001 a Waldport, nell'Oregon, furono ritrovati nel fiume i corpi di tre bambini e una donna, barbaramente soffocati e gettati nel corso d'acqua. I sospetti si concentrarono su Christian Longo, padre e marito dei bambini e della donna ritrovati morti. Catturato pochi giorni dopo a Cancun, in Messico, dichiarò di essere Michael Finkel, giornalista del New York Times appena licenziato per aver "romanzato" un articolo di denuncia. L'incontro tra i due li portò ad avvicinarsi e a decidere di scrivere un libro sulla storia di Longo che avrebbe potuto agevolare entrambi: per Michael doveva essere l'occasione per rilanciare la sua carriera; per Christian l'occasione di portare a galla la verità sulla notte in cui i suoi figli e sua moglie morirono.
Basato sul libro di memorie di Michael Finkel, True Story è un film del 2015 uscito negli Stati Uniti lo scorso aprile (dopo la presentazione al Sundance Film Festival) ed ancora inedito qui in Italia. Diretto da Rupert Goold, sceneggiato da David Kajganich e con Brad Pitt tra i produttori esecutivi, True Story ha come protagonisti James Franco, nei panni di Longo, e Jonah Hill, in quelli di Finkel: le interpretazioni del duo californiano sono da incorniciare e da tenere bene in mente, sia Franco che Hill entrano perfettamente nei personaggi e si muovono a proprio agio nei rispettivi ruoli; il feeling sul set è perfetto e senza sbavature ed entrambi dimostrano di poter reggere, oltre all'impianto narrativo, un film drammatico, risultando assolutamente credibili.
A deludere è la sceneggiatura di David Kajganich, troppo poco incisiva e soprattutto troppo schizofrenica e in molti passaggi troppo frettolosa: far durare trenta minuti in più True Story (la durata è di 90 minuti) avrebbe portato lo spettatore a capire meglio e più a fondo le vicende narrate (senza annoiarsi) e avrebbe dato ai due personaggi principali una maggiore possibilità di rapportarsi, oltre che tra loro, anche con il pubblico. Il film scava poco a fondo nel rapporto che piano piano si crea tra Longo e Finkel e questo è un gran peccato perché porta True Story ad essere, in alcuni tratti, molto confusionario e incomprensibile.
Dispiace perché l'impalcatura per poter essere un gran bel film (o per lo meno un film migliore) c'era tutta: a partire, come detto, dalle interpretazioni di Franco e Hill (ma anche quella di Felicity Jones), dalla regia perfetta di Rupert Goold e da una fotografia (curata da Masanobu Takayanagi) e da una colonna sonora (le musiche sono del compositore di origini italiane Marco Beltrami) azzeccatissime e coinvolgenti.
True Story era una storia intrigante e accattivante da raccontare: si poteva fare meglio.
SCENA CULT: l'udienza preliminare
FRASE CULT: "Sometimes the truth isn't believable. But that doesn't mean that it's not true."
VOTO FINALE: 6+
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