martedì 25 aprile 2017
Fast & Furious 8
Onestamente una leggera crisi c'è. Perché l'assenza di Paul Walker/Brian O'Conner si fa sentire e in molti aspetti manca una figura come la sua. E poi ci sono delle scelte un po' forzate e alcune parti in cui neanche gli attori sembrano crederci troppo. Penso che Fast & Furious 8 (The Fate of the Furious il titolo originale) sia il punto più basso toccato dalla "ricostruzione" del franchise, cioè da quando Vin Diesel tornò prepotentemente in Fast & Furious 4. Logicamente Fast & Furious 7 è stata una sorta di chiusura del cerchio, con il saluto al compianto Paul Walker e con Fast & Furious 8 sarebbe dovuta iniziare una nuova era del franchise. E il futuro, dopo questo episodio 8, non è del tutto chiaro. Onestamente bisogna aggiustare un po' la rotta, perché Fast & Furious 8 prende un voto in più solo ed esclusivamente per alcune trovate sceniche geniali ma non si può vivere solo di questo. Il resto è molto piatto. E da un fan di questo franchise, onestamente dispiace un po'.
Fast & Furious 8 è ambientato durante la luna di miele di Dom e Letty. Un giorno, una donna misteriosa avvicina Dom e facendogli vedere un video dal suo cellulare lo ricatta dicendogli di lavorare per lei e per la sua cellula terroristica. Questo significa, per Dom, andare contro la sua famiglia.
Lo so, non è facile dover riscrivere tutta una storia e dover mandare avanti un "baraccone" da miliardi di dollari evitando di sfornare flop colossali. Fast & Furious 8 non è un flop, ci mancherebbe. Però manca qualcosa, non scatta la scintilla per far innamorare completamente il pubblico. La colpa è assolutamente della sceneggiatura: piatta, sciatta, molto fredda, a tratti forzata e senza anima. E quest'ultimo punto, come detto in precedenza, anche da parte di alcuni degli attori principali, che sembrano crederci poco e non riescono ad elevare le proprie interazioni come fatto in passato. Colpa anche dei dissidi interni tra Vin Diesel e The Rock (Dwayne Johnson)? Probabilmente si.
Per il bene del franchise si spera che tutto possa rientrare e si possa migliorare, ma soprattutto raddrizzare, la rotta. Perché comunque a livello scenico-registico, Fast & Furious 8 non delude: merito della bravura di F. Gary Gray, già regista del buon Straight Outta Compton, bravo nella direzione delle scene più adrenaliniche del film.
Consiglio allo sceneggiatore Chris Morgan: alziamo un po' più il livello ed evitiamo forzature inconcepibili (tipo arcinemici che diventano di colpo amici). Ne gioverebbero tutti. Fast & Furious deve andare avanti, è un obbligo verso gli spettatori e soprattutto i fan.
SCENA CULT: il salvataggio del "pacco" (evito spoiler) da parte di Deckard Shaw
DIALOGO CULT:
Roman: "I'm in love."
Eric: "Again, no, no! That's a million dollar show car. The point is to not draw attention."
Roman: "That's reverse psychology. Dom will never see it coming."
Eric: "It's neon orange. The International Space Station will see it coming."
VOTO FINALE: 6,5
sabato 22 aprile 2017
Power Rangers
Dire: "Sono stato al cinema a vedere i Power Rangers", un sorriso lo può strappare, è vero. Però in fin dei conti ne è valsa la pena. Perché Power Rangers risulta essere un buon film, una base di partenza importante per un futuro franchise e per possibili sequel che, se mantengono le premesse di questo film e ne migliorano i piccoli difetti, possano far diventare la serie tv cult degli anni '90 un fenomeno cinematografico planetario. E se poi confrontiamo Power Rangers con I Fantastici 4 (uscito un anno e mezzo fa), con cui ha molti punti di contatto, beh, il confronto è assolutamente stravinto dal film diretto da Dean Israelite e uscito in Italia lo scorso 6 aprile.
Siamo ad Angel Grove dove cinque ragazzi del liceo locale, dopo essersi trovati a frequentare un corso punitivo a scuola, si ritrovano casualmente tutti e cinque nella cava della città. Billy, uno dei cinque, facendo esplodere un pezzo di cava, porta alla luce le cinque Monete del Potere. Ognuno di loro ne prende una e dai giorni successivi si accorgono che la loro forza è incredibilmente mutata. Tornati sul luogo dell'esplosione, trovano una navicella e un robot alieno li guida all'interno di essa fino ad un "muro parlante". Quest'ultimo, il cui nome è Zordon, spiega loro che sono diventati i nuovi Power Rangers e che dovranno allenarsi per difendere il pianeta da attacchi alieni. Ed il primo di loro si è appena risvegliato da un lungo sonno. Per i cinque ragazzi è l'inizio di una nuova faticosa e avvincente avventura.
Promosso. Se c'è una parola per identificare Power Rangers questa è proprio la parola "promosso". Perché a dispetto di ciò che si potrebbe pensare prima di vedere il film di Dean Israelite, questa prima vera trasposizione cinematografica della serie televisiva cult degli anni '90 risulta un buonissimo e convincente prodotto. Supera assolutamente le aspettative e, passatemi il termine, l'americanizzazione della storia la rende addirittura migliore. Power Rangers diventa a tutti gli effetti un film di supereroi. Con qualche punto di contatto con il franchise di Transformers, che dà un pizzico di sostanza in più alla trama. Molto bravo il regista Israelite, già al timone dell'ottimo (e sottovalutato) Project Almanac, da cui Power Rangers ne eredita il ritmo e le modalità con cui viene rappresentato il mondo adolescenziale e soprattutto le dinamiche tra i vari ragazzi. L'unica pecca, sia di sceneggiatura che di regia, la si trova nell'ultima parte, nella battaglia finale: forse qui si poteva "strafare" un po' di più e rendere più spettacolare (e più vicina all'immaginario giapponese della serie) lo scontro decisivo.
Una differenza sostanziale, infine, tra Power Rangers e il sopracitato I Fantastici 4 la fa il cast: perché l'idea e la scelta di affidare il ruolo dei cinque "supereroi" a dei ragazzi quasi sconosciuti o comunque alla prima vera esperienza da protagonisti in un blockbuster cinematografico ha pagato (a differenza del cast stellare ma deludente del film tratto dai fumetti della Marvel). Certo poi ci sono due pezzi da novanta come Bryan Cranston ed Elizabeth Banks, con quest'ultima strepitosa nel ruolo della villain, ma entrambi sono più di contorno e di raccordo.
Se potete, andate al cinema a vedere Power Rangers, non ne resterete delusi...ah, però non aspettatevi le tutine colorate: quelle erano molto anni '90, siamo nel 2017 e le armature, onestamente, sono molto più fighe.
SCENA CULT: l'arrivo nella grotta
DIALOGO CULT:
Zordon: "The answer to what is happening to you is here. You five are the Power Rangers."
Zack Taylor: "Did I just hear you say we're Power Rangers?"
VOTO FINALE: 7-
Siamo ad Angel Grove dove cinque ragazzi del liceo locale, dopo essersi trovati a frequentare un corso punitivo a scuola, si ritrovano casualmente tutti e cinque nella cava della città. Billy, uno dei cinque, facendo esplodere un pezzo di cava, porta alla luce le cinque Monete del Potere. Ognuno di loro ne prende una e dai giorni successivi si accorgono che la loro forza è incredibilmente mutata. Tornati sul luogo dell'esplosione, trovano una navicella e un robot alieno li guida all'interno di essa fino ad un "muro parlante". Quest'ultimo, il cui nome è Zordon, spiega loro che sono diventati i nuovi Power Rangers e che dovranno allenarsi per difendere il pianeta da attacchi alieni. Ed il primo di loro si è appena risvegliato da un lungo sonno. Per i cinque ragazzi è l'inizio di una nuova faticosa e avvincente avventura.
Promosso. Se c'è una parola per identificare Power Rangers questa è proprio la parola "promosso". Perché a dispetto di ciò che si potrebbe pensare prima di vedere il film di Dean Israelite, questa prima vera trasposizione cinematografica della serie televisiva cult degli anni '90 risulta un buonissimo e convincente prodotto. Supera assolutamente le aspettative e, passatemi il termine, l'americanizzazione della storia la rende addirittura migliore. Power Rangers diventa a tutti gli effetti un film di supereroi. Con qualche punto di contatto con il franchise di Transformers, che dà un pizzico di sostanza in più alla trama. Molto bravo il regista Israelite, già al timone dell'ottimo (e sottovalutato) Project Almanac, da cui Power Rangers ne eredita il ritmo e le modalità con cui viene rappresentato il mondo adolescenziale e soprattutto le dinamiche tra i vari ragazzi. L'unica pecca, sia di sceneggiatura che di regia, la si trova nell'ultima parte, nella battaglia finale: forse qui si poteva "strafare" un po' di più e rendere più spettacolare (e più vicina all'immaginario giapponese della serie) lo scontro decisivo.
Una differenza sostanziale, infine, tra Power Rangers e il sopracitato I Fantastici 4 la fa il cast: perché l'idea e la scelta di affidare il ruolo dei cinque "supereroi" a dei ragazzi quasi sconosciuti o comunque alla prima vera esperienza da protagonisti in un blockbuster cinematografico ha pagato (a differenza del cast stellare ma deludente del film tratto dai fumetti della Marvel). Certo poi ci sono due pezzi da novanta come Bryan Cranston ed Elizabeth Banks, con quest'ultima strepitosa nel ruolo della villain, ma entrambi sono più di contorno e di raccordo.
Se potete, andate al cinema a vedere Power Rangers, non ne resterete delusi...ah, però non aspettatevi le tutine colorate: quelle erano molto anni '90, siamo nel 2017 e le armature, onestamente, sono molto più fighe.
SCENA CULT: l'arrivo nella grotta
DIALOGO CULT:
Zordon: "The answer to what is happening to you is here. You five are the Power Rangers."
Zack Taylor: "Did I just hear you say we're Power Rangers?"
VOTO FINALE: 7-
venerdì 21 aprile 2017
Boston - Caccia all'uomo
Lo so e lo ammetto tranquillamente: sono di parte quando si tratta di dover giudicare un film diretto da Peter Berg. L'ho già detto, ma non mi stanco mai di ripeterlo, che ritengo Peter Berg il mio regista preferito di questa generazione. E Boston - Caccia all'uomo (titolo originale, molto più adatto al pubblico americano, Patriots Day) conferma ancora una volta la sua bravura e soprattutto la sua capacità sopraffina di riuscire a dirigere in modo ottimale film di questo genere. I suoi eroi americani sono descritti senza strafare e dando la giusta umanità ai personaggi. E l'equilibrio (e l'umanità) con cui Berg si approccia anche a fatti di cronaca, come questo di Boston - Caccia all'uomo, è un pregio evidentissimo e da sottolineare.
Perché il titolo originale è Patriots Day? Perché il Patriots' Day è una festività del Massachusetts, del Maine e del Wisconsin, che si celebra il terzo lunedì di aprile. E come ogni Patriots' Day che si rispetti, a Boston si corre la maratona. E proprio durante la maratona di Boston del 15 aprile 2013 esplodono due bombe vicino al traguardo, causando 3 morti ma tantissimi feriti.
Boston - Caccia all'uomo è esattamente il racconto di quella giornata e delle giornate seguenti, di come tutta la città di Boston, colpita al cuore, si sia unita nelle indagini per cercare di catturare i due terroristi che avevano piazzato le due bombe.
Io reputo Patriots Day un gran bel film, pensato, realizzato e girato in maniera ottimale, emozionante e avvincente, elettrico, dinamico ed energico. Questo è comunque merito dello stile di regia di Peter Berg, che predilige proprio il binomio e l'equilibrio tra spettacolarità e emozionalità.
Agevolato sicuramente da un cast stellare, che vede Mark Wahlberg (ormai un abitué dei film di Berg, dopo l'ultimo Deepwater - Inferno sull'oceano) punta di diamante (e protagonista) di un gruppo di attori formato, tra gli altri, da Kevin Bacon, Michelle Monaghan, John Goodman e J. K. Simmons. Ma comunque è sempre il regista newyorkese a saperli gestire, dosare e farli uscire in maniera ottimale.
Boston - Caccia all'uomo è un bellissimo ed emozionante ritratto della città di Boston, una dedica a tutti i cittadini che quel 15 aprile e nei giorni a seguire si sono stretti attorno alle proprie ferite e hanno reagito unendosi nelle ricerche di chi li aveva colpiti al cuore.
Per me è un film da vedere, ma se siete arrivati fino a qui penso l'abbiate capito.
SCENA CULT: gli istanti prima dell'attentato
FRASE CULT: "I gotta find these motherfuckers, Carol. We gotta get out there and we gotta find these motherfuckers before they do this to somebody else."
VOTO FINALE: 7
Perché il titolo originale è Patriots Day? Perché il Patriots' Day è una festività del Massachusetts, del Maine e del Wisconsin, che si celebra il terzo lunedì di aprile. E come ogni Patriots' Day che si rispetti, a Boston si corre la maratona. E proprio durante la maratona di Boston del 15 aprile 2013 esplodono due bombe vicino al traguardo, causando 3 morti ma tantissimi feriti.
Boston - Caccia all'uomo è esattamente il racconto di quella giornata e delle giornate seguenti, di come tutta la città di Boston, colpita al cuore, si sia unita nelle indagini per cercare di catturare i due terroristi che avevano piazzato le due bombe.
Io reputo Patriots Day un gran bel film, pensato, realizzato e girato in maniera ottimale, emozionante e avvincente, elettrico, dinamico ed energico. Questo è comunque merito dello stile di regia di Peter Berg, che predilige proprio il binomio e l'equilibrio tra spettacolarità e emozionalità.
Agevolato sicuramente da un cast stellare, che vede Mark Wahlberg (ormai un abitué dei film di Berg, dopo l'ultimo Deepwater - Inferno sull'oceano) punta di diamante (e protagonista) di un gruppo di attori formato, tra gli altri, da Kevin Bacon, Michelle Monaghan, John Goodman e J. K. Simmons. Ma comunque è sempre il regista newyorkese a saperli gestire, dosare e farli uscire in maniera ottimale.
Boston - Caccia all'uomo è un bellissimo ed emozionante ritratto della città di Boston, una dedica a tutti i cittadini che quel 15 aprile e nei giorni a seguire si sono stretti attorno alle proprie ferite e hanno reagito unendosi nelle ricerche di chi li aveva colpiti al cuore.
Per me è un film da vedere, ma se siete arrivati fino a qui penso l'abbiate capito.
SCENA CULT: gli istanti prima dell'attentato
FRASE CULT: "I gotta find these motherfuckers, Carol. We gotta get out there and we gotta find these motherfuckers before they do this to somebody else."
VOTO FINALE: 7
martedì 18 aprile 2017
Life - Non oltrepassare il limite
Un bel thriller. Oserei dire d'altri tempi, anche se le ultime scoperte scientifiche fanno pensare che il film diretto da Daniel Espinosa non si discosti molto dalla realtà. D'altri tempi perché Life - Non oltrepassare il limite ha delle atmosfere molto simili al primo Alien, nonché musiche e scenografie che strizzano gli occhi a molti film degli anni novanta. Tanto che, se non fosse per un paio di scene in "esterna", cioè al di fuori della navicella, non c'è un uso spropositato degli effetti speciali.
Navicella ho scritto, in realtà si tratta della stazione spaziale internazionale, dove un gruppo di scienziati-astronauti entra in possesso di un campione organico proveniente da Marte. Piano piano questa microscopica cellula inizia a crescere e si dimostra tutto fuorché innocua. Per i 6 astronauti si preannuncia una sanguinosa battaglia contro quest'essere "marziano".
Gran bel lavoro quello di Daniel Espinosa: Life è un film che prende, intrattiene alla grande, tiene incollati allo schermo. Come dico sempre, se un film rispetta queste caratteristiche allora ha compiuto a pieno il suo dovere. E poi una delle cose migliori di Life è anche la suspense creata dalle musiche curate da Jon Ekstrand, sempre centrate e psicologicamente inquietanti.
Il cast, ovviamente, fa a pieno il suo dovere, soprattutto come gruppo: mettere insieme star del calibro di Jake Gyllenhaal, Rebecca Ferguson, Ryan Reynolds e Hiroyuki Sanada e riuscire a dirigerli nella maniera migliore e creando un equilibrio quasi perfetto tra loro significa avere un grande polso (nel caso di Espinosa) e soprattutto attori poco "protagonisti" e più concentrati nella buona riuscita del prodotto.
Life lascia un velo di inquietudine e del sano turbamento. Non rimarrà nella storia come un capolavoro assoluto, ma non è da disdegnare.
FRASE CULT: "Don't open."
VOTO FINALE: 7
domenica 9 aprile 2017
Ghost in the Shell
Il manga di partenza, quello da cui è tratto il film Ghost in the Shell, è interessante, molto interessante. Probabilmente troppo interessante per riuscire in toto come film. Perché, onestamente, il film diretto da Rupert Sanders e uscito nei cinema lo scorso 30 marzo, non convince quasi mai. A partire dall'immaginario cyberpunk messo in scena, poco innovativo e a tratti poco accattivante. Chiariamoci, l'aria dark-punk è palpabile, come comunque doveva essere, ma le scenografie e gli effetti speciali non sono stati all'altezza per ricreare il mondo disegnato da Masamune Shirow. In più ho trovato Scarlett Johansson poco convincente nei panni del Maggiore Mira Killian, senza entrare nel merito delle critiche preventive senza senso sulla scelta di aver fatto interpretare la protagonista ad un'attrice non orientale. La Johansson è sembrata ben lontana dal 100% delle sue possibilità, perché se si fosse avvicinata al 100% i panni del Maggiore Mira Killian sarebbero risultati perfetti per lei. E quindi Ghost in the Shell rimane così, un po' nel limbo, e siccome di questi film senza infamia e senza lode ne ho abbastanza, è giusto dargli un voto negativo.
Ghost in the Shell, come anticipato, è ambientato in un futuro cyberpunk, dove il Maggiore Mira Killian è un cyborg unico del suo genere, un'arma pericolosissima: il suo corpo è completamente ricostruito, ma il suo cervello, la sua anima, il suo "ghost", è quello originale di una ragazza salvata da un terribile incidente. Il Maggiore è a capo della sezione di Sicurezza Pubblica numero 9, un'organizzazione antiterrorismo cibernetico gestita dalla Hanka Robotics. La squadra si trova ad affrontare un pericoloso criminale cybernetico che sembra aver preso di mira proprio la Hanka Robotics.
Ghost in the Shell è il secondo film da regista di Rupert Sanders, dopo il non fenomenale Biancaneve e il cacciatore, e qui il regista inglese resta molto scolastico, affidandosi e fidandosi (male) un po' troppo alle scenografie, agli effetti speciali e alle ambientazioni tratte dal mondo del manga firmato Shirow. Proprio in un film in cui si da molta importanza all'animo umano, viene a mancare una caratteristica fondamentale: Ghost in the Shell non ha una sua anima, è meccanico, a tratti scontato e poco innovativo. Io non lo consiglio, poi fate voi.
FRASE CULT: "Never send a rabbit to kill a fox."
VOTO FINALE: 5
domenica 2 aprile 2017
Kong: Skull Island
Apocalypse Now incontra King Kong. Scordatevi il maestoso King Kong del 2005 firmato Peter Jackson, Kong: Skull Island è tutta un'altra cosa, è tutta un'altra storia. Due modi completamente diversi, ma entrambi efficaci, quelli di Peter Jackson e Jordan Vogt-Roberts di rappresentare scenicamente il mondo di King Kong, con quest'ultimo alla prima direzione di un blockbuster hollywoodiano. Diciamo che se l'è cavata, nonostante una sceneggiatura a tratti confusionaria (troppa carne sul fuoco), anche grazie all'aiuto dell'ottima CGI, della fotografia eccellente di Larry Fong (non uno qualsiasi), delle musiche completamente azzeccate dell'inglese Henry Jackman e delle scenografie curate da Stefan Dechant. Un insieme esplosivo che riesce a sopperire ad alcune pecche della trama. Ma va bene così, Kong: Skull Island aveva tutti i presupposti per essere un flop. In realtà non lo è stato, non lo è, non lo sarà.
Perché ho parlato di Apocalypse Now? Perché la storia è ambientata nel 1973 (dopo un breve incipit ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale), quando un agente governativo, Bill Randa, guida una spedizione segreta su un'isola inesplorata del Pacifico: spedizione che comprende, oltre ad un team di esperti geologi, anche un ex capitano britannico, James Conrad, una fotoreporter pacifista, Mason Weaver, e gli Sky Devils, gruppo di elicotteristi guidati dal tenente Packard, impegnati fino a pochi giorni prima a combattere la guerra in Vietnam. Appena arrivati sull'isola, gli uomini di Packard iniziano a lanciare degli esplosivi che dovrebbero servire ad esaminare il sottosuolo: quello che fanno, in realtà, è risvegliare alcuni mostri che popolano l'isola, ma soprattutto scatenare l'ira di Kong.
Napalm come se piovesse. In realtà la cosa più bella che resta in testa di Kong: Skull Island è ovviamente la scena dell'arrivo della spedizione sull'isola: tributo degno e spettacolare al film di Francis Ford Coppola che ha segnato la storia del cinema. Ma c'è anche dell'altro: c'è un buon ritmo, un buon amalgama tra i vari attori protagonisti del film, una resa scenica accattivanante dell'Isola del Teschio. Magari Kong: Skull Island non raggiunge completamente il film di Peter Jackson, ma in realtà non è un remake del King Kong originale, è una storia completamente diversa. E onestamente è un buonissimo film; e la possibilità di una futura pellicola che vedrà protagonisti King Kong e Godzilla penso sia qualcosa di estremamente eccitante.
SCENA CULT: l'arrivo a Skull Island
FRASE CULT: "An uncharted island. Let me list all the ways you're gonna die: rain, heat, disease-carrying flies...and we haven't started on the things that want to eat you alive."
VOTO FINALE: 7
sabato 1 aprile 2017
Logan - The Wolverine
This is the end. Non penso di spoilerare niente dicendo che Logan - The Wolverine è l'ultimo film di Hugh Jackman nei panni di Wolverine, 17 anni dopo l'inizio della saga degli X-Men. Stesso dicasi per Patrick Stewart, alla sua ultima interpretazione di Charles Xavier. Perché ovviamente la saga degli X-Men andrà avanti ma, come linea temporale, verranno raccontati avvenimenti precedenti a quelli raccontati dal film Logan - The Wolverine: probabilmente il prossimo film sarà ambientato negli anni '90, con Logan che ancora deve arrivare alla X-Mansion e Charles Xavier interpretato da James McAvoy.
Ma andiamo con ordine e, per non confonderci con tutte queste linee temporali differenti, parliamo esclusivamente di Wolverine: siamo nel 2029 e Logan, ormai indebolito e invecchiato causa avvelenamento da adamantio, vive ad El Paso, al confine tra Messico e Texas. Tassista di Uber di notte, cerca di tenere sotto controllo il Dottor Xavier, ormai 90enne e non più in pieno controllo dei suoi poteri psichici. Sono 25 anni che non nasce più un mutante e chi è sopravvissuto vive da emarginato. Un giorno una donna messicana lo cerca per presentargli una bambina misteriosa di nome Laura: e da quel momento iniziano i problemi.
Logan - The Wolverine non è un film sui supereroi: è un film sugli esseri umani, anzi su un essere umano, Logan appunto. La scelta di non usare nessun richiamo agli X-Men o a Wolverine stesso a partire dal titolo (sì, il titolo originale è solo Logan, in Italia abbiamo aggiunto The Wolverine) rende subito chiaro il concetto: è un film cupo, violento, lontano dalle atmosfere dei film sui supereroi. Scelta, onestamente, apprezzabile e perfetta per la conclusione della saga di Wolverine. Grande lavoro quello del regista James Mangold che aveva già diretto, bene, Wolverine - L'immortale; grande risposta del cast, soprattutto del duo Jackman-Stewart, i quali chiudono alla grande una saga che li ha visti sempre grandi protagonisti.
Penso che un finale migliore di questo non ci potesse essere. Basta questo per descrivere Logan - The Wolverine.
SCENA CULT: la fermata alla stazione di servizio
FRASE CULT: "Two days on the road, only one meal and hardly any sleep. She's 11, I'm fucking 90!"
VOTO FINALE: 7,5
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